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Philippe Guastella interpreta Mazzini

Da pochi giorni, passato inosservato dalla stragrande maggioranza dei media, si è celebrato il 140° anniversario della morte di Giuseppe Mazzini, avvenuta a Pisa il 10 marzo 1872. Una vita, quella di Mazzini,  dedicata all’unità d’Italia ma ancor prima alla formazione dei giovani Italiani.
A distanza di poche generazioni dobbiamo purtroppo, e amaramente, constatare che i princìpi, la moralità e gli ideali mazziniani che mossero le menti e i cuori di tante persone e che contribuirono, con il sacrificio e il sangue, a restituire dignità ad un popolo schiavo, sono tutt’ora ignorati.
Esiste però ancora una cerchia ristretta di Italiani che  non si rassegna facilmente al triste degrado socio-culturale cui stiamo assistendo giornalmente e che  vuole riaffermare con impegno i valori risorgimentali, vertice il pensiero di Mazzini, e arginare con piccoli gesti l’imminente catastrofe d’identità che si sta avvicinando a velocità esponenziale.
L’Associazione Garibaldini per l’Italia ha incontrato casualmente (ma nulla è casuale quando si perseguono obiettivi nobili) un gruppo di giovani  guidati da Emanuela J. Morozzi,  esordiente regista romana, che ha creato uno short film dedicato alla figura di Giuseppe Mazzini, dal titolo: L’alba della Libertà.  Dalla lettura del  comunicato stampa e dalla visione  del trailer, che qui riportiamo, si percepisce un lavoro, almeno nelle premesse, animato da un mix intelligente di passione e approfondimento.

Il 10 marzo 2012 non è una data come tante altre. 140 anni fa moriva a Pisa il ligure Giuseppe Mazzini, patriota, politico, filosofo e giornalista che con le sue idee e la sua azione politica contribuì in maniera decisiva alla nascita dello Stato unitario italiano e alla formulazione di un pensiero di democrazia, plasmato sulla forma repubblicana dello Stato, che nutrì i moderni movimenti europei.
Le condanne subite in diversi tribunali d’Italia lo costrinsero, però, alla latitanza fino alla morte. Ed è in questo momento che si situa “L’Alba della Libertà”, uno short film, in fase di montaggio, dedicato alla figura di Mazzini, della giovane ed esordiente regista romana Emanuela J. Morozzi.
In questo lavoro non viene presentato un eroe, né tantomeno un leader cospirativo e carismatico, ma un uomo stanco, malato, all’ultimo giorno della sua vita; sconfitto da un Risorgimento che non gli appartiene, a cui ha dedicato tutta la sua esistenza, ma pronto ancora a credere e a parlare di libertà e giustizia e a mettersi a nudo, forse per la prima volta nella sua esistenza, nell’amore.
“Ho voluto dipingerlo in maniera inedita, nella sua intimità – racconta la regista – e, forse, anonima quotidianità; nella fragilità e nella verità di un soliloquio negli ultimi momenti della sua esistenza. Immaginando quali siano stati i pensieri di chi come lui ha compiuto gesta che hanno fortemente influenzato la coscienza del proprio popolo. Inoltre, mi è piaciuto riscoprire un Giuseppe Mazzini nella particolarità di un sentimento che ci accomuna tutti: la commozione. Quella commozione insita nel nostro inconscio più recondito, che viene dai primordi, che appartiene a noi dalla notte dei tempi e che ci rende, nonostante la nostra unicità, indiscutibilmente tutti Uguali. Uguali nell’ amore, nelle paure, nelle parole non dette, negli addii”.
Il cortometraggio, della durata di 10 minuti, è stato realizzato nel Comune di Genzano (prov. di Roma), che, patrocinando l’iniziativa, ha messo a disposizione il suo palazzo più importante, lo Sforza Cesarini, con il parco antistante. È stato girato in formato digitale, recitato in Italiano, con sottotitoli in inglese, francese, spagnolo e tedesco.
La troupe è composta da giovanissimi di 20 e 30 anni, che si sono riuniti appositamente per omaggiare Mazzini nell’anniversario della sua scomparsa. Gli attori che interpretano il patriota italiano nelle sue tre età sono: Philippe Guastella- adulto, Daniele Zappalà- giovane, Edoardo Zampini – bambino. La voce del protagonista è di Angelo Maggi, noto e pluripremiato attore e doppiatore italiano, proveniente dalla scuola di Vittorio Gassman. Fanno ancora parte del cast: Manuela Marchetti, giovane donna; Martina Fioramonti, bambina; Ninni Sciandra, madre di Mazzini.
La colonna sonora è stata composta da Marco Valerio Antonini, che ha studiato composizione al conservatorio di Santa Cecilia, e frequentato Masterclass di musica per film con autori come N.Piovani e A.Di Pofi, collaborando con il Centro Sperimentale di Cinematografia, la NUCT e l’ACT a Cinecittà. Nel 2011 vince l’NCN Lab della Fond. Cinema per Roma, nell’ambito del Festival Internazionale del Film di Roma, con la musica per il corto “La legge di Jennifer”, di A.Capitani.
Il progetto “L’Alba della Libertà”, essendo di interesse storico- culturale, verrà presentato nei più importanti festival nazionali ed internazionali.

Giovedì 9 Febbraio alle ore 15,00 l’Associazione “Garibaldini per l’Italia” ha celebrato  il 163° della Proclamazione della Repubblica Romana del 1849 insieme all’Associazione culturale “Gruppo Laico di Ricerca” e all’ “A.N.P.I. “  presso il Musoleo-Ossario Garibaldino del Gianicolo, via Garibaldi 29/e – Roma

 

Sintesi del testo letto dal Presidente dei Garibaldini per l’Italia

Il logo dell’Associazione Garibaldini per l’Italia esprime ciò che vorremmo essere per il nostro Paese: volontari, attenti e vigili
I simboli sono importanti perché rappresentano l’universo dei valori e delle aspirazioni di tante persone; così il tricolore rappresenta i valori e le aspirazioni migliori degli italiani, di coloro che l’hanno ideato, di tutti noi e di coloro che verranno dopo di noi.  La bandiera è dunque sacra, perché in essa si sono riconosciute e hanno lottato, fino all’estremo sacrificio della vita, intere moltitudini di patrioti.
La camicia rossa che indossiamo con orgoglio è anch’essa un simbolo sacro perché incarna tutti i Garibaldini che hanno impegnato la loro esistenza per il bene comune e il progresso dei popoli.
Pertanto, essere garibaldini, oggi, non significa solo partecipare alle cerimonie celebrative di questa o quella ricorrenza, pur necessarie e indispensabili, ma rappresenta un duplice dovere: da un lato l’impegno a mantenere vivi e trasmettere ai giovani e meno giovani gli ideali risorgimentali, tutt’ora insuperati per ricchezza di valori e spinte innovative – e realizzati solo in minima parte – dall’altro il dovere di essere attivi e propositivi nella società complessa in cui viviamo con iniziative finalizzate al progresso civile e sociale del nostro Paese..
Per questo abbiamo bisogno di punti fermi di riferimento che abbiamo individuato nella centralità dell’essere umano, con i suoi doveri e i suoi diritti; nella Costituzione Repubblicana Italiana e nelle radici ideali nate dalla Costituzione della Repubblica Romana del 1849.

Oggi siamo appunto qui per fare memoria della Proclamazione della Repubblica Romana.

In questo momento di crisi della finanza mondiale, della politica e dell’economia nazionale, in questa Italia ove da anni la Costituzione e’ oscurata dal malaffare, dalla corruzione, dal camaleontismo politico, assume maggior rilievo la straordinaria stagione della R.R. del 1849, dei suoi valori  e delle sue finalita’. Gli ideali della R.R. non sono finiti 163 anni fa ma, paradossalmente, potrebbero essere  il nostro futuro

Dall’analisi dei documenti del gennaio 1849 che l’Associazione culturale Gruppo Laico di Ricerca ha messo a disposizione nelle conferenze  degli ultimi anni, si percepisce con maggiore evidenza la grandezza di quel momento storico e degli uomini che lo hanno animato.
Risulta infatti evidente la volontà, da parte dei Costituenti, di rivoluzionare lo Stato della Chiesa con segnali e provvedimenti importanti, come l’abolizione della pena di morte, l’abolizione della censura, l’abolizione del tribunale del sant’uffizio, della tassa sul macinato, l’abolizione del monopolio del sale, oltre all’istituzione del matrimonio civile, del ministero della istruzione pubblica, la riforma agraria,  la libertà di culto  religioso, valida soprattutto per i 3000 ebrei residenti nel ghetto.
Questi e altri provvedimenti furono realizzati in soli 5 mesi, ma soprattutto ci sorprende ancora oggi la volontà, da parte dei Costituenti, di educare il popolo alla sovranità che gli spettava. e di elevarlo moralmente e civilmente, stravolgendo le regole che fino ad allora lo avevano sottomesso per secoli. E proprio dal popolo è arrivata una delle spinte più forti alla realizzazione della Costituente attraverso le grandi adunanze popolari del 12 e del 15 gennaio ai teatri Metastasio e Tor di Nona in cui si propose per la prima volta la Costituente Italiana sulla base di quella Romana. Per cui possiamo affermare con sufficiente certezza che a Roma è nata l’Italia repubblicana che conosciamo, o meglio, che abbiamo conosciuto nel primo dopoguerra, dopo la Resistenza.

Possiamo imparare molto dalla Repubblica Romana ; e forse una delle lezioni più importanti che dovremmo ereditare è la responsabilita’; come, per esempio, sostituire la cultura del fatalismo con la cultura della prevenzione. Noi tutti cittadini dobbiamo essere consapevoli che la nostra azione quotidiana debba servire, con l’esempio, ad educare ed elevare il popolo.

Viva la Repubblica Romana, viva l’Italia

 

La prima rivoluzione è una rivelazione

Fai l’attore, fai l’autore, fai l’artista e poi quando hai finito i tuoi spettacoli, i tuoi libri, le tue mostre, le tue rappresentazioni cosa succede? Bisogna cominciare a andare nelle scuole, nelle scuole è molto tardi, nei licei è tardi, all’università è tardissimo, bisogna andare alle scuole elementari, è tardi anche alle scuole elementari, bisogna cominciare a andare negli asili nido, anche negli asili nido è tardi, bisogna andare durante il rapporto proprio a dire: ascolta, per poter raccontare un “r’acconto”, una narrazione non un dogma, nessun dogma è l’opera che preferisco. Non è più possibile in questo momento storico o antistorico che si voglia, accontentarsi del proprio mestiere, bisogna cominciare a fare il mestiere degli altri. Bisogna andare nei posti dove non si è voluti, non si è aspettati, non ho inventato niente, sicuramente qua dentro c’è chi lo fa prima di me e molto meglio di me. Bisogna cominciare ad andare nelle carceri e negli ospedali, non solo nelle piazze e poi vorrei aggiungere, ecco l’argomento che mi interessa di più. Non bastevole il tema del proprio mestiere, cominciare a andare nella piazza interiore, lo so che questa platea forse condivide parzialmente quello che dico, ma la prima rivoluzione è una rivelazione, quello di andare a vedere quanto cambio io, poi vado nella piazza e faccio ha rivoluzione, ma prima devi andare a vedere quanto tu sei responsabile di un cambiamento interno, lo chiamo cambiamento interno lordo, prodotto interiore lordo. Noi abbiamo delle piste di atterraggio molto corte, concetti come economia, morte, vita, malattia, razzismo, sono concetti jumbici, i Jumbosono aerei grandissimi e dentro hanno un sacco di passeggeri-idee. Questi concetti per atterrare richiedono a noi delle piste di atterraggio enormi, un Jumbo per atterrare ha bisogno di chilometri per poter atterrare, noi abbiamo delle piste corte, cortissime da atterraggio in verticale. Noi dobbiamo cominciare un’espansione che poi permetterà di andare a rivoluzionare, ed è già cominciata questa rivoluzione, voi ne sapete qualcosa più di me stando qua dentro ascoltando e vedendo questo Blog. Gli artisti narrano, non costringono e non educano anche se di sottofondo il tema del poter raccontare vorrebbe anche essere più forte, più energetico. Vorrei far sì che si cominciasse una mutazione, che si cominciasse a dire tutti i giorni, tutti i minuti… perché noi votiamo ogni ora, ogni minuto, ogni secondo, quando guardiamo un handicappato, quando usiamo l’acqua, quando sprechiamo, quando malediciamo, quando diciamo a una persona che ha un tumore: “Poveretto“, sono votazione, stiamo votando, siamo dentro l’urna, è un referendum continuo la giornata. Credo che internamente, anche artisticamente, antropologicamente, filosoficamente non dobbiamo avere paura di queste parole.

