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La situazione generale del nostro Paese continua ad essere sempre più difficile e complessa, ma la nostra volontà di resistere e di costruire una società più giusta e democratica non si è spenta.
Sabato 23 Marzo ci riuniremo per il rinnovo delle tessere sociali per il 2013. L’incontro, oltre a rappresentare un momento di verifica di quanto realizzato nel corso del 2012 e programmare le principali attività per l’anno in corso, ci consentirà di confrontarci su argomenti di attualità e su proposte innovative e operative.
La convocazione è rivolta a tutti, anche a semplici simpatizzanti e possibili nuovi soci. Vi invito pertanto a divulgarla
APPUNTAMENTO A ROMA
SALA POLIFUNZIONALE
PIAZZA SAN PANCRAZIO N° 7
In un clima di amicizia e partecipazione l’Associazione Garibaldini per l’Italia ha avuto il piacere di conferire alla Dott.ssa Mara Minasi, Direttrice del Museo della Repubblica Romana e della memoria garibaldina, e alla giornalista e scrittrice Dott.ssa Cinzia Dal Maso, la tessera di Socio Onorario.
Sono stati accolti con fraternità i nuovi soci: Mori Silvia, Rai Roberto, Casazza Antonio, Malavenda Loredana, Venditti Annalisa, Declich Angela
Riprese fotografiche del socio garibaldino Giovanni Blumthaler
Spettacolo patrocinato dalla nostra Associazione e dall’Associazione “Ultimi” di Don Aniello Manganiello
Una finestra sull’attualità delle mafie che ancora oggi condizionano pesantemente la crescita e il progresso del nostro Paese; uno spunto di riflessione sulla formazione del Popolo italiano, ancora lontana dagli standard europei, che ha avuto nel Risorgimento e nella Resistenza i suoi più alti momenti di speranza e cambiamento, purtroppo disattesi dalle politiche monarchiche, fasciste, della prima e seconda Repubblica Italiana.
SPETTACOLO DI DOMENICA – INIZIO ORE 19,00
ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEL LIBERO PENSIERO “GIORDANO BRUNO”
aderente all’Union Mondiale des Libres Penseurs
e all’International Humanist and Ethical Union
www.periodicoliberopensiero.it
Nel nome di Giordano Bruno
Il diritto alla dignità
17 febbraio 2013 – ore 17.00
Roma – Piazza Campo dei Fiori
Cerimonia deposizione
corone e saluti istituzionali
Partecipa la Banda Musicale del Corpo di Polizia Municipale del Comune di Roma
C o n v e g n o
Maria Mantello
Introduzione
Jean-Marc Schiappa,
Saluto della Fédération Nationale de la Libre Pensée
Franco Ferrarotti,
Giordano Bruno, la violata dignità del torturato
Nuccio Ordine,
Dignitas hominis e libertà
Alvaro Belardinelli,
A scuola di emancipazione
Paolo Cimarelli,
La nostra statua della libertà
Partecipazione artistica del Centro Studi Enrico Maria Salerno
Presenta Antonella Cristofaro
Alla vigilia delle elezioni nazionali programmate per il 24 febbraio 2013, assume particolare importanza la celebrazione della Proclamazione della Repubblica Romana del 1849. Riteniamo infatti utile analizzare le trasformazioni politiche in atto, in rapporto alle vicende che precedettero la formazione di quella incredibile stagione civile. Invitiamo pertanto i lettori di questo sito ad approfondire la storia e gli avvenimenti che portarono a concepire una della Costituzioni più evolute della storia.
Le elezioni dei membri dell’Assemblea Costituente della nascente Repubblica Romana si svolse tra il 21 e 22 gennaio del 1849 e vi parteciparono ben 250.000 persone ( nella sola Roma 25.000 ). Fu un grande successo, tenuto conto della scomunica papale e dell’esiguo numero di abitanti dello Stato della Chiesa (a Roma circa 170.000 anime). Viva era nei repubblicani l’attenzione alla scelta di coloro che avrebbero dovuto rappresentare il Popolo in Parlamento. La stessa preoccupata attenzione di formare il Popolo e la sua classe dirigente la troviamo negli scritti di Mazzini, Mameli e Garibaldi, come risulta dai brani che qui riportiamo :
Giuseppe Mazzini - Goffredo Mameli - Giuseppe Garibaldi
AGLI
ELETTORI
“ DATE IL SUFFRAGIO A UN POPOLO CHE NON VI E’ PREPARATO, GOVERNATO DA CIECHE PASSIONI REAZIONARIE, ED ESSO LO METTERA’ IN VENDITA O NE FARA’ UN CATTIVO USO; VERRA’ INTRODOTTA L’INSTABILITA’ IN OGNI PARTE DELLO STATO; DIVENTERANNO IMPOSSIBILI QUELLE GRANDI CONCORDANZE DI OPINIONI, QUEI PROGETTI PER IL FUTURO, CHE RENDONO LA VITA DI UNA NAZIONE FORTE E PROGRESSIVA. SI POSSONO SVILUPPARE QUANTO SI VOGLIA GLI INTERESSI MATERIALI: SE UN RINNOVAMENTO MORALE NON LI GOVERNA,PROBABILMENTE SI ACCRESCERANNO LE GIA’ TROPPO GRANDI RICCHEZZE DEI POCHI, MA LA MASSA DI COLORO CHE PRODUCONO NON VEDRA’ MIGLIORARE LE PROPRIE CONDIZIONI; O ADDIRITTURA AUMENTERA’ L’EGOISMO”.
Giuseppe Mazzini ( People’s journal n°35 del 28 agosto 1846 )
” NOI VOGLIAMO UOMINI CHE SENTANO QUELLO CHE DICONO: RIFIUTIAMO QUELL’ABITUDINE D’IPOCRISIA CHE, DA UNA NAZIONE RICAVATA OR ORA ALLA VITA, PROPONE PER PRINCIPIO DI RIGENERAZIONE, PER PRIMO DOGMA POLITICO, LA MENZOGNA SISTEMATICA. NOI VOGLIAMO LA VERITÀ, CREDIAMO CHE IN LEI SOLA STIA LA FORZA. NOI FACCIAMO POCO CONTO DELLE PAROLE, MOLTISSIMO DELLA VITA DI UN INDIVIDUO. SCRUTEREMO NEI NOSTRI CANDIDATI I FATTI PASSATI; ELIMINEREMO GLI UOMINI CHE , O PER TRISTIZIA O PER INETTEZZA HANNO MANCATO ALL’ONORE E AGLI INTERESSI DEL PAESE; NON APPOGGEREMO CHE I NOMI DI COLORO IL CUI PASSATO CI SIA PEGNO PERL’AVVENIRE.”
Goffredo Mameli ( 4 Gennaio 1849 )
“ LA NAZIONE DEVE AD OGNI CITTADINO LA TRASMISSIONE DEL SUO PROGRAMMA. OGNI CITTADINO DEVE RICEVERE NELLE SUE SCUOLE L’INSEGNAMENTO MORALE: UN CORSO DI NAZIONALITA’ COMPRENDENTE UN QUADRO SOMMARIO DEI PROGRESSI DELL’UMANITA’, LA STORIA PATRIA E L’ESPOSIZIONE POPOLARE DEI PRINCIPI CHE REGGONO LA LEGISLAZIONE DEL PAESE E L’ISTRUZIONE ELEMENTARE INTORNO ALLA QUALE NON V’E’ DISSENSO. OGNI CITTADINO DEVE IMPARARE IN ESSO L’EGUAGLIANZA E L’AMORE”. Giuseppe Mazzini ( Dei Doveri dell’uomo – 1860 )
” BISOGNA SPAZZARE QUESTA MASSA D’INTRUSI CHE, COME LE FORMICHE NEGLI ALVEARI, NE DEPORTANO CERA E MIELE, E NON VI LASCIANO CHE PUTRIDUME E MACERIE. VORREI DIRVI CHI SONO, CHI FURONO E DONDE VENGONO: MA TROPPO DOVREI INTINGERE LA PENNA NELLE SOZZURE, E MI RIPUGNA. BASTA VI DICA: RICORRETE AL LORO PASSATO, E SE NON SIETE PIU’ CHE CIECHI, PIU’ CHE IMBECILLI, PIU’ CHE ODARDI, NON RICONFERMATELI NEL LORO SEGGIO. CHE SPERATE DA ESSI ? IL PAREGGIO, LA DIFESA DELLO STATO, LA LIBERTA’ ? ILLUSI CHE SIETE ! SI, RICONFERMANDOLI, PREPARATEVI A NUOVE SCIAGURE”.