Personaggi morti ancora vivi
Io ho un mio Parlamento interiore, un governo interiore, che deve fare cultura tutti i giorni, non demandandolo solo a chi mi rappresenta, cioè a qualcuno di politico. La politica viene dopo e è importantissimo, anche il sociale viene dopo, anche il civile viene dopo, anche l’etica per assurdo viene dopo, prima viene una rivoluzione interiore,un grande cambiamento, devi avere dentro di te una massa di organi che votano, che decidono l’esecutivo, quelli che portano poi a avere un allargamento, ecco la vastità, fare voto di vastità significa questo: non accettare più essere piccoli, essere corti, essere limitati, non accettare più solo di imitare, parodiare, lo dico anche all’artista: “Devi cominciare a cambiare codici, cambiare linguaggio, regola ma internamente, devi cominciare a cambiare scrittura, devi andare altrove, senza dimenticare”… Non è una fuga assolutamente, anzi è uno scavo speleologico perché è da dentro, il problema della mafia è sì un problema politico ma l’ho detto e lo ripeto senza presunzione è anche un problema di anima. Quando parlo di anima non parlo di religione, voglio parlare di una condizione interna che se non cambia non puoi aspettarti nulla, allora vai negli asili a raccontare come è possibile un nuovo politico tra 30 anni, un nuovo magistrato tra 30 anni, un nuovo malato tra 30 anni, un nuovo medico tra 30 anni, un nuovo insegnante tra 30 anni, lo devi lavorare lì!
È una prevenzione mentale, è un concetto di grande fatica, di grande investimento. Le prossime generazioni beccano poco, devi andare a lavorare là per poter narrare una letteratura diversa, mancano i poeti, fatemi dire questa cosa retorica, parlo di una poetica, un amministratore delegato oltre al senso di giustizia, di onestà, deve avere anche un senso poetico, se sei un uomo largo capirai cos’è giusto, cos’è sbagliato, cos’è illegale e ci arriverei per una condizione interna che è sì culturale, antropologica ma è anche proprio di crescita ulteriore, non è più possibile solo andare in certe trasmissioni e parlare di etiche, ce ne siamo accorti da quando ci hanno portato via i risparmi, da quando ci hanno derubato e i neuroni che ci derubano. Le intelligenze, le coscienze è un altro furto, è un concetto anche interiore, è da lì dove nasce tutto, poi andiamo nelle piazze quando abbiamo cambiato, credo che lo dicesse anche Gandhi che saluto in questo momento perché so che ci sta ascoltando, esistono infatti personaggi vivi che sono già morti e personaggi morti che sono ancora vivi.
Era importante poter raccontare questo nei luoghi sbagliati, quali sono i luoghi sbagliati? Tutti, dove puoi farlo? Nella famiglia, dove puoi farlo? Nelle scuole, dove puoi farlo? Negli ospedali. Non puoi parlare di malattia quando ti colpisce, non puoi parlare di violenza sulle donne se sei una donna o se hai una figlia femmina, non puoi parlare della sicurezza stradale o delle morti del sabato sera se hai dei figli giovani, lo devi fare comunque, sono stufo di quelli che raccontano i casi di malasanità perché l’hanno subita, devo interessarmene io. Ecco il lavoro interiore, devo immedesimarmi, prendere “p’arte” entrare, non sono parole, le parole, se dietro non hanno un pensiero sono punte di iceberg, allora prima rivelazione e poi rivoluzione, non accettazione!

Agire interiormente
Il desiderio è dimenticare lo slogan, i giovani devono sognare di più, i giovani non stanno sognando, desiderano, vogliono, sono velleità, parlo di bisogni, necessità, è attraverso anche una dose di irrealtà, sembra irrealtà ma non lo è, che si arriva a conoscere e a pretendere di più dalla realtà.Non posso più andare in una trasmissione e usare gli stessi codici, le stesse parole, gli stessi modi di interpretazione per affrontare satiricamente, parodisticamente le cose, devo cambiare, noi non dobbiamo ricreare ricreazione, dobbiamo creare, inventare e questo lo chiedo a uno studente o a un bambino dell’asilo nido che comincia a guardare un corpo che può essere un corpo anche senza braccia, che comincia a guardare la pelle, i colori, le usanze, i modi di una persona a prescindere dal giudizio di quella persona, che comincia a rendersi conto che non esiste una religione solo, una medicina sola, un corpo solo, una donna sola, ma deve andare a allargare. Piste di atterraggio e concetti enormi e quindi dico anche davanti agli scandali delle prigioni, davanti agli scandali della sanità, non posso pensare solo a ciò che mi capita e quando mi capita. Io sono già colpito da ogni scandalo sulla sanità, da ogni scandalo sulla prigione, anche se non sono io il destinatario di quel danno, ormai l’abbiamo capito: se cade un albero in Amazonia presto ci sono dei problemi anche qua. Metaforicamente uno dice: “Ci sono degli alberi così lunghi ?” Non c’entra, è un concetto di energia che si sposta, tu sei lontano ma sei molto vicino a ciò che accade, non devi solo parlare di cronaca, quello che uccide è il morbo di Kronac, fatemelo ripetere fino alla noia, ormai l’ho detto mi annoio io a dirlo. Il fatto che si parli costantemente di comunicazione, il tema è la conoscenza, non come comunichiamo, non mi interessa come si parla in pubblico, se si parla con più congiuntivi, meno congiuntivi, voglio che ci sia dentro un senso, un concetto, una profondità, della ciccia, è un concetto antivegetariano del pensiero!
A questo punto non è una speranza, io la speranza non ce l’ho, la speranza è l’ultima a morire, a me non interessa chi è ultimo a morire, voglio sapere chi è il primo a rinascere, l’ultimo a morire lo vedo tutti i giorni, la televisione non va accesa, va guardata ma non accesa e l’ho già detto miliardi di volte, ormai noi dobbiamo fare un percorso ulteriore, il problema è il piccolo, l’innocuo, il semplice, non è innocuo il piccolo, è gravissimo, è delinquenziale, allora devi agire prima internamente, interiormente, non è una perdita di tempo. Divulgate, raccontate, parlatene e grazie di questa vostra pista di atterraggio che da chi vi vede sembra comunque abbastanza lunga!

Alessandro Bergonzoni
dal Blog di Grillo

 

“L’anima mi s’abbevera di tristezza, pensando al povero Popolo d’Italia, buono ma ineducato. D’onde mai avrebbe esso potuto desumere educazione? E, come tutti i Popoli ineducati, facile ai traviamenti, ai subiti sconforti, al dubbio su tutti e su tutto.”

 La riflessione di Giuseppe Mazzini, in questo incipit amaro della lettera a Francesco Crispi, scritta nel 1870 dopo aver preso atto del repentino cambiamento politico dell’ex garibaldino, è quanto mai attuale. Il trasformismo che da qualche secolo condiziona pesantemente il nostro DNA culturale, si manifesta ancora oggi in ogni aspetto della vita pubblica o privata del nostro Paese ed è la cartina di tornasole di un popolo ineducato; ovvero di un popolo privo di un’ossatura etica e civile, di una base solida su cui costruire l’avvenire.

 Di trasformismi e ruberie siamo tutti testimoni; eppure, malgrado lo sgretolamento progressivo di quel poco di società sana che ancora rimane nel nostro modello democratico, l’ineducazione ci impedisce di resistere perché siamo predisposti ai traviamenti, ai subiti sconforti, al dubbio su tutti e su tutto.

Dove sono coloro che hanno predicato per decenni la forza dell’associazionismo e l’affermazione dei diritti? I giovani che ieri, come Formigoni o Maroni, nelle piazze cantavano “libertà è partecipazione”, oggi, direbbe Mazzini, predicano inerzia, sommessione, fiducia illimitata nel principe, l’ateismo del lasciar fare a chi spetta.

Le parole di Garibaldi, poi, come sempre chiare e dirette, descrivono senza necessità di commenti la qualità di alcuni politici che dall’ottocento a oggi hanno sottomesso l’Italia:

Al governo della cosa pubblica poi, giacchè i padroni regnano o imperano e non governano, vi si collocano sempre coloro che ne son meno degni, od i più atti a governare, non volendo i despoti gente onesta a tali uffici, ma disonesti come loro, striscianti e corruttori parassiti, coll’abilità della volpe o del coccodrillo. Ciò non succede soltanto nelle monarchie dispotiche, più o meno mascherate da liberali, ma spesso anche nelle Repubbliche, ove gl’intriganti s’innalzano sovente ai primi posti dello Stato, ingannando tutto il mondo con ipocrisie e dissimulazioni, mentre gli uomini virtuosi e capaci, perché modesti, rimangono confusi nella folla, a detrimento del bene pubblico. (Giuseppe Garibaldi – da “I Mille”1874)

 Oggi abbiamo tutti un disperato bisogno di esempi positivi, di proposte rivoluzionarie e concrete che riconsiderino l’uomo al centro di tutto, con i suoi bisogni e le sue potenzialità, sottraendolo all’influenza del mercato che lo ha già da tempo declassato a ruolo di consumatore o a pura merce di scambio. Abbiamo bisogno di liberarci dalla schiavitù servile a questo o quel politico di turno, dalla mafiosità clientelare, dall’arroganza di chi detiene il suo piccolo o grande potere per interessi personali o per dominare le coscienze.

 Sempre Mazzini nella lettera a Crispi:

L’Italia nascente cerca in oggi il proprio fine, la norma della propria vita nell’avvenire, un criterio morale, un metodo di scelta fra il bene e il male, tra la verità e l’errore, senza il quale non può esistere per essa responsabilità, quindi non Libertà. L’Italia nascente ha bisogno d’uomini che incarnino in sé quel Vero nel quale essa deve immedesimarsi; che lo predichino ad alta voce, lo rappresentino negli atti, lo confessino, checchè avvenga, fino alla tomba.. Così si eviterà di piegarsi al giogo del primo padrone straniero o domestico, che vorrà inforcare di tirannide una Italia fiacca, irresoluta, sfiduciata di sé stessa e d’altrui, senza stimolo di onore e di gloria, senza religione di verità e senza coraggio di tradurla in opera.

 E allora ciascuno di noi diventi maestro e discepolo, con umiltà, dei figli della nuova Italia, nelle città e nelle campagne, nella scuola e nel lavoro. Ciascuno di noi scelga gli uomini migliori per amministrare il territorio e respinga con decisione i corrotti e i corruttori, gli affamati di potere e di denaro, i divoratori del bene comune.

Paolo Macoratti

 L’Italia deve risorgere subito da queste ceneri umane o sarà la fine della nostra cultura e della nostra identità.

Nel grande frastuono e nel chiacchiericcio mediatico, nella pletora di discorsi che si fanno con la scusa dell’emergenza, credo che l’emergenza sia già una forma di costruzione del potere per giustificare cose altrimenti ingiustificabili, ma se c’è l’emergenza,
allora dobbiamo giustificare, allora si continua a parlare di questa emergenza, si dicono cifre, dati, il lavoro, la disoccupazione e si è smesso tendenzialmente, ammesso che lo si sia mai fatto, di parlare delle questioni di fondo, delle questioni che attengono all’essere umano, nessuno si fa più le domande sulle questioni di senso, credo che una delle grandi devastazioni fatta alla nostra società, è la distruzione del senso, noi siamo affidati a una deriva di significati che non hanno più un orizzonte ampio, tutto è asfittico, tutto fluisce e credo che questa sia invece la grande questione, cos’è vivere una vita? Che significato ha l’esistenza di un essere umano, di una società di esseri umani su questa terra? Perché siamo qui? Come possiamo starci?
Siamo stati confinati progressivamente dentro un’asfittica gabbia economicista, ciò che conta sono solo i numeri dell’economia, la prima notizia che ci viene data è come si comportano i mercati, come reagiscono i mercati, noi teoricamente viviamo i sistemi democratici in cui andiamo a fare un rito sempre più vuoto di senso, che è quello dell’elezione, credendo di mandare a governarci delle persone sulla base di un programma. Il programma non si sa quasi mai, sappiamo delle chiacchiere televisive, non del programma. In realtà i cittadini elettori non hanno in gran parte la formazione culturale, gli strumenti critici per leggere un programma e per sapere costruire una differenza tra programma e propaganda, noi ascoltiamo propaganda elettorale, non programmi elettorali. Andiamo a fare questo rito svuotato dell’elezione, per poi scoprire che il nostro destino non sarà deciso veramente in fondo da quelli che abbiamo mandato lì o solo in parte, ma che esiste un coagulo di forze economiche chiamati “mercati” che decidono del destino economico di un paese e quindi del suo destino tout court, visto che oggi tutto è economia, ma noi non eleggiamo i mercati, noi li subiamo. Allora già questo ci dimostra che noi non siamo una reale democrazia, ma una democrazia molto formale e sostanzialmente fittizia, in particolare in Italia. L’Italia del berlusconismo è stata la cloaca dei sistemi pseudodemocratici d’Europa, il punto dello scarico, il pozzo nero della sua forma ridicola e nefasta, ma è un problema generale.
Adesso il berlusconismo sembra essere al suo crepuscolo, non lo sappiamo ancora perché ha catalizzato antichi vizi dell’italica gente e dell’italica politica, Il berlusconismo è il sintomo, la malattia è un’altra, è un coagulo di malattie che forma una patologia, conformismo, servilismo, opportunismo, “tengo famiglia”, che hanno portato l’Italia nel fascismo e 40 anni dopo hanno portato il berlusconismo. Allora è lì che bisogna andare a vedere. Ma per vedere le malattie profonde di un corpo sociale, bisogna porre la questione del senso, cosa significa un corpo politico? Ho scoperto, che uno dei padri della patria, Giuseppe Mazzini, del quale non avevo grande considerazione, trovavo indecoroso che un leader politico risorgimentale di quella che doveva essere una rivoluzione, nazionale, scrivesse come suo libro programmatico invece che dei diritti, dei doveri. Parlava di doveri a un popolo di contadini, braccianti, stremati da poteri brutali, arbitrari, aristocratici, oppressivi di cui erano sudditi.