Giuseppe Garibaldi ( Caprera 29 settembre 1874 )
Comunicato stampa 9 febbraio 2013
LA CERIMONIA DEL 9 FEBBRAIO
Un ringraziamento particolare alla Dott.ssa Enrica Quaranta, attrice e sceneggiatrice, che ha condotto con professionalità e passione gli interventi dei rappresentanti delle Associazioni: Società di Mutuo Soccorso “Giuseppe Garibaldi”, Associazione Nazionale Garibaldina, Associazione “Garibaldini per l’Italia”, l’Istituto di Studi Internazionali “Giuseppe Garibaldi”
L’intervento completo di Paolo Macoratti
Nel pieghevole che vi abbiamo consegnato, abbiamo voluto condensare il percorso di quella meravigliosa e tragica stagione : sul frontespizio l’appello agli elettori di Goffredo Mameli; all’interno i Princìpi fondamentali delle due Costituzioni, quella della R.R. e l’ attuale, in ultima pagina gli atti legislativi e la difesa della Repubblica.
Insieme all’Associazione Gruppo Laico di Ricerca, da quattro anni, celebriamo appunto la difesa con una fiaccolata-processione laica, in cui nominiamo, per non dimenticare, i nomi di 50 caduti per la Repubblica Romana; alcuni noti, altri sconosciuti.
La Memoria è importante, ma non avrebbe senso se non fosse attualizzata ! La camicia rossa, il logo della nostra associazione e il fazzoletto rappresentano , simbolicamente, l’ESSERE VOLONTARI, come lo erano i Garibaldini; e questo si concretizza, per noi, nell’impegno costante di ciascuno nella società civile perchè sia rispettata la Costituzione: nella difesa dei più deboli, nella lotta alle mafie – di qualunque natura esse siano – nella salvaguardia del territorio e dei beni comuni.
Repubblica Romana: Democrazia Pura ! Cinque mesi di progresso morale e civile voluto da uomini e donne di grandissimo spessore culturale e umano; dietro di loro le idee e gli scritti di Giuseppe Mazzini e l’azione di Giuseppe Garibaldi, che incarnava quelle idee; e poi, IL POPOLO.
Ed è proprio dal Popolo che è arrivata una delle spinte più forti per la realizzazione della Costituente attraverso le grandi adunanze popolari del 12 e del 15 gennaio ai teatri Metastasio e Tor di Nona in cui si è proposta per la prima volta la costituente italiana sulla base di quella romana, con il Comitato dei circoli d’Italia. Pertanto possiamo affermare con sufficiente certezza che a Roma è nata l’Italia repubblicana che conosciamo. Sono dunque qui le nostre vere radici storiche e culturali. Senza la Repubblica Romana non ci sarebbe stato, forse, quello slancio di volontarismo postumo che portò Garibaldi alle sue più importanti imprese italiane, sia con il comando dei cacciatori delle Alpi, sia con l’impresa dei Mille.
In quest’ottica si riesce a capire la disperata ed eroica resistenza in difesa di Roma dei volontari italiani del 1849, malgrado lo strapotere numerico, logistico e tattico dell’esercito francese. E qui voglio citare le parole che Garibaldi indirizzò ai ragazzi “Cacciatori delle Alpi” che il 19 maggio 1859, in Andorno, lo accompagnavano e seguivano gridando: “Viva l’Italia, Viva Garibaldi: ““Non ho mai veduto militi combattere con tanta franchezza e audacia come una coorte di ragazzi che avevo a roma; figuratevi, si scagliavano contro i francesi fino a un trarre di sasso, e molti di loro infatti non possedevano altre armi che sassi”.
Nell’altro stampato abbiamo voluto evidenziare la preoccupazione di Mameli e Garibaldi, anche se in tempi diversi, per il peso delle qualità morali e civili dei candidati che si sarebbero dovuti presentare alle elezioni; leggendo questi brani si resta colpiti dalla loro straordinaria attualità; ma anche la preoccupazione di Giuseppe Mazzini per il programma di formazione del popolo italiano; programma che Egli stesso condensò nel 1860 scrivendo “I Doveri dell’uomo”; testo che ogni insegnante, ogni uomo politico, ogni cittadino dovrebbe consultare quotidianamente.
Ci sono voluti cento anni per arrivare ad un ordinamento repubblicano; dunque, in quella Costituzione sono le radici dell’attuale Costituzione italiana, nata dalle ceneri del fascismo e della monarchia sabauda e ricollegata, con la resistenza partigiana, alla Repubblica Romana del 1849.
In questo momento di crisi della finanza mondiale, della politica e dell’economia nazionale; in questa Italia ove da anni la Costituzione è minacciata dalla corruzione e dagli interessi di parte, assume maggior rilievo la straordinaria avventura della R.R., dei suoi valori e delle sue finalità.
Possiamo imparare molto dallo studio e approfondimento di quella stagione; e forse una delle lezioni più importanti che dovremmo ereditare è la responsabilità personale, sostituendo la cultura del “fatalismo” con la cultura della “partecipazione”. Noi tutti, cittadini d’Italia, dobbiamo essere consapevoli che la nostra azione quotidiana debba servire, con l’esempio, ad educare ed elevare i giovani e il popolo alla civiltà e al progresso.
VIVA LA REPUBBLICA ROMANA – VIVA L’ITALIA
IMMAGINI FOTOGRAFICHE
Parlare della nostra Costituzione, come ha fatto Roberto Benigni dal pulpito di Rai Uno, è senz’altro encomiabile, visto che pochi nel Paese si cimentano nell’assolvere questo doveroso compito. Malgrado la consueta carica dell’artista che a nostro parere non è stato all’altezza dei suoi precedenti monologhi in tema civile, dobbiamo constatare l’assenza “ingiustificata” dai suoi commenti di un chiaro riferimento alla Costituzione della Repubblica Romana del 1849 cui, come è noto, si ispirarono i nostri Padri Costituenti.
Soltanto citare questo straordinario legame tra le due costituzioni avrebbe senza dubbio informato la stragrande maggioranza dei telespettatori, sicuramente ignara di questo importante riferimento, delle vere radici storiche che legano il Risorgimento alla Resistenza; denominata quest’ultima, non casualmente, “secondo Risorgimento”.
Un’occasione mancata.. . Restiamo comunque sempre affascinati dalla capacità linguistica e d’intrattenimento dell’artista Benigni, da sempre impegnato nella diffusione delle nostre migliori eredità storiche e culturali.
Il 23 ottobre 1867, 76 coraggiosi Garibaldini comandati da Enrico Cairoli, giunti fino alle porte di Roma nel tentativo di suscitare un’insurrezione armata nello Stato della Chiesa (nell’ambito della campagna Nazionale dell’Agro Romano del 1867 che si concluse con la sconfitta di Mentana), resistettero eroicamente alle truppe pontificie accorse in gran numero per contrastare la loro iniziativa.
Agli atti eroici dei volontari che, consapevoli della notevole inferiorità numerica e dell’armamento tecnicamente inferiore, cercarono di intimorire il nemico con un disperato assalto, si contrappose la spietata ferocia dei Pontifici, in un clima di forte tensione emotiva dovuta all’attentato del giorno precedente alla caserma Serristori in Trastevere.
L’Associazione Garibaldini per l’Italia onorerà i caduti insieme all’A.N.G. Associazione Nazionale Garibaldina e all’Istituto Internazionale di Studi Giuseppe Garibaldi
Sarà presente la Banda Municipale del Comune di Roma e il Picchetto armato dei Lancieri di Montebello
L’appuntamento per i partecipanti è alle ore 10,00 di venerdì 26 ottobre 2012 all’ingresso del parco di Villa Glori (P.le del Parco della Rimembranza-angolo Viale Pilsudski) Per i membri dell’Associazione : camicia rossa garibaldina, fazzoletto e cappello
La memoria storica, componente fondamentale per la formazione civile e sociale di ogni individuo, e presupposto determinante per la costruzione del suo stesso futuro, acquista maggior valore nel momento in cui la carenza culturale di un popolo determina il declassamento della sua migliore identità.
L’Italia di questo inizio di secolo sembra aver perso, in appena un ventennio, la bussola della sua storia: valori liberanti, nati nel Risorgimento e poi rilanciati nella Resistenza, avevano creato nella generazione post-bellica la speranza di far germogliare quei semi di rinnovamento che il sangue e la sofferenza di una grande moltitudine di persone aveva fecondato. In realtà il risveglio di una coscienza civile di stampo europeo, sostenuta da Giuseppe Mazzini e attualizzata dai Padri Costituenti della neo-nata Repubblica Italiana, doveva presto naufragare nel mare magnum della cattiva politica e della corruzione. “Fare” gli Italiani, una volta “fatta” l’Italia è stata, è e sarà sempre impresa molto ardua: l’italiano medio, di cui Pier Paolo Pasolini prevedeva profeticamente, fin dai primi anni sessanta del secolo scorso, la morte civile e morale, non possiede memoria storica! Il recente abbassamento del suo livello di guardia – sotto il quale si anniderebbe il rischio dell’irreversibilità – è un campanello d’allarme che ogni cittadino libero è chiamato a far tacere operando nella società civile, soprattutto in favore delle giovani generazioni, per cercare d’invertire questa tendenza.