Per questo non ho mai approfondito la figura di Mazzini, scopro casualmente, perché nessuno me l’ha insegnato a scuola, che Mazzini dice delle cose sconvolgenti sull’idea di patria e di nazione. Mazzini dice che una patria e una nazione non sono i confini, ma è un tessuto sociale in cui, in cui non ci sono privilegi, in cui gli uomini sono uguali di fronte alla legge, dunque è patria un luogo dove c’è la dignità del lavoro, dove a ogni essere umano è data possibilità con le sue capacità d’opera di costruirsi una vita uguale a quella degli altri per dignità e per diritto. Questo è un senso, altrimenti cos’è un paese? Per esempio cos’è per Silvio Berlusconi un paese come l’Italia? La sua cultura?No. Cos’è in fondo l’Italia di Berlusconi? Una serie di aziende che dovrebbero essere libere di fare i cazzi propri, anche di malversare, di evadere la legge e di evadere le tasse! Perché un’Italia così ha potuto passare presso i cittadini? Perché l’idea di appartenere a un paese, a un tessuto sociale, quel senso che è stato costruito nella nostra Costituzione repubblicana è andato totalmente perduto in una parte molto consistente dei cittadini italiani, così malconci dal punto di vista dello status di cittadinanza che ti garantisce dignità sociale e politica, che non conoscono neanche l’Art. 1 della Costituzione: “Il fondamento, l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”, perché solo se c’è lavoro e se c’è dignità sul lavoro, noi possiamo parlare di democrazia, senso, ma questo è stato completamente distrutto a favore della flessibilità, dei Co. Co. Co., dell’interinale, dell’innalzamento dell’età pensionabile e degli affari di lor signori.
Dunque l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, senso, ma l’articolo non finisce qui, dice: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”, quanti in Italia sanno che sovrano non è il popolo, ma è la Costituzione, proprio per evitare le derive populiste che rischierebbero di riportare dittature. Silvio Berlusconi e i suoi cortigiani e sgherri non hanno fatto altro che ripetutamente parlare di sovranità popolare, senza sapere quello che dicevano, oppure sapendolo, ma i cittadini che li votavano ci hanno creduto, perché? Perché non sanno qual è il senso profondo su cui la nostra democrazia è stata fondata.
La nostra democrazia fa riferimento a un senso ancora più lontano che viene addirittura dall’origine dei monoteismi, quando l’idolatria del potere è sconfitta da una narrazione. Gli esseri umani sono tutti uguali perché hanno un solo padre e una sola madre. Visto che Dio è padre e madre, è un’intuizione poderosa, è un lungo cammino di senso, che demolisce il non senso del potere, il significato del potere che è oppressione, è arbitrio sugli uomini e lo sostituisce con la centralità dell’uomo e della vita, della dignità, della sacralità, della santità, dell’uguaglianza e dell’autonomia di ogni essere umano rispetto al potere.
Ma questo senso è qualcosa sul quale noi non discutiamo, se non in Festival sulla spiritualità, o i Festival sulla letteratura, ma non ne sentiamo discutere nella nostra televisione. Questo senso, quando sentiamo parlare di lavoro, ci dovrebbe portare a parlare del lavoratore, dell’essere umano che è il lavoratore, noi sentiamo parlare di troppo carico pensionistico, cassa integrazione, naturalmente Art. 18 sì, Art. 18 no, ma gli uomini? Non parliamo dell’uomo, cos’è la vita? Il lavoro non dovrebbe essere il tempo – spazio in cui un essere umano costruisce un progetto di sé, per sé, per la sua famiglia, per la società, non è più questo, parliamo di numeri, non parliamo di uomini. Ci siamo occupati dei tiramenti priapici di un omino piccolo, piccolo per 17 anni, ma non ci occupiamo dell’umanità di questo nostro paese e della nostra Europa. La vita degli esseri umani non ci interessa? La vita del pianeta non ci interessa? Diventiamo sovversivi se chiediamo che al primo posto venga messa la centralità dell’essere umano, della vita sul pianeta, del mondo animale, del mondo vegetale, del nostro habitat, della costruzione di futuro. Non siamo più neanche in grado di piantare alberi per il futuro, i nostri contadini piantavano alberi di cui non avrebbero visto i frutti né loro, né i loro figli, ma i loro nipoti. Noi non siamo più in grado di fare questo, perché? Perché abbiamo alterato il senso stesso della vita.
La mancanza di cultura
Steve Jobs che era un uomo davvero di profondità di visione, al di là del giudizio che se ne possa dare, dice che la morte fa parte della vita, perché costruisce. La morte è l’evento che costruisce il nuovo spazio alla vita e il fatto che la vita evolva per avere un suo ciclo e senso.
Per cui se questo accade, se c’è il senso della vita, i giovani trovano spazio, ma quando dei vecchi indegni si tirano come dei palloni e cercano di avere, o perlomeno dichiarano, perché poi “de facto” non ce l’hanno, un’attività sessuale da diciottenne, è chiaro che è una catastrofe per l’alleanza intergenerazionale che dovrebbe essere un passaggio di testimone, una collaborazione in cui ciascuno svolge il suo ruolo, non si tratta qui di dire “Largo ai giovani”. Si tratta di ripristinare l’alleanza tra generazioni perché è questa che costruisce il senso, è questa che dà senso alla vita.
Noi siamo arrivati a una situazione in cui è stato completamento cortocircuitato il senso dell’esistenza e perché avvengano i fenomeni sociali politici e economici virtuosi, si restituisca la parola al senso e che si dibatta di senso e dell’orizzonte di senso che vogliamo darci, perché altrimenti ricadremo negli stessi vizi. Il problema non è il berlusconismo, Berlusconi è un uomo di 75 anni, potrà forse viverne 85/90, se ne va prima o poi, il problema è perché Berlusconi ha potuto fare quello che ha fatto e i politici che verranno sono il problema, faranno subito la legge sul conflitto di interessi? Faranno una nuova legge sull’informazione? Metteranno la questione culturale nei primi posti dell’agenda politica? Perché le vere questioni sono culturali, non politiche, il berlusconismo è stato prima di tutto una questione culturale. Berlusconi ha imposto la sua sottocultura televisiva, la cultura di tette e culi e di tutta questa roba, poi vincere le elezioni è stato schioccare le dita! E non c’era nessuna preparazione a contrastare questa cultura da parte dell’opposizione, perché la questione culturale non è nell’agenda. La questione culturale è la madre di tutte le questioni, perché c’è un problema di cultura politica, di cultura economica, non solo la cultura tout court.
Dico sempre: togliamo all’Italia Dante. il melodramma, le sue bellezze monumentali, il Rinascimento etc.. Togliamo tutto il cinema, Fellini, vendiamolo ai giapponesi non è più nostro, che cos’è l’Italia? Con tutto il rispetto per l’impresa? Cos’è il tondino metallico di Brescia? È questo che fa l’Italia? Siamo arrivati al punto che un Ministro della Repubblica si è permesso di dire che Dante non si mette nei panini e questo non ha provocato scandalo. Se in Francia un Ministro della Repubblica avesse detto Rassin o Proust non si mette nei panini, non mostrava più la faccia fuori casa.
Allora è questione di senso e questione culturale che ci permette di attivare nei nostri cittadini gli strumenti critici che poi permettono di scegliere, perché è evidente che c’è un vastissimo strato della nostra popolazione che non ha strumenti critici per valutare la realtà e che vota sulla base del sorriso del candidato, o balle spaziali che racconta perché dispone di televisioni. Io dico sempre scherzando, ovviamente è una battuta, che se avessi avuto i mezzi di Berlusconi sarei riuscito nel giro di due o tre anni a far sventolare la bandiera rossa sul Vaticano con il consenso del Papa, naturalmente è un iperbole e una battuta. Ma perché si è lasciato tutto questo? Perché mancavano nella classe politica gli strumenti culturali e gli strumenti critici per capire quale era la questione delle questioni e ancora oggi si parla di fiera del berlusconismo ma non si parla, come si dovrebbe parlare di legge sul conflitto di interessi, ma non basta, anche di una legge sull’informazione che impedisca a un solo uomo di avere tanto potere mediatico. Perché? Perché ancora ci si affida all’improvvisazione, all’emergenza, non si ha quell’orizzonte di senso che ti permette di riflettere sulle leggi che devi varare per costruire un orizzonte di dignità e di rispetto dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge.
Grazie per l’ospitalità e spero che non sia l’ultima volta.

Moni Ovadia

(tratto dal Blog di Beppe Grillo il 21/11/2011)

Segnaliamo due articoli apparsi in questi giorni sul Blog di Beppe Grillo 

Fissiamo il dito e non vediamo la luna. Monti è il dito, la luna è la Terza Repubblica. Il mondo che verrà non appartiene a Napolitano, a Letta o a Monti per ragioni di età e di pensiero. Le nuove generazioni ricostruiranno il Paese o lo distruggeranno in modo definitivo. L’attuale classe politica è un puro effetto ottico, come quando nella pupilla permane a lungo la luce di una lampada. Dobbiamo toglierci gli occhiali e guardare la realtà con nuovi occhi. Un’Italia senza più i vecchi punti di riferimento porterà incertezze, spaesamenti, paure, ma anche grandi opportunità di cambiamento. In questi anni abbiamo vissuto, come popolo, non al di sopra delle nostre possibilità, come si dice comunemente, ma al di sotto delle nostre possibilità. Siamo così abituati al degrado che lo diamo per scontato, ineluttabile. Se non crediamo in noi stessi perché dovrebbero crederci gli altri? Uno dei danni più gravi del ventennio breve berlusconiano è stata l’espulsione dei capaci e degli onesti dalle Istituzioni, dalle grandi imprese, dall’informazione, dalle banche, da qualunque settore che potesse disturbare i manovratori. E’ necessaria una disinfestazione a ogni livello dei collusi, degli incapaci, della mano morta dei partiti. Dalle municipalizzate al Parlamento. E’ l’ora del repulisti. C’è un sentimento cupo da “Si salvi chi può” con la corsa alla mattonella in cui nascondere i propri risparmi e l’incertezza sul futuro. Invece dovremmo benedire questa crisi. Senza non sarebbe cambiato nulla, invece ora può cambiare tutto. Dalle collanine e brillantini falsi che ci hanno accompagnato in questi anni non poteva nascere nulla, dal default può nascere un fiore.
Il fallimento dell’euro è una benedizione, distruggerà la partitocrazia. I leader sono una montagna di merda, i partiti sono morti. Gli italiani per capirlo hanno bisogno di uno shock che sta per arrivare. Stiamo entrando in un nuovo mondo che, se vogliamo, possiamo ricostruire dalle fondamenta, come altre volte è successo nella Storia. Siamo abituati. “Per arrivare all’alba non c’è altra via che la notte” (*) e la notte sta finendo. Come sarà il nuovo giorno dipende solo da noi. Nessuno può chiamarsi fuori o dire “Tanto non cambia nulla in questo Paese“. Questa è la mentalità dei servi. Comincia tu! Ognuno vale uno, ma chi non partecipa vale zero. Il Programma del M5S è figlio del futuro. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.

Le elezioni in questo momento, con questa legge elettorale, sarebbero una sciagura. Monti non è stato eletto da nessuno. E’ stato nominato da Napolitano. Il Parlamento a sua volta non è stato eletto da nessuno. E’ figlio di una legge elettorale incostituzionale. Il Parlamento è stato nominato dai segretari di partito. Napolitano è stato eletto dalle camere riunite elette da nessuno. Napolitano è stato quindi nominato dai nominati. Questa è la situazione che può essere modificata solo da una nuova legge elettorale. La proposta di legge popolare “Parlamento Pulito” giace ancora, dopo più di quattro anni, in Commissione Affari Costituzionali, sarebbe sufficiente applicarla prima delle elezioni per ripulire Camera e Senato. Nessuno ne parla, nessun partito la vuole.
Le elezioni con un periodo di almeno quattro mesi di non governo prima del voto equivalgono a dichiarare default. Chi le vuole lo sa, ma se ne frega. Una lista di nominati e un pugno di poltrone valgono più di una messa. Assicurano la sopravvivenza politica a partiti in decomposizione che ci dovremmo “democraticamente” tenere per altri cinque anni. Per quel che vale scriverò una lettera aperta a Monti e gli proporrò un incontro per chiedergli di mettere all’ordine del giorno la riforma elettorale firmata da 350.000 cittadini e le proposte di tagli a costo zero emerse dal sondaggio del blog.
Chi grida alle elezioni è come un comandante di una nave che di fronte all’iceberg fugge con le scialuppe di salvataggio. Non sono praticabili. Affosserebbero le classi più deboli. Lo spread con il Bund schizzerebbe a 1.000 e l’interesse sui titoli di Stato eguaglierebbe quello greco. Un tanto peggio per i cittadini, tanto meglio per i partiti. L’Argentina sembrerebbe una passeggiata. Monti non è la soluzione, qualcuno da accettare turandosi il naso, come diceva Montanelli per la Democrazia Cristiana. E’ figlio del suo ambiente, amico di banchieri, frequentatore dei salotti buoni. Un liberista che è rimasto a guardare lo sfascio economico senza mai esporsi troppo contro il Sistema. L’unica alternativa a Monti, in un Paese dove le elezioni sono palesemente anti democratiche, è la rivoluzione. Ma l’Italia non ha oggi la consapevolezza, né la forza per attuarla. Il Sistema va scardinato dall’interno. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.

 

In questo angoscioso settembre 2011, uniti nella difficoltà di individuare riferimenti politici su cui poter contare per riscattarci dal profondo abisso in cui siamo scivolati, sentiamo la necessità di lanciare dal nostro osservatorio garibaldino un forte grido di allarme e di riscossa.

 Le vicende risorgimentali ci hanno insegnato a riconoscere i segnali inquietanti che l’esercizio del potere, non finalizzato al bene della collettività, trasmette al popolo sotto forma di oppressione politica, ideologica, economica e sociale. Nel periodo pre-risorgimentale, la distanza tra le classi dominanti e la gente comune, che si manifestava attraverso l’operato di una miriade di feudi e centri di potere minori, era ben riconoscibile da tutti,  sebbene le cause che nei secoli ne avevano determinato la formazione fossero attribuite più ad un fatale destino che alla consapevolezza di una reale assenza delle più elementari libertà civili.

 Oggi, malgrado la possibilità di utilizzare sofisticati congegni di comunicazione e d’informazione con i quali poter leggere criticamente la realtà politica e sociale del nostro Paese, ci troviamo paradossalmente in una situazione più complessa di quella pre-unitaria: all’assenza di discernimento che ha portato alla ribalta politica personaggi culturalmente squalificati, si è aggiunta una classe dirigente per lo più corrotta e collusa con il malaffare; i privilegi non sono cambiati, né l’arroganza del potere e neppure i servi e i faccendieri a servizio del sovrano di turno. C’è però una differenza sostanziale, con il passato, che ci costringe a riflettere con più severità sul presente: la nostra incapacità di sottrarci al dominio del denaro, all’uso della mafiosità sociale e ancor di più famigliare, radici d’annebbiamento delle coscienze e generatrici d’egoismo. E’ un problema di educazione e di formazione non ancora risolto.

 Le vicende degli ultimi anni, stracolme di episodi intollerabili d’inciviltà etica e politica, non hanno ancora acceso, nell’Italiano-medio, il sacrosanto diritto alla ribellione per tanto scempio: dal vilipendio alla bandiera alla violazione quasi giornaliera della Costituzione repubblicana; dalle regole infrante della convivenza civile all’assenza di rappresentanti eletti direttamente dal popolo in Parlamento (legge porcellum). E’ triste constatare come l’Italiano-medio,  indignato a parole, si mobiliti solo quando vede il pericolo aggirarsi intorno alle sue tasche!

 Il risveglio delle coscienze sollecitata dal Pensiero di  Mazzini e dall’Azione di  Garibaldi  che infiammarono nel 1848 i cuori di una limitata parte di Italiani, per lo più istruiti e appartenenti alla piccola e media borghesia, sovvertì il dogma del potere dell’uomo sull’uomo, riconducendo la civiltà a equilibri sociali più tollerabili. Potremo noi sovvertire il dogma del potere e del denaro e ridare dignità ad un popolo “calpesto e deriso”, quale oggi siamo diventati ?

Il grido d’allarme è stato già lanciato da una nuova generazione di Italiani; ora non ci resta che farci coraggio e andare alla riscossa !

 

Gli anni passano; i mesi, i giorni,  perfino le ore che cadenzano le nostre vite sono testimoni   dello scempio costante che si è fatto, si fa e si farà della bellezza italica. E’  il  colpevole silenzio, di cui ognuno di noi è responsabile, che ci addolora di più; quel silenzio di tomba che non riesce a rompersi nemmeno in presenza di una crisi socio-culturale di portata catastrofica, come quella attuale.

La giornalista Roberta De Monticelli ci fa riflettere su questo suicidio italiano, attraverso il pensiero di Camus sul valore della Giustizia, intesa come “esatta misura del dovuto a ogni essere”.

Dalla Val di Susa alla Sicilia, dall’Altopiano a Pantelleria, dalle isole toscane al Salento il paesaggio naturale e il paesaggio storico della penisola sono sottoposti a dissipazioni, cementificazioni e sconvolgimenti artificiali che non solo hanno aumentato la loro scala e intensità negli ultimi vent’anni in modo esponenziale, ma vedono proprio ora un’accelerazione improvvisa, a dispetto di ogni crisi, come se ci fosse nell’aria un presagio di diluvio incombente e un’esplosione come di furia rabbiosa, una sinistra pulsione a rapinare tutto quello che si può, finché si è in tempo. Ho accennato a disastri di genere diverso: c’è l’opera di Stato, difesa dall’esercito contro la popolazione locale, senza che un solo argomento ragionevole, in mesi e mesi di polemica, sia stato avanzato dai suoi sostenitori bipartisan (e nonostante libri interi di argomenti contrari e relative cifre, economiche e gestionali oltre che ecologiche, siano inutilmente a disposizione del pubblico); ma ci sono anche le rapine multinazionali di quelli che vanno a trivellare a un costo ridicolo il Mediterraneo sotto Lampedusa, alla ricerca del petrolio, con i rischi enormi denunciati recentemente da Luca Zingaretti su Repubblica.

Ci sono gli scempi dei litorali, beni pubblici per eccellenza regalati dai comuni e dalle regioni ai privati e alle mafie, alcuni dei quali, ad esempio in Toscana, denunciati a più riprese da Salvatore Settis sulla stampa nazionale, come molti altri dalla Liguria alla Calabria lo sono quotidianamente da Ferruccio Sansa su questo giornale. In Toscana del resto Altiero Matteoli dopo aver imposto, a prescindere dal tracciato successivo ancora da decidere, l’enorme cantiere del pezzetto dell’autostrada “Spaccamaremma” che sta sotto casa sua (a Cecina), si avvia nel silenzio generale a metter le mani dei lottizzatori su quel gioiello del Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano che era l’isola di Capraia. Nel Lazio è appena stata approvata una normativa che permetterà di costruire trentacinque cosiddetti porti turistici nell’arco di un centinaio di chilometri, come fossero distributori di sigarette.

Ma le migliaia e migliaia di stupri consumati in ogni angolo del Belpaese resteranno probabilmente ignoti ai più, come quello, criminoso, che prevede un immenso parcheggio dove erano solo erba e silenzio d’alta quota, in quel paesaggio di Marcesine di cui Meneghello scriveva – ne I piccoli maestri – che “Le forme vere della natura sono forme della coscienza”. “La nostra epoca ha nutrito la propria disperazione nella bruttezza e nelle convulsioni (…). Noi abbiamo esiliato la bellezza, i Greci per essa hanno preso le armi”. Così scriveva Albert Camus nei suoi Saggi letterari. È un tema profondo della riflessione di Camus, che viene dal suo studio della tradizione neoplatonica e dal suo amore per Simone Weil. Ma oggi la realtà fa riemergere l’idea di bellezza con la prepotente attualità delle catastrofi. Oggi e qui, in Italia, si sta consumando il più gigantesco crimine contro le anime che la nostra storia – tutta intera – ricordi. La distruzione della bellezza è un crimine senza pari, un crimine di cui in troppi siamo complici: con questa tesi, che ora cercherò di illustrare, vorrei rilanciare la riflessione aperta dal mirabile articolo di Roberto Gramiccia, “Bellezza e rivoluzione: il mondo ha bisogno di entrambe” (Liberazione, 24/07/11).

Oltre a Camus, Gramiccia cita James Hillmann, che in due opere recentemente tradotte, La politica della bellezza e La risposta estetica come azione politica, coglie a distanza di sessant’anni la stessa idea – il nesso fra bellezza e rivoluzione, postulato da entrambi. “La bellezza, senza dubbio, non fa le rivoluzioni. Ma viene un giorno in cui le rivoluzioni hanno bisogno di lei” scriveva Camus. Gli fa eco Hillmann: “Se i popoli si accorgessero del loro bisogno di bellezza, scoppierebbe la rivoluzione”. Eppure quando si parla di rivoluzione non si centra a mio avviso il cuore della tragedia che stiamo vivendo, che è anche la ragione per affermare che viene commesso un crimine senza pari, o forse paragonabile a quello degli istigatori di quegli spaventosi suicidi di massa cui la storia dell’Occidente ha assistito al tempo delle rapine coloniali. La distruzione della bellezza è come un suicidio di massa delle nostre anime. E i morti non fanno una rivoluzione: né politica, né tanto meno interiore.

La rivoluzione cui ci invitava Camus è un’interiore rinnovata guerra di Troia, per liberare la bellezza – Elena che ne è simbolo. “Il viso amato, la bellezza insomma, è questo il terreno su cui ci ricongiungeremo ai Greci… Ammettere l’ignoranza, rifiutare il fanatismo, porre limiti al mondo e all’uomo”. Guai a leggere in questa metafora un atteggiamento estetizzante. C’è veramente il cuore del pensiero greco, invece: la bellezza, cioè l’ordine del cosmo, è la forma visibile della giustizia.

Camus ci chiedeva di non relegare la giustizia nelle mani degli ideologi, o anche soltanto dei filosofi politici, per non parlare dei politici di mestiere, dei capipartito o dei sindacalisti. Tutte queste persone vedono solo alcuni aspetti della giustizia. Non ne vedono il fondo, cioè il valore che la giustizia è, come esatta misura del dovuto a ogni essere: il rispetto agli umani, il respiro ai viventi, la pietà alla memoria dei padri e alla loro eredità, la custodia ai beni comuni, la difesa ai paesaggi storici, che sono il nostro stesso volto, la nostra identità culturale e spirituale. “Quando la giustizia perisce, non ha più alcun valore l’esistenza degli uomini sulla terra” – scriveva Kant. Ma la bellezza è lo splendore di ciò che è prezioso, è l’essenza del valore che si fa visibile. Ecco: come possiamo sentire, percepire che la nostra esistenza non ha più valore se abbiamo ucciso in noi il sentimento della bellezza, se non soffriamo più di fronte alla sua distruzione? Per questo quella cui stiamo assistendo è la tragedia del suicidio morale di una nazione. Per questo tutti gli istigatori di questo suicidio stanno commettendo un crimine senza pari. 

Roberta De Monticelli

Il Fatto Quotidiano del 23 Agosto 2011

 

L’iniziativa di Balzani, Casadei, Ridolfi e Mattarelli, che qui riportimo come appello, ha avuto l’immediata adesione dei “Garibaldini per l’Italia”.  Non possimo astenerci dal criticare aspramente il contenuto della proposta governativa che sceglie pretestuosamente lo spostamento delle festività civili per incrementare i tagli alla spesa pubblica. Il fine è fin troppo ovvio, visto che le festività religiose non vengono minimamente toccate dal provvedimento:  nè Berlusconi, nè tantomeno la Lega, come hanno dimostrato in più di una occasione, ritengono  utile occuparsi dell’identità nazionale che tali date evocano, essendo più inclini, il primo, alla identificazione della Resistenza con il Comunismo (potere dell’ignoranza o perversità della malafede), la seconda allo smembramento costante dell’identità nazionale. Abolire di fatto le date più significative della nostra storia di liberazione dallo straniero e dal nazi-fascismo, intese come continuità ideale tra Risorgimento e Resistenza,  è forse l’atto più anti-italiano concepito da un governo repubblicano, a partire dal dopoguerra fino a questo agosto 2011 .

 

FESTE CIVILI

  La soppressione delle feste civili, contenuta nelle misure straordinarie di finanza pubblica del Governo di questo agosto, è un colpo molto duro inferto al già precario equilibrio simbolico su cu si regge l’identità della Repubblica. Noi, benché convinti che atti di sobrietà e di austerità siano inevitabili, dati i tempi calamitosi in cui viviamo, riteniamo che l’abolizione delle festività del 25 aprile, del Primo maggio e del 2 giugno produca gravi conseguenze sia sul piano della coesione civile, sia sulla produttività della società italiana, a forte vocazione turistica e culturale. Non si comprende, in particolare, perché la questione non abbia riguardato l’intero assetto dei giorni festivi del nostro paese, escludendo a priori quelli religiosi e quindi prevedendo, se del caso, una temporanea sospensione degli effetti del Concordato, da definire con la S. Sede. E’ infatti importante trattare gli spazi di festa collettiva non solo come occasioni di riposo o di svago, ma come espressione di una sensibilità comune verso temi, figure eventi della tradizione, laica o religiosa che sia. Di qui l’esigenza di un ragionamento intellettualmente onesto, che non sia solo l’esito involontario dello zelo di qualche anonimo tecnico economico ministeriale. Non si può, del resto, non rilevare come – sul piano politico-istituzionale – lo spostare alla domenica successiva la celebrazione della sconfitta del fascismo, della nascita della Repubblica e di quel lavoro che la Costituzione pone a fondamento dell’Italia costituisca, di fatto, la negazione di quel patriottismo costituzionale e di quella idea di democrazia sociale su cui si è costruita e sviluppata la miglior storia della nostra Repubblica.

Per queste ragioni lanciamo un appello, aperto a tutte le cittadine e i cittadini italiani/e, affinché il governo receda dai suoi propositi.
Roberto Balzani (Univ. di Bologna, Sindaco di Forlì), Thomas Casadei (Univ. di Modena e reggio Emilia), Maurizio Ridolfi (Univ. della Tuscia, Viterbo), Sauro Matterelli (Pres. Fondazione A. Oriani, Ravenna)

si può esprimere il proprio dissenso firmando al seguente link:
http://soppressionefestecivili.blogspot.com/

Riportiamo questo articolo di Paolo Flores D’Arcais perchè riteniamo abbia centrato il problema delle cause prime del malessere sociale che ormai pervade l’Intera Europa.