In tale prospettiva pedagogica vanno letti i racconti di Mario Pacifici sulle leggi razziali del 1938, raccolti in un piccolo ma ben strutturato libro, edito dalla casa editrice “Opposto”.
Raccontare le tragiche ripercussioni che una legge dello Stato italiano provocò sul vivere quotidiano di migliaia di cittadini Ebrei ha permesso all’autore di entrare in quella zona d’ombra della coscienza che ogni essere umano ha il dovere d’interrogare, ed è stato abile nel far uscire dai suoi personaggi, al di là dell’appartenenza o meno a un credo religioso, fragilità, ipocrisia, corruzione. In questa prospettiva il lettore dovrebbe fermarsi al termine di ogni racconto, chiudere il libro e porsi una domanda: se in quel lontano ottobre di 74 anni fa ci fossimo trovati, improvvisamente, a fare i conti con una legge discriminatoria e crudele come quella antisemita, quale sarebbe stato il nostro comportamento verso coloro che furono colpiti così duramente e direttamente dal provvedimento ? Quali reazioni e quali sentimenti sarebbero nati nel fondo della nostra coscienza? Come avrebbero reagito i nostri compagni di scuola o di lavoro se fossimo stati noi le vittime di tanta scelleratezza?
Oggi la maggioranza degli Italiani ignora o sottovaluta i prodromi delle vicende storiche che hanno portato il regime fascista a emanare, quasi con disinvoltura, le leggi razziali; questa deficienza non sorprende se prendiamo atto del vuoto culturale, subìto o voluto, legato a fatti e misfatti compiuti nei secoli precedenti nei confronti della minoranza di cittadini di religione ebraica. I racconti di Mario Pacifici ci aiutano a cercare nel passato il senso logico di una storia di persecuzioni e violenze dell’uomo sull’uomo, mai completamente abiurate, e comprendere come l’assenza di una giustizia riparatrice per un delitto contro l’umanità abbia prodotto nell’immaginario collettivo l’equivalenza: leggi razziali = cosa da niente. Possiamo solo immaginare quali positive ricadute avrebbe generato, ad esempio nel mondo cattolico, un mea culpa pubblico della Chiesa in cui si fossero condannati apertamente gli “orrori” commessi in diciassette secoli di Regno, evitando di chiamarli “errori di persone che hanno sbagliato”; se pubblico è stato lo scandalo, pubblica sia la riparazione, ci ricorda Pacifici nel racconto Antica osteria Landini, citando la frase pronunciata da Fra Cristoforo ne I promessi Sposi di Alessandro Manzoni.
Complessivamente il libro è la fotografia di un popolo ancora non educato alla libertà e al bene comune, al rispetto delle minoranze e delle diversità. Già nell’introduzione Pacifici ci ricorda il trauma subìto dagli Ebrei italiani quando l’emarginazione razziale divenne Legge: “L’emancipazione che avevano conquistato nel corso del Risorgimento (durante la Repubblica Romana del 1849 si liberò il Ghetto dalle catene dell’infamia e molti Ebrei si arruolarono nella Guardia Civica e contribuirono anche sul piano logistico alla difesa della città, assediata dal corpo di spedizione francese) fu cancellata d’un colpo e per loro si riaprirono idealmente i cancelli di quei ghetti, in cui avevano conosciuto secoli di angustie e umiliazioni”; e come intorno a loro si creò quell’odiosa indifferenza della gente che l’autore riassume in quattro parole: “Ci fu solo silenzio”. Entrando in quelle storie, semplici e scorrevoli, arricchite da un’eccellente forma letteraria e narrate con la sensibilità di un attento osservatore delle dinamiche comportamentali, ci si accorge che l’immoralità, il cinismo, l’egoismo, l’opportunismo e perfino il razzismo sono delle costanti invariate nella stragrande maggioranza degli Italiani, segno di una staticità culturale di cui anche le gerarchie ecclesiastiche d’oltre Tevere sono responsabili. Responsabilità che l’Autore denuncia nel racconto Don Gaetano ove il problema del silenzio della Chiesa cattolica sulle leggi razziali e sulle ricadute del matrimonio misto conferma la prevalenza della sua politica opportunistica a danno della giustizia.
Fortunatamente, allora come oggi, ci sono le eccezioni che confermano la regola e Pacifici vuole metterle in evidenza nel racconto Il Primario, in cui il giovane assistente che viene promosso per effetto delle leggi razziali che hanno costretto il luminare-primario-ebreo a lasciare l’incarico, non festeggia la sua promozione ma difende la sua dignità criticando il regime che l’ha prodotta, e ammonendo: “..Stiamo correndo verso un baratro e nessuno se ne mostra allarmato”. Concetto straordinariamente attuale che in Almeno Lui, penultimo racconto della raccolta, preannuncia la tragedia che sta per compiersi nei campi di sterminio: “Il dramma è che ci stiamo abituando a tutto. Ci hanno a tal punto spogliati della nostra dignità che ormai nulla sembra più farci effetto. Non siamo più nemmeno capaci d’indignarci. Ci abbandoniamo a una torbida rassegnazione e ci lasciamo irretire da un’angoscia senza prospettive”.
L’interrogativo rivolto alle nostre coscienze, ora che conosciamo la gravità delle conseguenze causate dal “Legno Storto dell’Umanità”, per usare l’espressione forte del titolo di un famoso libro di Isaiah Berlin, non riguarda più il passato ma ci coinvolge nel presente: che fare? La risposta la troviamo nel dialogo tra un gruppo di studenti e l’umile e saggio venditore di lupini che Mario Pacifici colloca giustamente all’interno dell’ultimo racconto, Le fusaje, quando ci invita a ristabilire la nostra Libertà primordiale attraverso una Rivoluzione; si, rivoluzione della nostra coscienza: “Se volete cambiare il mondo non potete farlo in silenzio. Dovete parlare. Dovete gridare. E non tanto per chi vi ascolta, quanto per voi. Per prendere coscienza della vostra ribellione”.
E’ questa frase finale che conclude il filo rosso che lega i dodici (numero, credo, non casuale) racconti di questo piccolo capolavoro, la chiave di lettura del messaggio pedagogico che Mario Pacifici vuole rivolgere a tutti e, in particolare, ai giovani.
Iniziare un percorso di cambiamento, se già non lo abbiamo fatto, è forse la nostra ultima speranza.
Paolo Macoratti
La presentazione del volume “Una cosa da niente” è avvenuta a Roma il 18 ottobre 2012 presso il Centro Socioculturale della Garbatella in presenza dell’autore, arricchita dalle testimonianze di coloro che vissero sulla propria pelle le Leggi razziali del 1938.
Il mese scorso abbiamo chiesto ad alcune persone se conoscessero la storia dell’episodio in cui venne ferito, in Aspromonte, Giuseppe Garibaldi; alcuni ammettevano di ricordare la nota canzoncina “Garibaldi fu ferito, fu ferito ad una gamba…”, ma non sapevano darci altre spiegazioni. Altri erano certi di aver studiato a scuola che lo scontro a fuoco di quel 29 Agosto 1862 fosse avvenuto addirittura durante la spedizione dei Mille (1860), tra i Garibaldini guidati dall’Eroe dei due mondi e le truppe Borboniche!
Oggi, grazie a wikipedia, per fortuna o per disgrazia, possiamo accertarci come andarono veramente le cose (http://it.wikipedia.org/wiki/Giornata_dell%27Aspromonte) La mancanza di una corretta informazione, non sempre casuale o addebitabile a superficialità, ha prodotto nelle giovani generazioni la caduta della formazione critica che proprio gli avvenimenti più controversi della storia avevano fornito attraverso la semplice lettura degli eventi.