L’Europa ribelle
L’Europa non è il Maghreb, i governi d’establishment delle democrazie in crisi non sono comparabili ai dispotismi dei Ben Alì, Mubarak, Gheddafi (per non parlare di Assad), e dunque le rivolte del Nordafrica non hanno alcuna probabilità di ripetersi nel Vecchio continente. Ma è accecante cecità quella del primo ministro Cameron che di fronte alle fiamme di Tottenham sentenzia: “Pura criminalità”. Ci sono certamente anche i delinquenti, come sempre accade nei momenti torbidi. Ma c’è innanzitutto la rabbia e l’esasperazione di chi (masse, ormai. E soprattutto crescenti. E in primo luogo giovanili) è stato escluso dalla cittadinanza democratica, e infine dalla stessa speranza di accedervi. Perché la democrazia implica diffusa mediocrità di ricchezze, come già insegnava Rousseau, e non può reggere a lungo la dismisura tra l’opulenza sempre più sfacciata (e spesso proterva di illegalità) degli “happy few”e l’orizzonte di neo-povertà che inghiotte ex ceti medi e avvelena la condizione giovanile.L’esclusione dal benessere è diventata anche esclusione dalla cittadinanza, poiché la politica è ormai ovunque autoreferenziale, “cosa loro”, proprietà degli establishment, che non a caso privatizzano ogni bene comune e distruggono il welfare. Questa miscela esplosiva è all’origine delle ondate di collera popolare in Grecia, degli “indignados” in Spagna, e può solo espandersi e radicalizzarsi. Chi è respinto dall’unica comunità che in democrazia dovrebbe esistere, quella dei cittadini Eguali, cerca identità e illusorio risarcimento nell’etnia, nella religione, nella gang, ma la radice che alimenta la rivolta è sociale: il furore contro una disuguaglianza che ha travolto ogni umana decenza.

Che rispetto merita la polizia (l’ordine sociale) quando il capo di Scotland Yard si è dovuto dimettere per le tresche con i corruttori e ricattatori del non-giornalismo di Murdoch? E da che pulpito Cameron – di quel marciume mallevadore e beneficato – può gridare ai “criminali”? E perché mai sentirsi “nella stessa barca” quando si taglia sulle pensioni e sugli asili per ingrassare i Mackie Messer dell’intreccio affaristico-politico-criminale?
Quote sempre più larghe di “cittadini” sono oggi esclusi in Europa dal benessere, dalla rappresentanza, dalla speranza. La loro rabbia è sacrosanta. Ma le rivolte rischiano di restare “jaqueries” senza sbocchi, addirittura manovrabili dai nuovi fascismi, se i movimenti sociali non si attrezzeranno a diventare anche soggetti politici ed elettorali: la sinistra libertaria oggi inesistente.

Il Fatto Quotidiano, 10 agosto 2011

Riportiamo il comunicato stampa dei componenti il Forum ex art. 26 (riabilitazione per i portatori di handicap), unendoci alla protesta per i tagli operati dal Governo e dalle Regioni, con particolare attenzione a quelli della Regione Lazio, che ricadono sui disabili e le loro famiglie.

(Vedi filmato: https://www.garibaldini.org/2011/06/appello-forum-ex-art-26-riabilitazione/ )

COMUNICATO STAMPA FORUM EX ART. 26

Vi rivolgiamo un appello: molti dei nostri concittadini rischiano di perdere l’assistenza e la riabilitazione riconosciuta fin dagli anni ’ 70 come un loro diritto inalienabile.
Parliamo delle persone definite “disabili.”
Come è noto, il commissariamento della regione Lazio prevede ingenti tagli al denaro stanziato dal governo per la riabilitazione e la lungo degenza e, nello specifico, prevede una forte
riduzione delle rette assegnate ai centri ex art. 26 che gestiscono la riabilitazione territoriale.  Questo comporta il  peggioramento della qualità di vita e la cancellazione dei diritti fondamentali delle persone più deboli: disabili intellettivi, motori, psichiatrici, anziani, malati cronici….  Se verrà a mancare il sostegno economico ai centri di riabilitazione ci sarà una drastica riduzione dei posti letto, delle terapie, degli ausili, dell’assistenza medico-sanitaria e, di conseguenza la diminuzione dei posti di lavoro, dei progetti di reintegrazione sociale e la dequalificazione degli interventi riabilitativi e assistenziali.  Le famiglie saranno costrette a farsi carico delle spese e degli oneri che il servizio pubblico non intende più sostenere.

La politica dei tagli colpisce tutti coloro che versano in situazioni sociali, psicologiche e economiche già compromesse  negando loro il diritto di cittadinanza.
Questi, in sintesi, sono gli aspetti concreti legati alla crisi economica in cui versa il paese, ma dipendenti soprattutto, da scelte politiche inadeguate. La questione porta necessariamente con sé una riflessione di ordine etico e morale:  una società, che non si occupa di tutelare i diritti e la dignità di ogni persona, non può ritenersi civile, e una politica, che non metta al primo posto scelte che migliorino la qualità di vita di ogni individuo, e che non punti ad abbattere le disuguaglianze sociali, non assolve il suo compito primario. Ecco perché deve essere  coinvolta nel problema tutta la società civile.

In questi giorni il Consiglio Regionale del Lazio sta votando l’assestamento di bilancio. Sappiamo che sono stati presentati alcuni emendamenti a sostegno dei Centri ex art.26.
CHIEDIAMO A TUTTI I CONSIGLIERI  REGIONALI DEL LAZIO DI PRESENTARE EMENDAMENTI IN MERITO O MODIFICARE/VOTARE QUELLI GIA’ PRESENTATI.FORUM EX ART.26

In questi ultimi anni, malgrado le ricorrenze istituzionali che dal 2007 al 2011 hanno fatto riaffiorare personaggi e storie del Risorgimento Italiano, si è riscontrato nella popolazione un generale e consistente calo d’interesse per quelle figure fondamentali della nostra storia che nell’immediato dopoguerra avevano assunto, soprattutto in ambito scolastico, un ruolo importante di riferimento culturale. Se le cose fossero andate diversamente, il mito di Giuseppe Garibaldi  avrebbe potuto essere sostituito da una costruttiva riflessione sull’uomo, sul condottiero e sul politico. E’ accaduto invece che le potenziali risorse che avrebbero potuto trasmettere alle giovani generazioni valori e ideali di base su cui costruire nel tempo una più solida identità nazionale, hanno assunto sempre più i connotati di una pura idealizzazione retorica; molto celeste e poco terrena.

Constatiamo così che personaggi come Mazzini e Garibaldi, veri Padri della Patria, che dovrebbero essere attentamente e costantemente studiati e approfonditi nelle scuole, e non salire solo alla ribalta nelle celebrazioni di questo o quell’anniversario, sono oggetto di interesse e di studio oltre i confini dell’Italia.

Testimonianza reale di questo paradosso è l’associazione Garibaldina Tedesca “Garibaldi Gesellschaft Deutschland”, fondata dal Dott. Thilo Fitzner, docente di teologia e responsabile delle politiche di formazione e istruzione presso l’”Evangelische Akademie Bad Boll”, che ne è il Presidente. Il dott. Fitzner e un gruppo di “volontari” tedeschi, appassionati dell’epopea garibaldina e delle gesta di Garibaldi, si sono organizzati e hanno affrontato un viaggio in Italia ripercorrendo l’itinerario dell’impresa dei Mille. Giunti a Roma hanno preso contatto con alcuni membri della nostra associazione e hanno costituito il 19 Marzo 2010, una volta tornati in Germania, la suddetta “Garibaldi Gesellschaft Deutschland”. Nel logo dell’Associazione, alla figura dell’Eroe dei due Mondi, è stata affiancata l’indimenticabile Anita, e i loro due cuori palpitanti ci parlano ancora d’amore e libertà.

  

L’associazione “Garibaldini per l’Italia” è lieta di accogliere i membri tedeschi della “Garibaldi Gesellschaft Deutschland” come fratelli, e auspica che nel futuro si possano consolidare i contatti e gli scambi culturali tra le nostre associazioni, nello spirito del progresso e della libertà dei popoli.

Paolo Macoratti                                                                                                                                                                                                                       Presidente GpI

 

Il 16 Giugno 2011 le Associazioni Gruppo Laico di Ricerca e Garibaldini per l’Italia  hanno guidato, nell’ambito delle celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia, la Fiaccolata commemorativa che si è svolta a Roma sul colle del Gianicolo, per celebrare il 162° anniversario della difesa della Repubblica Romana del 1849. Polizia, Carabinieri e Vigili Urbani hanno scortato il corteo che, partendo dall’Arco dei Quattro Venti (Villa Corsini), all’interno di Villa Pamphili, si è snodato toccando punti nevralgici della difesa di Roma del 1849: Villa Giraud (il Vascello), Porta San Pancrazio, Villa Savorelli, passando per il Piazzale Garibaldi, fino al Sacrario dei caduti per Roma.

 Le celebrazioni del nostro Risorgimento sono prevalentemente retoriche; non solo per la presenza unilaterale degli “addetti ai lavori” che, in sostanza, si auto-celebrano, ma per l’assenza del mondo giovanile e di quello straordinario bagaglio culturale ottocentesco, rimasto sconosciuto a gran parte della popolazione italiana. La “processione laica” del 16 giugno ha invertito questa tendenza, dimostrando che esiste ancora, in nuce, la volontà inconscia di alcuni Italiani di sentirsi membri di una comunità che ha in custodia una riserva immensa di valori, decisivi per migliorare la condizione umana e civile di ciascun cittadino.

 Una “processione laica”, come è stato detto più volte, durante la quale il pensiero e le parole di Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi, Carlo Pisacane, Pietro Calamandrei, uniti ai nomi di 41 caduti per la Repubblica Romana, sono echeggiati nei luoghi stessi ove 162 anni prima avevano prevalso il fragore delle armi e il lamento dei feriti. Parole e concetti importanti, ancora oggi attualissimi; parole e concetti inascoltati o dimenticati, e per questo ancora in attesa di un popolo che li possa  realizzare compiutamente. Una stagione, quella della Repubblica Romana del 1849, fondamentale per le nostre radici storiche e culturali. Durante il percorso, mentre le strade si svuotavano, come per incanto, dalla presenza delle automobili che pochi secondi prima le avevano affollate  (grazie al sapiente coordinamento delle forze dell’ordine),  un silenzio irreale avvolgeva tutto e la storia fatta da quegli uomini e quelle donne di 162 anni fa tornava a scuotere i pensieri dei partecipanti, a mostrar loro la cruda realtà dei nostri giorni, la realtà di un popolo che non è ancora in grado di far germogliare i semi prodotti dai suoi figli migliori. Mentre la  luna rossa sorgeva a oriente e la lunga fila delle fiaccole accese camminava,  con cadenza di tamburo solenne, verso il Sacrario, riaffiorava per incanto la speranza che univa questo popolo a quello che aveva difeso la Repubblica Romana: la presenza dei giovani e anche di molti bambini.

MAZZINI, SECCHIELLO E PALETTA

Attenti bambini, arriva Mazzini. Lui, proprio lui. Quel personaggio storico francamente antipatico: pensoso e severo, nero e funereo, così ininterrottamente esigente. Quello che “leva il volto che giammai non rise”, secondo la rimbombante poesia carducciana (ma perché poi non rideva mai?). Lui, proprio lui. Ebbene, nei giorni di ferragosto si è ripresentato. Se si organizzasse un test di confronto, non c’ è dubbio che Garibaldi vincerebbe a mani basse. Passava a cavallo – camicia rossa, poncho sulle spalle – e i cantastorie siciliani intonavano: “E l’ ho visto io stesso a Monreale/E vidi i lampi che gli uscivan dagli occhi/Ei non è fatto di tempra mortale/E non c’ è ferro che nel cor lo tocchi”.

Mazzini invece ce lo immaginiamo – come del resto ce lo rappresentano – sempre seduto su una poltrona che guarda fisso davanti a sé – preoccupato, assorto – e chissà a che pensa. Garibaldi ispira fiducia, si presta a far da simbolo, anche se il simbolo non risulta poi necessariamente vittorioso. Come per il Fronte popolare delle sinistre alle elezioni del 18 aprile 1948, come per Bettino Craxi più tardi. Secondo un’ ingegnosa formula interpretativa, dovuta al semiologo Omar Calabrese, Garibaldi non muore. Rinasce subito nella figura romanzesca di Sandokan (alla riscossa con le sue Tigri della Malesia). Ma quale eroe popolare ha mai generato Giuseppe Mazzini, rinascendo? Quale movimento politico ha mai pensato a mettere la sua faccia nei manifesti elettorali? Quella faccia accigliata adesso è ritornata. Occupando tutt’ intera la copertina del settimanale inglese “Times Literary Supplement” del 5 agosto (numero 4766): “Mazzini our contemporary”. Mazzini nostro contemporaneo. In copertina. Nelle pagine interne si presenta e descrive il nuovo libro (pare piuttosto bello) che lo storico inglese Denis Mack Smith molto esperto di cose italiane, a Mazzini per l’ appunto ha dedicato. Per dire: quanto sono stati ingiusti Cavour e i Savoia a maltrattarlo. Quanto sono stati (e sono) ingiusti gli italiani a dimenticarlo. Passano dieci giorni, si arriva al lunedì di Ferragosto. Si esce di casa per comprare i giornali, da leggere sotto la quercia o sulla spiaggia. E si incappa sull’ “Unità” in una lunga intervista, una pagina intera, a Carlo Tullio-Altan. Che per un’ altra strada, del tutto indipendente (Tullio-Altan non è uno storico, è un antropologo) sta arrivando, dopo anni di studio, alle stesse conclusioni. Gran parte dei nostri guai deriverebbe dalla scarsa considerazione in cui abbiamo tenuto (teniamo) Giuseppe Mazzini. Non abbiamo un gran senso dell’ interesse comune, del bene pubblico, si sa. Abbiamo un senso piuttosto robusto – risentito e rissoso – dei nostri diritti (perbacco: cosa fa per noi lo Stato?). Ma un senso assai più fievole – quando non addirittura inesistente – dei nostri doveri. Che l’ ha scritto a fare Giuseppe Mazzini quel suo libro I doveri dell’ uomo?

Dice Carlo Tullio-Altan: “Alla fine dell’ Ottocento due forti venti – entrambi importanti, intendiamoci e portatori istanze progressiste – spazzano via il pensiero mazziniano: quello del socialismo planetario e quello del cattolicesimo sociale italiano. L’ idea dei diritti finì per scacciare quella ancora acerba dei doveri. Si innestò una spirale di disimpegno civile nella quale ognuno doveva pensare per sé, per il suo ‘ particulare’ , per la sua famiglia. ‘ Tengo famiglia’ , è divenuto la formula riassuntiva dello spirito pubblico italiano. Che poi significa ‘ …e dunque non tengo patria’ “. Erano i giorni di Ferragosto. Su altre spiagge – italiane o straniera – dalle parti di Cagliari, della Versilia o dell’ isola di Formentera – alcuni nostri giovani connazionali, particolarmente dotati di spirito garibaldino (“All’ attacco, Tigri della Malesia!”) si davano spavaldamente da fare per rivendicare i loro sacrosanti diritti di turisti, o per rammentare ai venditori ambulanti di colore i loro doveri. C’ è un giornalista italiano, si chiama Beppe Severgnini, lavora per la Voce, che li ha studiati a lungo gli italiani in vacanza. Ne ha tratto la conclusione che sono (mi correggo subito: che siamo) come dei bambini avidi e incontinenti. “Siamo i bambini d’ Europa”. Però forse qualcosa sta già cambiando. Come dimostrano le reazioni – civilissime – di altri italiani, di altri bagnanti a quei brutti episodi. Attenti bambini, ritorna Mazzini.

 

Beniamino Placido La Repubblica 21 agosto 1994

Giornalista e critico letterario- televisivo

La copia digitale di questo libro pubblicato a Bologna nel 1861, costituisce una preziosa testimonianza; la testimonianza di un uomo che ha cercato con tutte le sue forze la verità, nel Vangelo di Cristo e nell’opera di riscatto dalla schiavitù materiale e spirituale fortemente voluta dai fondatori e difensori della Repubblica Romana del 1849. Ugo Bassi è stato ricordato come “martire” della causa risorgimentale; non troviamo appellativo migliore  di questo per motivare la sua preziosa testimonianta di uomo di fede, qui intesa in senso evangelico e laico allo stesso tempo.