La massa degli studenti, purtroppo, non riesce più a distinguere il vero dal falso; a comprendere, con ragionevole approssimazione, le differenze politiche e ideali dei personaggi che caratterizzarono il periodo storico del Risorgimento, dalle cui vicende sono nate la nostra Repubblica e la nostra Costituzione. Così diviene automatico mettere sullo stesso piano le politiche e gli ideali di Vittorio Emanuele II, Cavour, Mazzini e Garibaldi, senza curarsi troppo delle loro profonde differenze. Si dice che, in fondo, questi quattro personaggi avessero in comune la volontà di arrivare all’unità d’Italia; è vero, ma i distinguo sono necessari quando il fine è diverso: da un lato l’espansione del Regno di Sardegna nei territori italiani, dall’altro l’unione dei popoli in una stessa identità nazionale che realizzasse un sistema socio-politico egualitario. Questo equivoco e le sue ricadute politiche, sociali ed economiche, che si sono materializzate principalmente nello squilibrio tra il nord e il sud d’Italia, hanno creato un danno enorme che si perpetua di generazione in generazione.
Provate a chiedere allo studente medio italiano se conosce i motivi che portarono i Bersaglieri comandati dal Generale Pallavicini a sparare contro i Garibaldini e, soprattutto, contro Garibaldi, per….ucciderlo? Si, ucciderlo! Provate a chiedere allo studente universitario medio se conosce le umiliazioni, il carcere, la fucilazione di tanti patrioti seguaci di Garibaldi che furono passati per le armi dal Regio Esercito soltanto perché avevano creduto nella libertà e nell’indipendenza dell’Italia e in colui che aveva reso possibile e reale l’unificazione? Domande del genere se ne possono fare a decine, senza ottenere adeguate risposte. Alcuni cineasti, come l’ultimo film di Mario Martone dal titolo emblematico “Noi credevamo”, hanno tentato di far emergere dalla polvere del tempo le crude problematiche dello scontro da guerra civile dell’Aspromonte, senza riuscire, però, ad incidere la spessa coltre d’indifferenza dell’opinione pubblica italiana.
Di Garibaldi si è detto, si dice e si dirà di tutto, perché è un mito, un’icona, un santino che si può adorare o demonizzare a piacere. La stampa italiana dovrebbe cogliere queste ricorrenze come occasioni uniche e irripetibili (150 anni ) per fare un po’ di chiarezza sull’uomo, sincero e onesto, che amava così tanto la Patria e i propri fratelli da esporre la sua stessa vita per evitare lo scontro fratricida dell’Aspromonte. Perché uomini e avvenimenti importanti sono stati dimenticati nelle loro espressioni più nobili e significative per dare spazio a retoriche paccottiglie unitarie? C’è ancora un’Italia che non vuole fare i conti con la storia, per puro opportunismo o per malcelate connivenze con monarchie totalitarie che ancora oggi insistono sul nostro territorio? Oppure c’è ancora un’Italia Sabauda e del Fascismo, mai scomparse dalla scena politica, che continuano ad operare sotto falso nome per conservare privilegi e disuguaglianze, negando e impedendo quell’unificazione ideale e sociale desiderata ardentemente da Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi? Forse entrambe.
Cosa fare, dunque? Oggi, paradossalmente, occorre fare contro-informazione per riaffermare i valori legati alle nostre migliori radici storiche e culturali; soffocate, come sono, da piante carnivore insaziabili.
Il 7 Agosto 2012, le ossa di Paolo Narducci, 20 anni, ufficiale artigliere caduto il 30 Aprile 1849 sui bastioni di Santa Marta (lato occidentale dei Giardini Vaticani), primo dei migliaia di caduti per la difesa della Repubblica Romana, sono state tumulate finalmente nel Sacrario Gianicolense che accoglie le spoglie di Mameli e altri 187 caduti per Roma, la maggior parte anonimi. E’ stata lunga la sua permanenza al Verano: 163 anni! Grazie all’interessamento dei discendenti e della Dottoressa Cinzia Dal Maso, oggi questo giovane romano può riposare accanto ai suoi fratelli d’armi e d’ideali.
Come spesso accade, nessuna risonanza, né mediatica, né politica, eccetto la cortese disponibilità della responsabile del Sacrario Gianicolense, Dott.ssa Francesca Bertozzi e del personale di custodia. Eppure la sua giovane vita è stata sacrificata per quelle idee che hanno fatto grande il nostro Paese e che oggi dobbiamo necessariamente rilanciare con fermezza per rifondare una società che ha perso la bussola delle sue radici più nobili e profonde.
La vita di Paolo Narducci è stata esemplare e assume maggior valore se comparata con quella dei militari che non aderirono, come lui fece senza esitazione, alle forze militari della Repubblica Romana, minacciata da ben quattro eserciti europei. Di questi “rifiuti”, spesso opportunistici, è utile ricordare quello dell’Architetto Andrea Busiri Vici che dalle vicende belliche trasse grandi vantaggi, consistenti in prestigiosi incarichi professionali che Pio IX, riconoscente, gli elargì durante la restaurazione dello Stato della Chiesa (Edicola ai caduti Francesi e Arco dei Quattro Venti, all’interno di Villa Pamphili..).
La strategia dell’ esercito francese prevedeva lo sfondamento di Porta Pertusa, da un lato, e l’ingresso da Porta Angelica dall’altro, per ricongiungersi poi insieme a Piazza San Pietro. La resistenza accanita di Narducci e compagni sul bastione di Santa Marta scombinò l’iniziativa francese, contribuendo a favorire il contrattacco repubblicano, con la vittoria che mise i Francesi in fuga verso Castel di Guido.
La cronaca
All’alba del 30, deposti i sacchi alla Maglianella, Outinod si accostò a Roma. Qual fosse il suo disegno di guerra lo dice un foglio trovato in tasca di un ufficiale francese estinto. Il colonnello Masi trasmise questo foglio al governo. Egli si proponeva di dividere il corpo in due colonne; con una assalire Porta Cavalleggeri, con l’altra Porta Angelica: punto di riunione la piazza di S. Pietro. Secondo alcuni militari di vaglia fu sbagliato, e il disegno di attacco e il moto. I punti del doppio assalto meditato distavano 630 metri l’uno dall’altro entro la città. E in Piazza S. Pietro le riserve romane erano pronte ad accorrere o a porta Angelica o a porta Cavalleggeri; mentre la distanza esteriore tra le forze nemiche superava i 2400 metri, i quali, considerata la tortuosità delle strade, diventavano quasi 4000. Giunti prima dell’alba, i francesi presero la via di porta Cavalleggeri, spingendo i volteggiatori a dritta in luoghi scoscesi e selvosi, e i cacciatori di Vincennes sulle alture a sinistra. Allo spuntar del nemico, Avezzana dalla vedetta sulla cupola fece suonare a stormo tutti i campanili. In un attimo i ripari e i bastioni nereggiarono di popolo il quale aveva ottenuto armi dal ministro della guerra; e quanti non le ottennero si accontentarono di trasportare feriti e morti o di recare provviste da fuoco e da bocca; e le ardite donne di Trastevere incoraggiavano i mariti e i fratelli e mandavano i figli adolescenti al battesimo del fuoco. Giunto il nemico a 150 metri dalle mura, i bravi artiglieri dal bastione di S. Marta diretti dal Calandrelli diedero il primo saluto ai cacciatori, i quali risposero con colpi così ben aggiustati che cadde morto il tenente Paolo Narducci, romano, primo martire della Repubblica, e furono feriti mortalmente Enrico Pallini, aiutante maggiore, e altri artiglieri. Ma trovatisi sotto i fuochi incrociati delle mura e del Vaticano, collocarono una controbatteria a 360 metri, micidialissima. La colonna nemica non poté avanzare, ma fece coi pezzi e colle carabine una strage terribile: caddero in un colpo Della Vedova, morto, il capitano Pifferi, il tenente Belli, il sottotenente Mencarini, il maresciallo Ottaviano, feriti; e finalmente fu smontato un cannone romano. Il popolo portò via i morti e feriti; ed altri prendevano il posto dei caduti senza ombra di timore o di confusione, Mancando gli artiglieri, supplirono i soldati di linea, e caddero il belga Leduell e i caporali De-Stefanis e Lodovich. La prima brigata sotto Moliére ebbe ordine di spingersi alle mura, ma gli artiglieri raddoppiarono gli sforzi, e le colonne di Marulay e Banat dovettero ripiegare a dritta. Irritato, Oudinot fece piantare altri due cannoni: due volte si batté la carica dai francesi; ma essi dovettero desistere e ritirarsi tutti.
L’associazione Garibaldini per l’Italia ha accolto e onorato con spirito fraterno i gloriosi resti del Tenente di artiglieria Paolo Narducci.
Con una cerimonia semplice ma intensa, resa possibile dalla commozione partecipata dei discendenti di Paolo Narducci, di Cinzia Dal Maso e di sua figlia, delle Dottoresse Bertozzi e Romaniello della Sovraintendenza ai Beni Culturali di Roma Capitale, del custode Panichelli, dei Soci Garibaldini Monica Simmons e Gianni Blumthaler, dal Vice Presidente Alberto Mori e dal Presidente Paolo Macoratti, si è conclusa una vicenda nata dalla volontà popolare che riscatta con l’impegno della memoria il sacrificio dei propri martiri.
LE IMMAGINI
La fiaccolata del 10 giugno 2012 a Roma sul colle del Gianicolo, organizzata dalle Associazioni Garibaldini per l’Italia e Gruppo Laico di Ricerca, patrocinata dal Comune di Roma ( Municipii I e XVI ), con la partecipazione attiva dell’A.N.P.I. e della F.I.A.P, per celebrare il 163° anniversario della Difesa della Repubblica Romana del 1849, ha voluto rendere onore ai caduti, ai combattenti, agli esiliati, ai giustiziati che testimoniarono con il loro sangue e la loro partecipazione la volontà di cambiare il mondo, dando vita al momento forse più alto della nostra storia risorgimentale.
http://www.youtube.com/watch?v=PcriprLpOQg&feature=g-upl
“Pochi contro moltissimi”, è scritto sulle lapidi e sui testi di storia, per ricordare quanto grande fosse stato il loro sacrificio, quanto forte la spinta che li animava. Quale misteriosa forza aveva prodotto quelle volontà, così determinate da sfidare con furore le potenze militari più organizzate e potenti dell’epoca? I nostri fratelli del 1849 anelavano a realizzare su questa terra l’archetipo del bene comune, l’utopia per antonomasia, la fraternità e la giustizia sociale; in due parole la DEMOCRAZIA PURA. Parole che terrorizzavano Re e Papi e che ancora oggi imbarazzano le caste e i potentati economici e religiosi.
La memoria di quei giorni e degli uomini e le donne che fecero grande il nostro Paese spesso si riduce alla sola celebrazione di questa o quella ricorrenza, che individui più o meno preparati storicamente, s’impegnano a rinnovare periodicamente per non sentirsi lontani da quel passato glorioso. E’ questa una delle basi di partenza per coltivare la memoria, ma il rischio che assuma il carattere di un’autocelebrazione sterile e infruttuosa è molto alto.
Potrebbe sembrare difficile mettere a frutto l’eredità di Mazzini, Garibaldi, Mameli e tutti coloro che parteciparono alla costruzione di una Patria comune fondata sul progresso dell’essere umano e sulla convivenza civile; in realtà è solo una questione di volontà e di scelte personali. Si può ricominciare, partendo dalla scuola, trasferendo costantemente nelle giovani generazioni ciò che è già scritto nelle opere dei nostri Padri Costituenti, nella Repubblica Romana del 1849 e nella Costituzione della Repubblica Italiana tuttora vigente. E’ questione di volontà e di scelte personali lottare con ogni mezzo legale perchè siano salvaguardati i principi di libertà, giustizia, eguaglianza attraverso i quali poter continuare a costruire quell’utopia del 1849,: la Democrazia Pura.
La fiaccolata del 10 Giugno non avrebbe avuto senso, o lo avrebbe avuto solo concettualmente, se non fosse stata finalizzata alla realizzazione pratica dei nobili concetti trasmessici dai Padri della Patria, che prima di noi hanno difeso la Repubblica con tutte le loro forze. Difendere la Repubblica , oggi, vuol dire dunque partecipare alla sua vita attivamente, controllare che le leggi emanate siano effettivamente in favore della maggioranza del Popolo e non di una risibile contrada; vuol dire ancora denunciare gli abusi, il malcostume nella politica e nel sociale, costruendo il progresso attraverso un cambiamento culturale, anche profondo, se necessario; e a ognuno di noi è affidata la responsabilità morale di questo cambiamento.
Presto in Italia dovremo tornare a votare in un contesto di forte abbassamento delle difese immunitarie , civili e sociali. Ai tentativi di mantenere alti i privilegi di una piccola parte della popolazione si sommano i disagi di una regressione progressiva dalle conquiste civili e sociali ottenute in 65 anni di storia repubbicana. Le conseguenze le conosciamo bene ed è superfluo ripeterle. Non ci rimane che sottolineare un AVVISO AGLI ELETTORI che ieri, come oggi, sono il manifesto della nostra volontà di cambiamento.
” NOI VOGLIAMO UOMINI CHE SENTANO QUELLO CHE DICONO: RIFIUTIAMO QUELL’ABITUDINE D’IPOCRISIA CHE, DA UNA NAZIONE RICAVATA OR ORA ALLA VITA, PROPONE PER PRINCIPIO DI RIGENERAZIONE, PER PRIMO DOGMA POLITICO, LA MENZOGNA SISTEMATICA. NOI VOGLIAMO LA VERITÀ, CREDIAMO CHE IN LEI SOLA STIA LA FORZA. NOI FACCIAMO POCO CONTO DELLE PAROLE, MOLTISSIMO DELLA VITA DI UN INDIVIDUO. SCRUTEREMO NEI NOSTRI CANDIDATI I FATTI PASSATI; ELIMINEREMO GLI UOMINI CHE , O PER TRISTIZIA O PER INETTEZZA HANNO MANCATO ALL’ONORE E AGLI INTERESSI DEL PAESE; NON APPOGGEREMO CHE I NOMI DI COLORO IL CUI PASSATO CI SIA PEGNO PER L’AVVENIRE.” ( Goffredo Mameli – 4 Gennaio 1849 )
” BISOGNA SPAZZARE QUESTA MASSA D’INTRUSI CHE, COME LE FORMICHE NEGLI ALVEARI, NE DEPORTANO CERA E MIELE, E NON VI LASCIANO CHE PUTRIDUME E MACERIE. VORREI DIRVI CHI SONO, CHI FURONO E DONDE VENGONO: MA TROPPO DOVREI INTINGERE LA PENNA NELLE SOZZURE, E MI RIPUGNA. BASTA VI DICA: RICORRETE AL LORO PASSATO, E SE NON SIETE PIU’ CHE CIECHI, PIU’ CHE IMBECILLI, PIU’ CHE CODARDI, NON RICONFERMATELI NEL LORO SEGGIO. CHE SPERATE DA ESSI ? IL PAREGGIO, LA DIFESA DELLO STATO, LA LIBERTA’ ? ILLUSI CHE SIETE ! SI, RICONFERMANDOLI, PREPARATEVI A NUOVE SCIAGURE “. ( Giuseppe Garibaldi – Caprera 29 Settembre 1874 )
Articolo e video Agenzia “DIRE”
http://www.dire.it/welfare/4684-forum-ex-articolo-26-roma.dire
Centri di Riabilitazione
I Decreti Commissariali della Regione Lazio n° 89 e 90 del 10/11/2010, successivamente modificati dai Decreti Commissariali n° 8 del 3/02/2011 e n° 29 del 20/03/2012, sono stati “pensati” per giustificare i tagli lineari operati sulla Sanità, e in particolare sulle strutture pubbliche o private convenzionate di Riabilitazione, a danno di quei cittadini Italiani affetti principalmente da deficit cognitivi.
Le conseguenze di tali scelte operative hanno favorito il progressivo sgretolamento delle assistenze qualificate ai disabili con gravi ripercussioni, sia sul mondo del lavoro altamente specializzato, con conseguente declassamento della Riabilitazione a puro e semplice assistenzialismo, sia sui diritti dei cittadini diversamente abili che potrebbero perdere progressivamente le loro autonomie, così faticosamente raggiunte attraverso i progetti di riabilitazione individuali.
Ci uniamo alla battaglia che il Forum exarticolo26 , Comitato nato con il concorso dei genitori e degli operatori delle persone diversamente abili, ha intrapreso con la raccolta di firme per una Petizione Popolare finalizzata al ritiro dei Decreti sopracitati e l’pertura di una trattativa con le autorità della Regione Lazio.