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Della Longa n/d Cesena FC Emilia Romagna
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Della Vedova Luigi 28 Roma RM Lazio
Della Vedova Marta 46 Roma RM Lazio
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Ducci Costantino n/d n/d n/d n/d
Dzienozynski Giovanni 19 n/d EE Polonia
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Fabbri Remigio n/d Roma RM Lazio
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Fabri Achille 28 Forli’ FC Emilia Romagna
Fabris Eligio 18 Mantova MN Lombardia
Facchiani Pasquale n/d Santa Lucia n/d n/d
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Falori Achille 28 Forli’ FC Emilia Romagna
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Ferrarini Antonio n/d Camerino MC Marche
Ferrarini Tito n/d n/d n/d n/d
Ferri David n/d Foligno PG Umbria
Ferrini Antonio n/d Roma RM Lazio
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Fiori Luigi 34 Ascoli Piceno AP Marche
Fiorini Angelo 30 Todi PG Umbria
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Francioni Domenico 28 Citta’ di Castello PG Umbria
Francioni Pietro 18 Roma RM Lazio
Franciosi Giuseppe n/d n/d n/d n/d
Francisci n/d Roma RM Lazio
Francisci Giuseppe n/d n/d n/d n/d
Frassoldati Achille n/d Ferrara FE Emilia Romagna
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Gherardi Giovanni 19 Ferrara FE Emilia Romagna
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Giordani Giovanni n/d Cento BO Emilia Romagna
Giorgi Domenico n/d Bologna BO Emilia Romagna
Giovagnoli Luigi 22 Gubbio PG Umbria
Giovagnoni Vincenzo 38 Massa Martana – fr. Castel Rinaldo PG Umbria
Giovannini Giuseppe 27 Cremona CR Lombardia
Giovannoni Raffaele 21 Macerata MC Marche
Girolami Luigi n/d Bologna BO Emilia Romagna
Girotti Pacifico n/d Caldarola MC Marche
Gitolometti Luigi 18 Ancona AN Marche
Giugiolini Michele 17 Roma RM Lazio
Giuli Vincenzo 37 Roma RM Lazio
Giulianelli Michele 44 Roma RM Lazio
Giuliarelli Michele 44 Roma RM Lazio
Giunchi Antonio n/d Forli’ FC Emilia Romagna
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Guerciotti Ciro 20 Pavia PV Lombardia
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Guidi Mattia n/d Terni TR Umbria
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Lanzoni Luigi 27 Castel Guelfo BO Emilia Romagna
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Lenzi Francesco n/d Cento BO Emilia Romagna
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Leonardi Pietro 21 Vicenza VI Veneto
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Lupazzi Anastasio n/d Rolo RE Emilia Romagna
Lupazzi Bernardo n/d Rolo RE Emilia Romagna
Lupazzi Giuseppe n/d Rolo RE Emilia Romagna
Lupazzi Pellegrino n/d Rolo RE Emilia Romagna
Luzzi Francesco n/d n/d n/d n/d
Ma’ Pietro n/d n/d EE Svizzera
Macina Camillo n/d Rimini RN Emilia Romagna
Macolini Antonio n/d Brisighella RA Emilia Romagna
Maddalena Michele 18 Ancona AN Marche
Maggetti Cesare 19 Roma RM Lazio
Maggi Aldebrando 27 Ancona AN Marche
Maggiolini Nicola n/d San Severino Marche MC Marche
Magliotti Domenico n/d San Sisto PS Marche
Magnani Giuseppe n/d Ravenna RA Emilia Romagna
Magni Luigi Giuseppe n/d Milano MI Lombardia
Magnino Luigi Giuseppe n/d Milano MI Lombardia
Magroni Filippo n/d Roma RM Lazio
Maiani Luigi 23 Forli’ FC Emilia Romagna
Mainardi Ermenegildo 22 Roma RM Lazio
Maioni Francesco n/d Ancona AN Marche
Malosti Francesco n/d Trecenta RO Veneto
Maltagliati Augusto n/d Pistoia PT Toscana
Mameli Goffredo 23 Genova GE Liguria
Manara Luciano 24 Milano MI Lombardia
Manaresi Gaetano 26 Bologna BO Emilia Romagna
Mancinelli Placido n/d Ancona AN Marche
Mancini Filippo 38 Massanio n/d n/d
Mancini N. n/d n/d n/d n/d
Mancini Pietro Paolo 17 Foligno PG Umbria
Mancini Vincenzo n/d n/d n/d n/d
Mandarelli Cristoforo n/d Borgo Panigale BO Emilia Romagna
MandoIini Antonio 25 Ferrara FE Emilia Romagna
Mandolini Secondo n/d Roma RM Lazio
Manetti Giovanni n/d Anzio RM Lazio
Manfucci Giacomo n/d Citta’ di Castello PG Umbria
Manganini Giulio n/d n/d n/d n/d
Mani Francesco n/d Bologna BO Emilia Romagna
Maniari Giuseppe n/d Roma RM Lazio
Manicini Pasquale n/d Roma RM Lazio
Manna Camillo n/d Rimini RN Emilia Romagna
Mannocchi Cesare n/d Norcia PG Umbria
Mantovani Nazzareno 22 Gubbio PG Umbria
Manuelito N. n/d n/d EE America Latina
Maracci Paolo n/d Vasanello VT Lazio
Maraldi Costantino 23 Cesena FC Emilia Romagna
Maranesi Gaetano 26 Bologna BO Emilia Romagna
Marchetti N. n/d Roma RM Lazio
Marchignoli N. n/d Bologna BO Emilia Romagna
Marchionni Luigi 35 Macerata MC Marche
Marconi Gioacchino n/d Roma RM Lazio
Marcucci Lazzaro n/d Stazzema LU Toscana
Mari Costantino n/d Montecompatri RM Lazio
Marinelli Ebro n/d Bologna BO Emilia Romagna
Marinelli Tommaso n/d Civitavecchia RM Lazio
Marini Francesco n/d Bologna BO Emilia Romagna
Marini Pacifico n/d Pesaro PS Marche
Mario Raffaele n/d Bologna BO Emilia Romagna
Mariotti Cesare n/d Osrta Vetere AN Marche
Mariotti Giuseppe n/d Ascoli Piceno AP Marche
Mariotti Luigi n/d Ascoli Piceno AP Marche
Marsili Piroli Cesare n/d Roma RM Lazio
Martinelli Alessandro n/d Roma RM Lazio
Martucci Gabriele 23 Viterbo VT Lazio
Marucci Lazzaro n/d Stazzema LU Toscana
Marzari Francesco Luigi n/d Macerata MC Marche
Mascia Giuseppe n/d Ferrara FE Emilia Romagna
Masi Achille 22 Ferrara FE Emilia Romagna
Masi Domenico 23 Imola BO Emilia Romagna
Masi Giovanni n/d Conselice RA Emilia Romagna
Masi Giuseppe n/d Roma RM Lazio
Masina Angelo 34 Bologna BO Emilia Romagna
Massa Pietro n/d n/d n/d n/d
Massari Sante n/d Faenza RA Emilia Romagna
Massina N. n/d Calvenzano BG Lombardia
Matinangeli Olivo n/d Recanati MC Marche
Mattedi Giuseppe n/d Meano TN Trentino
Matteucci Pietro n/d Ravenna RA Emilia Romagna
Matteucci Vincenzo 12 n/d n/d Romagna
Mattucci Nicola 23 Ascoli Piceno AP Marche
Mauro Nicola n/d n/d n/d n/d
Mazzetti Cesare 19 Roma RM Lazio
Mazzini Cesare n/d Bologna BO Emilia Romagna
Mazzoni Ottavio n/d Recanati MC Marche
Medori Luigi n/d Roma RM Lazio
Mela Sinesio n/d Mondaino FC Emilia Romagna
Meldoli Giuseppe n/d Longiano FC Emilia Romagna
Meloni Alessandro 36 Imola BO Emilia Romagna
Meneghetti Domenico n/d n/d n/d n/d
Meneghini Giovanni n/d Vicenza VI Veneto
Mengarelli Ambrogio n/d Roma RM Lazio
Menghetti Giovanni n/d Roma RM Lazio
Mengoli Luigi Gaetano n/d Bologna BO Emilia Romagna
Mengoni Matteo n/d Caldarola MC Marche
Menichelli Antonio 33 Macerata MC Marche
Merendi Andrea n/d Faenza RA Emilia Romagna
Merli Federico n/d Bologna BO Emilia Romagna
Michelini Francesco 12 Roma RM Lazio
Migliorani Pietro n/d Roma RM Lazio
Migliotti Domenico n/d San Sisto PS Marche
Mignani Domenico n/d Bagnacavallo RA Emilia Romagna
Minelli Efrem Tito n/d Bologna BO Emilia Romagna
Minghetti Agostino n/d Faenza RA Emilia Romagna
Minuto Giacomo 30 Savona – fr. Lavagnola SV Liguria
Moggiali N. n/d n/d n/d n/d
Molina Angelo n/d Milano MI Lombardia
Molina Antonio n/d Milano MI Lombardia
Molinari Mariano 26 Forli’ FC Emilia Romagna
Monfrini Pietro 18 Milano MI Lombardia
Montaldi Alessandro n/d Genova GE Liguria
Montanari Antonio 21 Cesena FC Emilia Romagna
Montanari Massimiliano 21 Bologna BO Emilia Romagna
Montanari Mauro 21 Ravenna RA Emilia Romagna
Montini Angelo 21 Forli’ FC Emilia Romagna
Montressi Nicola n/d Milano MI Lombardia
Morandi Giovanni n/d Bergamo BG Lombardia
Moratti Giacomo n/d Verona VR Veneto
Mordini Pietro n/d Spoleto PG Umbria
Morelli Guglielmo n/d Bagnacavallo RA Emilia Romagna
Moretti Emidio n/d Bologna BO Emilia Romagna
Mori Carlo n/d Livorno LI Toscana
Moriccioni Antonio n/d Urbino PS Marche
Morici Carlo n/d Roma RM Lazio
Moriconi Angelo 43 Roma RM Lazio
Morocci Raffaele n/d Castel San Pietro n/d n/d
Moroni Generoso n/d Alciano n/d n/d
Morosini Emilio 18 Milano MI Lombardia
Morotini Raffaele n/d Castel San Pietro n/d n/d
Moscatelli Luigi n/d Roma RM Lazio
Moscetti Luigi n/d Roma RM Lazio
Mozzorecchia Antonio n/d Porto Sant’Elpidio AP Marche
Narducci Paolo 20 Roma RM Lazio
Natali Francesco 29 Montegallo AP Marche
Neggri Antonio n/d Milano MI Lombardia
Negri Edoardo n/d Madruzzo TN Trentino
Nelli Andrea n/d n/d n/d Romagna
Neri Leopoldo n/d Fermo AP Marche
Nerozzi Raffaele n/d n/d n/d n/d
Nesti Vincenzo 29 Imola BO Emilia Romagna
Niccolini Francesco n/d n/d n/d n/d
Nobili Anastasia n/d Amatrice RI Lazio
Odorisi Pasquale n/d Massignano AP Marche
Ogolini Ercole n/d n/d n/d n/d
Oliva Giov. Battista n/d San Severo FG Puglia
Orfeo Raffaele n/d Sessa Aurunca CE Campania
Orsini Agostino n/d n/d n/d n/d
Orsini Andrea n/d Orvieto TR Umbria
Ortensi Antonio n/d Senigallia AN Marche
Osti Filippo 18 Bologna BO Emilia Romagna
Ottavianelli Pasquale n/d Vallerano VT Lazio
Pacetti Giuseppe 26 Ancona AN Marche
Padovani Francesco n/d Faenza RA Emilia Romagna
Paggi Aldebrando n/d Senigallia AN Marche
Pagliamenti Achille n/d Roma RM Lazio
Pagliei Fortunato 29 Olevano Romano RM Lazio
Pagliei Giovanni n/d Olevano Romano RM Lazio
Paglioni Filippo n/d n/d n/d n/d
Palacchini Benedetto n/d Vallerano VT Lazio
Palacco Agostino n/d Spoleto PG Umbria
Pallini Enrico 23 Ancona AN Marche
Paltrinieri Gaetano n/d Crevalcore BO Emilia Romagna
Pancalli Angelo 15 Roma RM Lazio
Pancalli Giovanni n/d Roma RM Lazio
Pancanelli n/d n/d n/d n/d
Pandolfi Mariano n/d Ancona AN Marche
Panicaldi Paolo n/d Ferrara FE Emilia Romagna
Paniccia 32 n/d n/d Abruzzo
Panizzi Pietro n/d n/d n/d n/d
Pannelli Mariano 53 Macerata MC Marche
Panti Antonio n/d Castiglione in Teverina (1) VT Lazio
Pantucci Antonio 30 Pesaro PS Marche
Paolessi Michele 27 Rieti RI Lazio
Paolini Michele 27 Rieti RI Lazio
Paperini Francesco n/d Orciano PS Marche
Papini Giovanni n/d Viterbo VT Lazio
Parentati Giovanni n/d Viterbo VT Lazio
Parullo Carlo n/d n/d n/d n/d
Passamonti Luciano 19 San Severino Marche MC Marche
Passaponti Domenico n/d Livorno LI Toscana
Passuti Giovanni n/d Bazzano BO Emilia Romagna
Patriarca Leopoldo n/d San Lorenzo n/d n/d
Patriarca Luigi n/d Veroli FR Lazio
Patuelli Marco n/d Ravenna RA Emilia Romagna
Paventati Giacomo n/d Senigallia AN Marche
Pecci Gaetano n/d Faenza RA Emilia Romagna
Pecuti Luigi n/d Roma RM Lazio
Pedroni Luigi n/d Cremona CR Lombardia
Pellando Luigi n/d Padova PD Veneto
Pellegrini Alessandro n/d n/d n/d n/d
Pellegrini Pietro n/d Ascoli Piceno AP Marche
Pellicani Gaetano n/d Roma RM Lazio
Pelonghini Pio n/d Senigallia AN Marche
Penna Benedetto n/d Osimo AN Marche
Peralta Bernardo 25 Savona SV Liguria
Perazzoni Anacleto n/d San Leo PS Marche
Perini Salvatore n/d Mantova MN Lombardia
Perusset n/d n/d EE Svizzera
Petraia Francesco n/d Frosinone FR Lazio
Petroncini Carlo n/d Mordano BO Emilia Romagna
Petrucci Francesco n/d n/d n/d n/d
Petrucci Giuseppe n/d Roma RM Lazio
Pettorini Alessandro n/d Ferentino FR Lazio
Pezzi Antonio n/d Faenza RA Emilia Romagna
Piastrella Settimio n/d Sant’ Elpidio a Mare AP Marche
Piazza Giuseppe n/d Roma RM Lazio
Picchi Pasquale n/d Signa FI Toscana
Piccolini Luino n/d n/d n/d n/d
Picilocchi Raffaele n/d Perugia PG Umbria
Pierdominici Antonio n/d Tolentino MC Marche
Pieroni Luigi n/d Roma RM Lazio
Pietramellara Pietro n/d Bologna BO Emilia Romagna
Pietri Pasquale n/d Livorno LI Toscana
Pietrosanti Gaspare n/d Roma RM Lazio
Piotto Bernardo 22 Vicenza VI Veneto
Pisani Gaudioso n/d Roma RM Lazio
Pittaluga n/d n/d n/d n/d
Pizzettoni Domenico n/d Amelia TR Umbria
Podetti Anronio n/d Sant’Agata Santerno RA Emilia Romagna
Podulah n/d n/d EE Polonia
Polini n/d Roma RM Lazio
Polini Antonio n/d Ancona AN Marche
Pontigatti Vittorio 28 Forli’ FC Emilia Romagna
Pontolini Paolo 16 n/d n/d n/d
Porrai Claudio n/d n/d n/d n/d
Portesaghi Luigi n/d Milano MI Lombardia
Pozzacerqua Giuseppe n/d Montecosaro MC Marche
Prandi Carlo n/d Bevagna PG Umbria
Prati Vincenzo n/d Spoleto PG Umbria
Previati Giuseppe 28 Rovigo RO Veneto
Prodi n/d Lodi MI Lombardia
Profili Raffaele 22 Roma RM Lazio
Proietti Giuseppe n/d Viterbo VT Lazio
Proietti Luigi n/d Spoleto PG Umbria
Pulini Zefferino Ilario 50 Ancona AN Marche
Punteggiati Vittorio n/d Fermo AP Marche
Quadroli Vincenzo n/d Roma RM Lazio
Quaquarelli Enrico n/d San Giovanni in Persiceto BO Emilia Romagna
Querciotti Siro 20 Pavia PV Lombardia
Quirelli n/d Brescia BS Lombardia
Raccetti Giuseppe 26 Acquapendente VT Lazio
Radzowski Mariano n/d n/d EE Polonia
Raffaelli Daniele n/d Rimini RN Emilia Romagna
Raggetti Giovanni 26 Macerata MC Marche
Rambaldi Lazzaro n/d Lugo RA Emilia Romagna
Rameri Ferdinando n/d Parma PR Emilia Romagna
Ramorino Paolo 24 Mondovi’ CN Piemonte
Rasnesi Bartolomeo n/d Sospiro CR Lombardia
Ratti Ignazio n/d Roma RM Lazio
Ratti Luigi n/d Ancona AN Marche
Reali Natale n/d Polesella RO Veneto
Reggiani Sesto 18 Forli’ FC Emilia Romagna
Rementini Francesco n/d Colli n/d n/d
Resta Achille n/d San Severino Marche MC Marche
Ribolla Angelo n/d Ferrara FE Emilia Romagna
Ribolti Angelo n/d Camerino MC Marche
Ribottini Luigi n/d Roma RM Lazio
Ricci Achille 22 Forli’ FC Emilia Romagna
Ricci Domenico n/d Roma RM Lazio
Ricci Giovanni 51 Roma RM Lazio
Ricci Nicola n/d San Remo IM Liguria
Ricciolini Francesco n/d Roma RM Lazio
Righetti Carlo n/d Bologna BO Emilia Romagna
Righettini Vincenzo n/d Bologna BO Emilia Romagna
Righi Antonio n/d Pavia PV Lombardia
Righi Luigi n/d Crevalcore BO Emilia Romagna
Righi Mario n/d Roma RM Lazio
Righini Antonio n/d Milano MI Lombardia
Rinaldi Luigi n/d Rieti RI Lazio
Rinaldi Michelangelo 27 Roma RM Lazio
Ripalti Emidio n/d Pergola PS Marche
Rivani Costantino n/d San Pietro Bolognese n/d n/d
Roberti Giuseppe n/d Roma RM Lazio
Roccantini Vincenzo 27 Montefalco PG Umbria
Rodighieri Angelo 19 Ostiglia MN Lombardia
Roia Antonio n/d Pergola PS Marche
Romani Fortunato n/d Fano PS Marche
Ronci Michele n/d Roma RM Lazio
Rondelli Giovanni n/d Crevalcore BO Emilia Romagna
Roppa Gaetano n/d Castelfranco Emilia – fr. Piumazzo MO Emilia Romagna
Rosat Bartolomeo n/d Ginevra EE Svizzera
Rosati Salvatore n/d Pesaro PS Marche
Rossi Ferdinando n/d n/d n/d n/d
Rossi Gaetano n/d Bologna BO Emilia Romagna
Rossi Gaspare n/d n/d n/d n/d
Rossi Giovanni 33 Fossombrone PS Marche
Rossi Girolamo n/d Spoleto PG Umbria
Rossi Giuseppe n/d Roma RM Lazio
Rossini Giacomo 29 Ancona AN Marche
Rota Pio Settimio 26 Montecchio Maggiore VI Veneto
Rottaioli Francesco n/d Osimo AN Marche
Rozat Bartolomeo n/d Ginevra EE Svizzera
Ruggeri Andrea n/d Roma RM Lazio
Ruspi Giovan Battista n/d Milano MI Lombardia
Ruspignani Giuseppe 18 Imola BO Emilia Romagna
Russi Giuseppe n/d n/d n/d Lombardia
Sabatini</A<< td> Gregorio 20 Spoleto PG Umbria
Sabbatini Giuseppe n/d Montemarciano AN Marche
Sabbietti Stefano n/d Camerino MC Marche
Sacchi Luigi n/d n/d n/d n/d
Saini Luigi n/d Lodi MI Lombardia
Sallaid n/d n/d EE Ungheria
Salle’ Giovanni 29 n/d EE Svizzera
Sammartini Francesco 35 Milano MI Lombardia
Sandri Costantino 23 Ferrara FE Emilia Romagna
Sandroni Vincenzo 32 Roma RM Lazio
Santai Tommaso n/d n/d n/d n/d
Santamaria Giacomo n/d Genova GE Liguria
Santarelli Alessandro 27 Fano PS Marche
Santinelli Girolamo n/d Citta’ di Castello PG Umbria
Santini Anselmo n/d Roma RM Lazio
Santucci Antonio n/d Roma RM Lazio
Saporetti Luigi n/d Ravenna RA Emilia Romagna
Sarete n/d n/d n/d n/d
Sarti Tertulliano 19 Cento BO Emilia Romagna
Sartini Pasquale n/d Ostra AN Marche
Savini Francesco n/d Faenza RA Emilia Romagna
Savoia Gaetano 16 Revere MN Lombardia
Savorini Giacomo n/d Bagnacavallo RA Emilia Romagna
Savorini Ubaldo n/d Bologna BO Emilia Romagna
Scacciani Cesare n/d Roma RM Lazio
Scacciani Raffaele n/d Pesaro PS Marche
Scaccieri Vincenzo n/d Borgo Panigale BO Emilia Romagna
Scajoli Augusto n/d Forli’ FC Emilia Romagna
Scalambrini Alessandro n/d Roma RM Lazio
Scalcerle Pietro 18 Thiene VI Veneto
Scaniani Camillo n/d Roma RM Lazio
Scarani Luigi n/d Bologna BO Emilia Romagna
Scarano Francesco 20 Napoli NA Campania
Scarinci Cesare 20 Scheggia PG Umbria
Scasana Francesco 20 Napoli NA Campania
Scazziani Vincenzo n/d n/d n/d n/d
Schalcia n/d n/d n/d n/d
Scianda Tommaso 28 Albenga SV Liguria
Sculter Pietro 19 Vicenza VI Veneto
Sebastianelli n/d n/d n/d n/d
Senesi Aurelio n/d Ancona AN Marche
Seniu Ulisse 17 Roma RM Lazio
Sennardi Alberto 29 Mantova MN Lombardia
Serafini Luigi 30 Pesaro PS Marche
Serantoni Pietro n/d Apiro MC Marche
Serini n/d Roma RM Lazio
Serra Emiliano n/d Bologna BO Emilia Romagna
Serra Massimiliano n/d Bologna BO Emilia Romagna
Serra Raffaele n/d San Giovanni in Persiceto BO Emilia Romagna
Settimi n/d Roma RM Lazio
Severini Francesco n/d Bologna BO Emilia Romagna
Severini Marcello n/d Sigillo PG Umbria
Severini Ubaldo n/d Fabriano AN Marche
Sgargi Lorenzo n/d Budrio BO Emilia Romagna
Siani Luigi n/d Todi PG Umbria
Signoroni Pietro n/d Brescia BS Lombardia
Silvestri Giacomo n/d Mantova MN Lombardia
Silvestroni Remigio n/d Pioraco MC Marche
Siori Pietro Antonio n/d Bolbeno TN Trentino
Sivori Giovanni n/d n/d n/d Liguria
Smucchi Anselmo n/d n/d EE Svizzera
Solucci Biagio 40 Collelungo TR Umbria
Solucci Siriaco n/d Roma RM Lazio
Soriani Giovanni 27 Rovigo RO Veneto
Spaccia Cumano n/d Cupra Montana AP Marche
Spada Gustavo Filippo 17 Roma RM Lazio
Spagnoli Angelo 24 Santangelo n/d n/d
Sperandini Alessandro n/d Spoleto PG Umbria
Spianarelli n/d Roma RM Lazio
Sposini Giovanni 24 Roma RM Lazio
Sposini Mario n/d Terni TR Umbria
Stabellini Luigi n/d n/d n/d n/d
Stefani Luigi n/d Roma RM Lazio
Stefanutti Giuseppe n/d Vicenza VI Veneto
Stefoni Giacomo n/d Iesi AN Marche
Steiner Regolo n/d Ripi FR Lazio
Striier Carlo n/d Mantova MN Lombardia
Subiaco Domenico n/d n/d n/d n/d
Tagliabue Eugenio 39 Milano MI Lombardia
Tagliaferri Sisto n/d Alatri FR Lazio
Tagliavini Martinino n/d Bologna BO Emilia Romagna
Tamburini Ciriaco n/d Ancona AN Marche
Tamburini Francesco 25 Ferrara FE Emilia Romagna
Tamburini Giovanni n/d Ferrara FE Emilia Romagna
Tardanti Ubaldo n/d Ferrara FE Emilia Romagna
Tardent Alessandro 19 n/d EE Svizzera
Tarini Nicola n/d Mondolfo PS Marche
Tartari Isaia n/d Cento BO Emilia Romagna
Tassi Domenico 33 Modena MO Emilia Romagna
Tavolacci Carlo n/d Perugia PG Umbria
Teodori Ulisse n/d Roma RM Lazio
Testoni Antonio n/d Bologna BO Emilia Romagna
Testoni Luigi n/d Bologna BO Emilia Romagna
Tevoli Giuseppe n/d n/d n/d n/d
Tiburzi Oreste n/d Foligno PG Umbria
Tifoni Giambattista n/d Bergamo BG Lombardia
Tinozzi n/d n/d n/d n/d
Tinti Achille n/d Milano MI Lombardia
Titocci Luigi n/d Roma RM Lazio
Titolini Francesco 32 Forli’ FC Emilia Romagna
Todeschini n/d n/d n/d Lombardia
Todini Achille 19 Roma RM Lazio
Tomassoni Domenico 24 Roma RM Lazio
Tommasi Nicola n/d Ripatransone AP Marche
Tommasini Pier Francesco n/d Roma RM Lazio
Tommassetti Domenico n/d Rieti RI Lazio
Toni Giuseppe n/d Roma RM Lazio
Tontarelli Settimio n/d Castelfidardo AN Marche
Tori Giovanni n/d n/d n/d n/d
Tornelli Benigno n/d Roma RM Lazio
Toroli Giuseppe n/d Celbereto n/d n/d
Torri Carlo n/d Roma RM Lazio
Torri Giuseppe n/d Roma RM Lazio
Torrini Lorenzo n/d Roma RM Lazio
Tortorelli Francesco n/d Arezzo AR Toscana
Toscani Gaetano 19 Milano MI Lombardia
Tosi Alfonso n/d Roma RM Lazio
Tosi Carlo 33 Rieti RI Lazio
Tozzi Carlo 39 Milano MI Lombardia
Trabi Giuseppe 30 Terni TR Umbria
Traverdi n/d n/d n/d n/d
Trere’ Sante n/d Massalombarda RA Emilia Romagna
Tresoldi Giuseppe 27 Rivolta d’Adda CR Lombardia
Trevisani n/d n/d n/d n/d
Trinelli Pasquale n/d Pesaro PS Marche
Troboni Piero n/d Bologna BO Emilia Romagna
Trombetta Andrea n/d Subiaco RM Lazio
Turchi Remigio n/d n/d n/d n/d
Ugolini Ercole n/d Rimini RN Emilia Romagna
Ugolini Leopoldo n/d Roma RM Lazio
Ugolini Vincenzo n/d Forli’ FC Emilia Romagna
Vaccari Leodomiro n/d Modena MO Emilia Romagna
Valentini Giuseppe 38 Roma RM Lazio
Valentini Nicola 38 Roma RM Lazio
Valenzi Teresa n/d Roma RM Lazio
Valle Giovanni n/d Genova GE Liguria
Valten Pietro n/d n/d n/d n/d
Vancini Filippo n/d Cento BO Emilia Romagna
Vannicola Raffaele n/d Asola MN Lombardia
Varani Nicola n/d n/d n/d n/d
Varenna Gaspare 40 Pavia PV Lombardia
Vecchi Marco n/d Roma RM Lazio
Vecchioni Virginio 30 Roma RM Lazio
Venezian Giacomo n/d Trieste TS Friuli – Venezia Giulia
Ventura Flavio n/d Bologna BO Emilia Romagna
Venturi Massimo n/d Roma RM Lazio
Verelli Giuseppe n/d Roma RM Lazio
Verrelli Pietro n/d Boville Ernica FR Lazio
Verzelli Giuseppe 23 Bologna BO Emilia Romagna
Verzilli Venerando n/d Rosora Mergo AN Marche
Veschi Giuseppe n/d Pesaro PS Marche
Vianelli Pietro n/d Argenta FE Emilia Romagna
Viarelli Domenico n/d Viterbo VT Lazio
Vibi Luigi 42 Umbertide PG Umbria
Vieser Luigi 40 Argile BO Emilia Romagna
Vigano’ Paolo 17 Milano MI Lombardia
Vignoli Gioacchino n/d Ferrara FE Emilia Romagna
Vigoni Angelo 24 Lodi MI Lombardia
Vigoni Pietro n/d Pavia PV Lombardia
Villani Domenico n/d Viterbo VT Lazio
Viola Achille n/d Como CO Lombardia
Visanetti Giuseppe 44 Cesena FC Emilia Romagna
Visconti Francesco n/d Manciano GR Toscana
Vitali Domenico 21 Bergamo BG Lombardia
Vitali Giovan Battista n/d San Costanto PS Marche
Vittorietti Cesare n/d M. Maggiore al Metauro PS Marche
Viviani Federico n/d Velletri RM Lazio
Vizzani Antonio n/d n/d n/d n/d
Volpati Giovanni n/d n/d n/d n/d
Volpi Valeriano n/d Cupra Marittima AP Marche
Wieser Luigi 40 Argile BO Emilia Romagna
Woitrain Giovanni n/d Milano MI Lombardia
Zaccagnini Venanzio n/d Rosora Mergo AN Marche
Zaini Luigi n/d Codogno MI Lombardia
Zambelli Ernesto n/d Venezia VE Veneto
Zamboni Pier Antonio n/d Sacile PN Friuli – Venezia Giulia
Zamboni Vincenzo n/d n/d n/d n/d
Zampi Michelangelo n/d Pergola PS Marche
Zampieri Cristofaro 24 Vicenza VI Veneto
Zampini Attilio 14 Roma RM Lazio
Zananini Pietro n/d n/d n/d n/d
Zandroni Luigi n/d Bologna BO Emilia Romagna
Zannetti Antonio 24 Bologna BO Emilia Romagna
Zanni Giovan Battista n/d Bologna BO Emilia Romagna
Zanni Paolino n/d Senigallia AN Marche
Zannoni Ottavio 18 Ferrara FE Emilia Romagna
Zaudari Luigi 31 Ancona AN Marche
Zernetti n/d Forli’ FC Emilia Romagna
Zigiotti Antonio n/d Ferrara FE Emilia Romagna
Zucchi Achille n/d Roma RM Lazio
Zucchi Adamo n/d Bologna BO Emilia Romagna
Zucchi Elia Carlo 22 Argegno CO Lombardia
Zucchi Michele 35 Roma RM Lazio
Zuffi Luigi n/d Bologna BO Emilia Romagna