E’ possibile scaricare da questo sito la Petizione e il modulo per la raccolta firme che potrà essere inviato a : forumexarticolo26@libero.it o collegandosi al sito www.forumexarticolo26.it
PETIZIONE
MODULO
ASCOLTA LA SEDUTA DEL 26 GIUGNO 2012 RELATIVA ALL’AUDIZIONE DEL FORUMEXART26 ALLA COMMISSIONE DI INCHIESTA DEL SENATO
DOCUMENTO UNITARIO DEL 2 FEBBRAIO 2013
VIDEO TAVOLA ROTONDA SULLA DISABILITA’ INFANTILE – ROMA 22 FEBBRAIO 2013
http://farea9.wordpress.com/2013/02/22/disabilita-infantile-evitare-un-genocidio/
PRESENTAZIONE DEL LIBRO “UN REPUBBLICANO TRA I MILLE” di Alcide Lamenza - 24 Maggio 2012 – ore 17,00 – Via Giulia, 142 Roma
Da “Storia dei Mille” di Giuseppe Cesare Abba
“A colpo d’occhio, si poteva dire che per un quarto quei Mille erano uomini fra i trenta e i quarant’anni e per un altro bel numero tra i quaranta e i cinquanta; forse dugento stavano tra i venticinque e i trenta. Gli altri, i più, erano tra i diciotto e i venticinque. Di adolescenti ce n’erano una ventina, quasi tutti bergamaschi. Alcuni qua e là tra quei gruppi parevano trovarvisi per curiosità, perché’ vecchi oltre i sessanta; e invece vi stavano a spendere le ultime forze di una vita tutta vissuta nell’amore della patria. Il vecchissimo passava i sessantanove, aveva guerreggiato sotto Napoleone e si chiamava Tommaso Parodi da Genova; il giovanissimo aveva undici anni, si chiamava Giuseppe Marchetti da Chioggia, fortunato fanciullo cui toccava nella vita un mattino così bello! Seguiva il medico Marchetti padre suo, che se l’era tirato dietro in quell’avventura.
In generale, certo più della metà erano gente colta; anzi si può dire che soldati più colti non mossero mai a nessun’altra impresa. Alcuni di essi, i vecchi, avevano combattuto nelle rivoluzioni del ’20 del ’21 del ’31; molti nelle guerre del ’48 e del ’49 e nelle insurrezioni di poi. Nella guerra del 1859 avevano militato quasi tutti, volontari nei reggimenti piemontesi o tra i Cacciatori delle Alpi sotto Garibaldi.
I giovani dai venti ai venticinque anni quasi tutti sentivano in sé’ vivi e presenti i fratelli Bandiera con la loro storia, intesa nella prima adolescenza, tra le pareti domestiche, dai padri e dalle madri angosciate. Quell’Emilio di 25 anni, quell’Attilio di 23, disertati a Corfù di sulle navi austriache; la loro madre corsa invano colà, per supplicarli di smettere il loro disegno d’andar a morire; le loro risposte a Mazzini che li consigliava di serbarsi a tempi migliori; e poi l’imbarco, il tragitto nell’Ionio e lo sbarco sulla spiaggia di Crotone, presso la foce del Neto, – che nomi! – e il primo scontro a San Benedetto coi gendarmi borbonici, e le plebi sollevate a suon di campane a stormo contro di loro gridati Turchi; e il secondo scontro a San Giovani in Fiore, – poesia, poesia di nomi! – e l’inutile eroismo contro il numero, e la cattura e la Corte marziale e le risposte ai giudici vili e la condanna e la fucilazione nel Vallo di Rovito; tutto sapevano, tutto come canti di epopea studiati per puro amore. E suonava nei loro cuori la strofa amara ed eroica del canto di Mameli:
L’inno dei forti ai forti,
Quando sarem risorti
Sol li potrem nomar. ”
Il nove febbraio 2011, al Gianicolo, ricorrenza annuale in cui si celebra la Proclamazione della Repubblica Romana del 1849, era presente tra i bambini delle scuole elementari e di alcuni licei della Capitale, un ospite d’onore: il Dottore Rosario Bentivegna. Il Partigiano, medaglia d’argento al V.M., durante la cerimonia è intervenuto sollecitando tutti, giovani e meno giovani, a Resistere in ogni tempo e in ogni luogo ai fascismi espliciti o nascosti, e non stancarsi mai nella difesa della giustizia e della libertà.
Foto di Gianni Blumthaler
L’associazione Garibaldini per l’Italia, ricordando la matrice garibaldina e repubblicana della famiglia Bentivegna, abbraccia fraternamente i famigliari nel doloroso commiato. L’esempio e l’impegno di Rosario trovano la loro giusta dimensione nel dovere dell’ espressione mazziniana, già citata più volte nel nostro sito:
“dobbiamo offrire un degno obiettivo a tutta questa gioventu’ pensosa che, nata in mezzo alle rovine, cade subito nel dubbio e nello scoraggiamento; dobbiamo ricercare per l’uomo un’esistenza morale per mezzo dell’entusiasmo e dell’amore”
La vita di Rosario Bentivegna è scritta in: http://it.wikipedia.org/wiki/Rosario_Bentivegna
Philippe Guastella interpreta Mazzini
Da pochi giorni, passato inosservato dalla stragrande maggioranza dei media, si è celebrato il 140° anniversario della morte di Giuseppe Mazzini, avvenuta a Pisa il 10 marzo 1872. Una vita, quella di Mazzini, dedicata all’unità d’Italia ma ancor prima alla formazione dei giovani Italiani.
A distanza di poche generazioni dobbiamo purtroppo, e amaramente, constatare che i princìpi, la moralità e gli ideali mazziniani che mossero le menti e i cuori di tante persone e che contribuirono, con il sacrificio e il sangue, a restituire dignità ad un popolo schiavo, sono tutt’ora ignorati.
Esiste però ancora una cerchia ristretta di Italiani che non si rassegna facilmente al triste degrado socio-culturale cui stiamo assistendo giornalmente e che vuole riaffermare con impegno i valori risorgimentali, vertice il pensiero di Mazzini, e arginare con piccoli gesti l’imminente catastrofe d’identità che si sta avvicinando a velocità esponenziale.
L’Associazione Garibaldini per l’Italia ha incontrato casualmente (ma nulla è casuale quando si perseguono obiettivi nobili) un gruppo di giovani guidati da Emanuela J. Morozzi, esordiente regista romana, che ha creato uno short film dedicato alla figura di Giuseppe Mazzini, dal titolo: L’alba della Libertà. Dalla lettura del comunicato stampa e dalla visione del trailer, che qui riportiamo, si percepisce un lavoro, almeno nelle premesse, animato da un mix intelligente di passione e approfondimento.
Il 10 marzo 2012 non è una data come tante altre. 140 anni fa moriva a Pisa il ligure Giuseppe Mazzini, patriota, politico, filosofo e giornalista che con le sue idee e la sua azione politica contribuì in maniera decisiva alla nascita dello Stato unitario italiano e alla formulazione di un pensiero di democrazia, plasmato sulla forma repubblicana dello Stato, che nutrì i moderni movimenti europei.
Le condanne subite in diversi tribunali d’Italia lo costrinsero, però, alla latitanza fino alla morte. Ed è in questo momento che si situa “L’Alba della Libertà”, uno short film, in fase di montaggio, dedicato alla figura di Mazzini, della giovane ed esordiente regista romana Emanuela J. Morozzi.
In questo lavoro non viene presentato un eroe, né tantomeno un leader cospirativo e carismatico, ma un uomo stanco, malato, all’ultimo giorno della sua vita; sconfitto da un Risorgimento che non gli appartiene, a cui ha dedicato tutta la sua esistenza, ma pronto ancora a credere e a parlare di libertà e giustizia e a mettersi a nudo, forse per la prima volta nella sua esistenza, nell’amore.
“Ho voluto dipingerlo in maniera inedita, nella sua intimità – racconta la regista – e, forse, anonima quotidianità; nella fragilità e nella verità di un soliloquio negli ultimi momenti della sua esistenza. Immaginando quali siano stati i pensieri di chi come lui ha compiuto gesta che hanno fortemente influenzato la coscienza del proprio popolo. Inoltre, mi è piaciuto riscoprire un Giuseppe Mazzini nella particolarità di un sentimento che ci accomuna tutti: la commozione. Quella commozione insita nel nostro inconscio più recondito, che viene dai primordi, che appartiene a noi dalla notte dei tempi e che ci rende, nonostante la nostra unicità, indiscutibilmente tutti Uguali. Uguali nell’ amore, nelle paure, nelle parole non dette, negli addii”.
Il cortometraggio, della durata di 10 minuti, è stato realizzato nel Comune di Genzano (prov. di Roma), che, patrocinando l’iniziativa, ha messo a disposizione il suo palazzo più importante, lo Sforza Cesarini, con il parco antistante. È stato girato in formato digitale, recitato in Italiano, con sottotitoli in inglese, francese, spagnolo e tedesco.
La troupe è composta da giovanissimi di 20 e 30 anni, che si sono riuniti appositamente per omaggiare Mazzini nell’anniversario della sua scomparsa. Gli attori che interpretano il patriota italiano nelle sue tre età sono: Philippe Guastella- adulto, Daniele Zappalà- giovane, Edoardo Zampini – bambino. La voce del protagonista è di Angelo Maggi, noto e pluripremiato attore e doppiatore italiano, proveniente dalla scuola di Vittorio Gassman. Fanno ancora parte del cast: Manuela Marchetti, giovane donna; Martina Fioramonti, bambina; Ninni Sciandra, madre di Mazzini.
La colonna sonora è stata composta da Marco Valerio Antonini, che ha studiato composizione al conservatorio di Santa Cecilia, e frequentato Masterclass di musica per film con autori come N.Piovani e A.Di Pofi, collaborando con il Centro Sperimentale di Cinematografia, la NUCT e l’ACT a Cinecittà. Nel 2011 vince l’NCN Lab della Fond. Cinema per Roma, nell’ambito del Festival Internazionale del Film di Roma, con la musica per il corto “La legge di Jennifer”, di A.Capitani.
Il progetto “L’Alba della Libertà”, essendo di interesse storico- culturale, verrà presentato nei più importanti festival nazionali ed internazionali.
Giovedì 9 Febbraio alle ore 15,00 l’Associazione “Garibaldini per l’Italia” ha celebrato il 163° della Proclamazione della Repubblica Romana del 1849 insieme all’Associazione culturale “Gruppo Laico di Ricerca” e all’ “A.N.P.I. “ presso il Musoleo-Ossario Garibaldino del Gianicolo, via Garibaldi 29/e – Roma
Sintesi del testo letto dal Presidente dei Garibaldini per l’Italia
Il logo dell’Associazione Garibaldini per l’Italia esprime ciò che vorremmo essere per il nostro Paese: volontari, attenti e vigili
I simboli sono importanti perché rappresentano l’universo dei valori e delle aspirazioni di tante persone; così il tricolore rappresenta i valori e le aspirazioni migliori degli italiani, di coloro che l’hanno ideato, di tutti noi e di coloro che verranno dopo di noi. La bandiera è dunque sacra, perché in essa si sono riconosciute e hanno lottato, fino all’estremo sacrificio della vita, intere moltitudini di patrioti.
La camicia rossa che indossiamo con orgoglio è anch’essa un simbolo sacro perché incarna tutti i Garibaldini che hanno impegnato la loro esistenza per il bene comune e il progresso dei popoli.
Pertanto, essere garibaldini, oggi, non significa solo partecipare alle cerimonie celebrative di questa o quella ricorrenza, pur necessarie e indispensabili, ma rappresenta un duplice dovere: da un lato l’impegno a mantenere vivi e trasmettere ai giovani e meno giovani gli ideali risorgimentali, tutt’ora insuperati per ricchezza di valori e spinte innovative – e realizzati solo in minima parte – dall’altro il dovere di essere attivi e propositivi nella società complessa in cui viviamo con iniziative finalizzate al progresso civile e sociale del nostro Paese..
Per questo abbiamo bisogno di punti fermi di riferimento che abbiamo individuato nella centralità dell’essere umano, con i suoi doveri e i suoi diritti; nella Costituzione Repubblicana Italiana e nelle radici ideali nate dalla Costituzione della Repubblica Romana del 1849.
Oggi siamo appunto qui per fare memoria della Proclamazione della Repubblica Romana.
In questo momento di crisi della finanza mondiale, della politica e dell’economia nazionale, in questa Italia ove da anni la Costituzione e’ oscurata dal malaffare, dalla corruzione, dal camaleontismo politico, assume maggior rilievo la straordinaria stagione della R.R. del 1849, dei suoi valori e delle sue finalita’. Gli ideali della R.R. non sono finiti 163 anni fa ma, paradossalmente, potrebbero essere il nostro futuro
Dall’analisi dei documenti del gennaio 1849 che l’Associazione culturale Gruppo Laico di Ricerca ha messo a disposizione nelle conferenze degli ultimi anni, si percepisce con maggiore evidenza la grandezza di quel momento storico e degli uomini che lo hanno animato.
Risulta infatti evidente la volontà, da parte dei Costituenti, di rivoluzionare lo Stato della Chiesa con segnali e provvedimenti importanti, come l’abolizione della pena di morte, l’abolizione della censura, l’abolizione del tribunale del sant’uffizio, della tassa sul macinato, l’abolizione del monopolio del sale, oltre all’istituzione del matrimonio civile, del ministero della istruzione pubblica, la riforma agraria, la libertà di culto religioso, valida soprattutto per i 3000 ebrei residenti nel ghetto.
Questi e altri provvedimenti furono realizzati in soli 5 mesi, ma soprattutto ci sorprende ancora oggi la volontà, da parte dei Costituenti, di educare il popolo alla sovranità che gli spettava. e di elevarlo moralmente e civilmente, stravolgendo le regole che fino ad allora lo avevano sottomesso per secoli. E proprio dal popolo è arrivata una delle spinte più forti alla realizzazione della Costituente attraverso le grandi adunanze popolari del 12 e del 15 gennaio ai teatri Metastasio e Tor di Nona in cui si propose per la prima volta la Costituente Italiana sulla base di quella Romana. Per cui possiamo affermare con sufficiente certezza che a Roma è nata l’Italia repubblicana che conosciamo, o meglio, che abbiamo conosciuto nel primo dopoguerra, dopo la Resistenza.
Possiamo imparare molto dalla Repubblica Romana ; e forse una delle lezioni più importanti che dovremmo ereditare è la responsabilita’; come, per esempio, sostituire la cultura del fatalismo con la cultura della prevenzione. Noi tutti cittadini dobbiamo essere consapevoli che la nostra azione quotidiana debba servire, con l’esempio, ad educare ed elevare il popolo.
Viva la Repubblica Romana, viva l’Italia
Il Comitato di Quartiere Monteverde di Roma ha organizzato per il prossimo dicembre il concorso letterario Nazionale “Interviste impossibili agli Eroi della Repubblica Romana.”. E’ una buona occasione per coinvolgere giovani e meno giovani a riflettere sui personaggi legati ai valori del nostro Risorgimento. Il concorso è aperto a tutti (under e over 18) .
L’intervista “impossibile” verrà fatta dall’autore del pezzo a uno dei tre protagonisti della Repubblica Romana scelto tra: Goffredo Mameli, Cristina Trivulzio Belgioioso e Righetto.
L’ Associazione Garibaldini per l’Italia farà parte della Giuria e consegnerà ai 6 vincitori delle due categorie una medaglia – ricordo dell’evento.
Per chi volesse partecipare, personalmente o attraverso amici o parenti interessati, potrà scaricare il bando allegato.
I FINALISTI DELLA CATEGORIA OVER 18: SIMONA BALDELLI – CRISTIANA CONTI-SIMONA MANGANARO
I FINALISTI DELLA CATEGORIA UNDER 18: CLAUDIO ANNIBALI – GABRIELE DI MEZZA – MARGHERITA PANDOLFI
PREMIO DELLA CRITICA:
cat. Over 18 : 1° SIMONA BALDELLI – 2° SIMONA MANGANARO – 3° CRISTIANA CONTI
cat. Under 18 : 1° GABRIELE DI MEZZA – MARGHERITA PANDOLFI – CLAUDIO ANNIBALI
PREMIO GIURIA POPOLARE
cat. over 18 : 1° SIMONA MANGANARO – SIMONA BALDELLI – CRISTIANA CONTI
cat. under 18 : 1° GABRIELE DI MEZZA – CLAUDIO ANNIBALI – MARGHERITA PANDOLFI
L’Associazione Garibaldini per l’Italia, nell’ambito del 150° dell’unità d’Italia, intende celebrare l’episodio di Villa Glori avvenuto il 23 ottobre 1867, ove 76 coraggiosi Garibaldini, comandati da Enrico Cairoli, giunti fino alle porte di Roma nel tentativo di suscitare un’insurrezione armata (nell’ambito della campagna Nazionale dell’Agro Romano del 1867 che si concluse con la sconfitta di Mentana), resistettero eroicamente alle truppe pontificie accorse in gran numero per contrastare la loro iniziativa.
Agli atti eroici dei volontari che, consapevoli della notevole inferiorità numerica e dell’armamento tecnicamente inferiore, cercarono di intimorire il nemico con un disperato assalto, si contrappose la spietata ferocia dei Pontifici, in un clima di forte tensione emotiva dovuta all’attentato del giorno precedente alla caserma Serristori in Trastevere.
L’Associazione Culturale Gruppo Laico di Ricerca ha organizzato l’evento in forma originale; infatti, durante il percorso che ci porterà alla celebrazione nel Piazzale del Mandorlo, al centro della Villa, verranno letti brani di Cesare Pascarella tratti dalla poesia Villa Gloria, che il poeta scrisse nel 1886.
L’appuntamento per i partecipanti è alle ore 15,00 di domenica 23 ottobre 2011 all’ingresso del parco di Villa Glori (P.le del Parco della Rimembranza-angolo Viale Pilsudski) Per i membri dell’Associazione : camicia rossa garibaldina, fazzoletto e cappello
SACRO DRAPPELLO
Cairoli Enrico comandante la falange
Tabacchi Giovanni di Mirandola, capo della prima sezione
Isacchi Cesare di Cremona capo della seconda sezione
Cairoli Giovanni capo della terza sezione
De Verneda Ermenegildo di Cremona, aiutante maggiore
Galli Carlo di Pavia, furiere maggiore
Guida Carlo di Soresina
Fabris Placido di Treviso
Isacchi Antonio di Milano
Gentili Oreste di Loreto d’Ancona
Bariani Ernesto di Milano
Pasquali Ubaldo di Loreto d’Ancona
Stragliati Baldassarre di Milano
Pietrasanta Luigi di Pavia
Fiorini Odoardo di Cremona
Mantovani Antonio di Pavia
Colombi Antonio di Cremona
Bassini Edoardo di Pavia
Bonelli Filippo di Cremona
Bassini Pietro di Pavia
Barbarina Alessandro di Cremona
Meruzzi Giuseppe di Pavia
Nobili Ernesto di Cremona
Campari Camillo di Pavia
Vacchelli 1° di Cremona
Castagnini Domenico di Pavia
Vacchelli 2° di Cremona
Ricci Emilio di Pavia
Rosa 1° di Bergamo
Trabucchi Ercole di Pavia
Rosa 2° di Bergamo
Grangiroli Ercole di Pavia
Muselli Pietro di Trieste
Vecchio Giovanni di Luigi di Pavia
Muratti Giusto di Trieste
Bazzoli Massimiliano di Forlimpopoli
Chiap Valentino di Udine
Garavini Enrico di Forlimpopoli
Michelini di Udine
Cerri Silvestro
Ferrari Pio di Udine
Taddeo Francesco di Napoli
Dall’Oppio di Castelbolognese
Tinelli Luigi di Napoli
Marzari Francesco di Castelbolognese
Veroi
Franceschielli di Castelbolognese
Tirapelli
Capra di Castelbolognese
Candida di Roma
Emiliani di Castelbolognese
Clesci
Valdri Francesco di Castelbolognese
Celli Silvestro
Valdri Antonio di Castelbolognese
Delcorso
Gramigna Angelo di Castelbolognese
Tarabra Alessio di Asti
Mancini
Rossi Raffaele di Bologna
Nicolato Luigi
Gazzon Antonio di Bologna
Musini Luigi di Borgo S. Donnino
Gilioli-Cesali Antonio di Mirandola
Vidati Luigi di Venezia
Veronesi Angelo di Mirandola
Tamanti Costanzo di Fermo di Ancona
Veronesi Tito di Mirandola
Lelli Vincenzo di Ancona
Bonforti Carlo di Mirandola
Vellerin-Flori di Lione
Papazzoni Ernesto di Mirandola
Petit-Bon Francesco di Parma
Papetti Francesco di Mirandola
Angeli Enrico di Vicenza
Mai Tommaso di S. Giacomo delle Segnate (MN)
Il 16 Giugno 2011 le Associazioni Gruppo Laico di Ricerca e Garibaldini per l’Italia hanno guidato, nell’ambito delle celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia, la Fiaccolata commemorativa che si è svolta a Roma sul colle del Gianicolo, per celebrare il 162° anniversario della difesa della Repubblica Romana del 1849. Polizia, Carabinieri e Vigili Urbani hanno scortato il corteo che, partendo dall’Arco dei Quattro Venti (Villa Corsini), all’interno di Villa Pamphili, si è snodato toccando punti nevralgici della difesa di Roma del 1849: Villa Giraud (il Vascello), Porta San Pancrazio, Villa Savorelli, passando per il Piazzale Garibaldi, fino al Sacrario dei caduti per Roma.
Le celebrazioni del nostro Risorgimento sono prevalentemente retoriche; non solo per la presenza unilaterale degli “addetti ai lavori” che, in sostanza, si auto-celebrano, ma per l’assenza del mondo giovanile e di quello straordinario bagaglio culturale ottocentesco, rimasto sconosciuto a gran parte della popolazione italiana. La “processione laica” del 16 giugno ha invertito questa tendenza, dimostrando che esiste ancora, in nuce, la volontà inconscia di alcuni Italiani di sentirsi membri di una comunità che ha in custodia una riserva immensa di valori, decisivi per migliorare la condizione umana e civile di ciascun cittadino.
Una “processione laica”, come è stato detto più volte, durante la quale il pensiero e le parole di Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi, Carlo Pisacane, Pietro Calamandrei, uniti ai nomi di 41 caduti per la Repubblica Romana, sono echeggiati nei luoghi stessi ove 162 anni prima avevano prevalso il fragore delle armi e il lamento dei feriti. Parole e concetti importanti, ancora oggi attualissimi; parole e concetti inascoltati o dimenticati, e per questo ancora in attesa di un popolo che li possa realizzare compiutamente. Una stagione, quella della Repubblica Romana del 1849, fondamentale per le nostre radici storiche e culturali. Durante il percorso, mentre le strade si svuotavano, come per incanto, dalla presenza delle automobili che pochi secondi prima le avevano affollate (grazie al sapiente coordinamento delle forze dell’ordine), un silenzio irreale avvolgeva tutto e la storia fatta da quegli uomini e quelle donne di 162 anni fa tornava a scuotere i pensieri dei partecipanti, a mostrar loro la cruda realtà dei nostri giorni, la realtà di un popolo che non è ancora in grado di far germogliare i semi prodotti dai suoi figli migliori. Mentre la luna rossa sorgeva a oriente e la lunga fila delle fiaccole accese camminava, con cadenza di tamburo solenne, verso il Sacrario, riaffiorava per incanto la speranza che univa questo popolo a quello che aveva difeso la Repubblica Romana: la presenza dei giovani e anche di molti bambini.
Essere Garibaldini, oggi, non significa soltanto essere presenti alle celebrazioni in cui si fa memoria degli eventi e dei personaggi legati al Risorgimento; e neppure soltanto ricordare coloro che, pur non essendo combattenti, erano pronti a costruire una società ideale fondata sull’uguaglianza, sulla libertà e sulla fraternità.
Essere Garibaldini, oggi, significa traghettare da una sponda del passato al presente, l’etica, la passione, il coraggio e la giustizia; valori, per i quali uomini e donne dell’ottocento sacrificarono molto, fino al dono estremo della vita.
Da qualche anno la Regione Lazio, per un effetto di tagli lineari della spesa pubblica effettuati dal Governo Nazionale, ha penalizzato il settore sanitario, in particolare della riabilitazione, decrementando i fondi stanziati per i centri convenzionati del 16% (circa 20 milioni di euro). L’intervento, iniziato dalla giunta Marrazzo e completato dall’ attuale Giunta Polverini, ha destrutturato l’intero settore costringendo i piccoli e medi centri di riabilitazione (ex art. 26) ad operare licenziamenti di personale altamente specializzato e trasformare, sostanzialmente, la riabilitazione in “mantenimento”; parole che da sole esprimono la tendenza a considerare i disabili più un peso da sopportare, che una opportunità per la salvaguardia della dignità e del progresso umano.
E’ utile ricordare quanta attenzione fosse riservata da Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi alle persone deboli e indifese, agli ultimi , e quanto questo tema costituisse, per loro, il fondamento imprescindibile di ogni società civile.
Ci uniamo dunque ai componenti del Forum ex art.26 che con questa “Lettera ai Romani” hanno voluto informare la cittadinanza, e invitiamo tutti a partecipare all’incontro che si svolgerà a Roma il prossimo 18 Giugno (vedi locandina sotto)
Il primo maggio 2011, dal palco di piazza San Giovanni, Ascanio Celestini ha raccontato con mirabile sintesi gli eventi che hanno portato alla nascita, alla vita, alla difesa e alla caduta della Repubblica Romana del 1849. Il merito di Celestini è stato duplice: il primo, di aver reso giustizia a Giuseppe Mazzini e a tutti coloro che parteciparono a quella stagione rivoluzionaria e democratica, rimarcando con chiarezza la persecuzione subita dal grande folosofo e politico da parte delle autorità del costituito Regno d’Italia; il secondo di aver instillato dubbi nella folla dei giovani, molti dei quali inconsapevoli di una verità storica poco raccontata perchè scomoda.
http://www.youtube.com/watch?v=ieGibZEmFd8