 

Il Consiglio Direttivo dell’Associazione Garibaldini per l’Italia ha conferito a Claudio Fracassi, giornalista e scrittore, la tessera di Socio Onorario n° 02/o.

La sera del primo marzo 2011, in occasione della presentazione del suo ultimo libro “Il racconto dei Mille”, organizzata dall’Associazione culturale “Gruppo Laico di Ricerca” presso il centro socio-culturale di Via Caffaro a Roma,  è stata consegnata a Claudio Fracassi una targa -ricordo unita alla seguente motivazione:

MOTIVAZIONE TESSERA ONORARIA N° 02/O

PER IL GIORNALISTA E SCRITTORE CLAUDIO FRACASSI

 

 

IL CONSIGLIO DIRETTIVO,  IN CONFORMITÀ AGLI ARTT. 7 E 4 DELLO STATUTO, HA  DECISO ALL’UNANIMITÀ DI CONCEDERE AL GIORNALISTA E SCRITTORE CLAUDIO FRACASSI LA QUALIFICA DI SOCIO ONORARIO DELL’ASSOCIAZIONE “GARIBALDINI PER L’ITALIA”,

PER AVER CONTRIBUITO CON PASSIONE E PROFESSIONALITA’ ALLA DIFFUSIONE DELLA STORIA, DELLE IDEE E DEI VALORI  DEL RISORGIMENTO ITALIANO E DELLA REPUBBLICA ROMANA DEL 1849.

SI RICONOSCE A CLAUDIO FRACASSI IL MERITO DI RACCONTARE LA STORIA ATTRAVERSO UNO STILE LETTERARIO COMPRENSIBILE A TUTTI ED AVER FORMATO E FORMARE, CON I SUOI SCRITTI, LA COSCIENZA CIVILE E MORALE DEI  GIOVANI  CITTADINI  ITALIANI



 

Molti reduci garibaldini, tornati nelle terre d’origine dopo le estenuanti ed eroiche campagne condotte a fianco di Giuseppe Garibaldi, condussero il resto della loro vita con dignità e coerenza a quegli ideali repubblicani e democratici che li avevano animati fin dal primo fermento  risorgimentale.  Spesso poveri, non si integrarono facilmente con il regime monarchico unitario, restando fedeli fino in fondo al pensiero di Mazzini e all’azione liberatrice di Garibaldi.

Nelle pagine seguenti entriamo nella vita di uno di questi “dimenticati” patrioti italiani, Enrico Mattia Zuzzi (1838-1921), con un documento inedito: le memorie di un volontario della Grande Guerra, che lo conobbe da bambino, quando il Zuzzi era ormai vecchio. E’ un dialogo semplice ma intenso tra due generazioni; due generazioni che hanno portato, in nuce, il seme della libertà.

http://www.albodoroitalia.it/reg/fvg/udine/com/codroipo/page4.html

 

Il garibaldino Enrico Mattia Zuzzi

Dalle memorie di Umberto Macoratti  (1898-1966)

A Codroipo viveva il dott. Enrico Mattia Zuzzi, il medico dei poveri, che prestava a tutti, gratuito, il suo ministero sanitario; a lui si rivolgevano coloro che non potevano pagare le visite e i medicinali, compresa mia madre. I poveri dicevano un gran bene di lui, però…

“Peccato che non vada mai in chiesa…”

“Perchè, mamma?”

“E’ un garibaldino dei Mille”

Era un solitario: lo vedevo tutti i giorni dirigersi verso la campagna col suo cane. Desideravo tanto parlargli. Un pomeriggio finalmente lo fermai:

“Signor dottore, le dispiace se l’accompagno nella sua passeggiata?”

“Chi sei?”

“Sono un figlio di Colomba”

Divenimmo amici, ma da quel giorno smisi di fare il chierichetto. Modestissimo, non parlava mai di sé, né si vantava di quanto faceva, ripugnandogli di mettersi in evidenza. Sebbene povero, non chiese né ebbe mai nulla da nessuno. Dopo lunga meditazione, io gli rivolgevo le domande a bruciapelo, come fanno i bambini curiosi, e la mia curiosità, a volte, lo metteva di buon umore. Così seppi che aveva combattuto a Calatafimi, a Palermo, a Milazzo. Ricordava che i mercenari Bavaresi fatti prigionieri furono tutti scaraventati giù dal ponte di Maddaloni. Nei Mille faceva parte della VII compagnia comandata da Benedetto Cairoli. A Quarto, la sera del 5 Maggio prima di imbarcarsi, l’eroica madre friulana Fanny Luzzatto gli aveva affidato il figlio diciassettenne Riccardo, dopo aver impartito ad entrambi la materna benedizione. Era stato anche presente all’incontro, fra Teano e Sessa, di Garibaldi e di Vittorio, e ricordava l’incidente tra un maggiore garibaldino romagnolo, mutilato di una gamba e a cavallo, e un ufficiale del seguito reale. Egli narrava tutti questi avvenimenti con estrema semplicità e assoluta modestia. Però non era come Pre’ Antoni (ndr: Padre Antonio Snaidero, Parroco di Gradiscutta di Varmo) che si scagliava contro i ricchi a favore dei poveri; anzi, biasimava uomini di fama gloriosa come Turati ed altri socialisti, ritenendoli degli antinazionali. Era un mazziniano, un patriota ardente e temerario. […..] . Mi sembrava persino impossibile che quell’uomo così modesto avesse avuto tanto coraggio. Quando, nel 1864, sfidando il capestro, ritornò segretamente nella sua terra per organizzare insieme a Titta Cella un’insurrezione armata in Friuli, Mazzini gli scrisse una lunga lettera di incoraggiamento, e Garibaldi gli inviò istruzioni per la costituzione di una Legione Friulana, che doveva proteggere uno sbarco di Garibaldi a Marano Lagunare. Ora quel vecchietto, che aveva combattuto le battaglie a fianco dell’Eroe dei due mondi, da Marsala a Teano, dal Trentino a Mentana, camminava silenzioso per i sentieri solitari della campagna, in compagnia di un cane da caccia e di un monello qualunque. Per non annoiarlo giocavo con il suo cane prediletto, aspettando che si presentasse l’opportunità di rivolgergli una domanda che mi stava tanto a cuore

“Dottore, perché lei non va mai in chiesa?”

 Mi parve contrariato, per dover dare spiegazioni a un ragazzo scalzo e straccione; ma alla fine sorrise:

“Non c’è bisogno. Io prego nella mia camera; prego ogni momento…prego anche adesso che parlo con te. Il tempio di Dio è l’universo. Dio è nella coscienza degli uomini”.

“Ma allora non ci sarebbe bisogno delle chiese?”

“Certo, non ce n’è bisogno…”

“E la religione chi la insegnerebbe?”

“La religione che insegnano i preti non è quella di Cristo; essa serve per mantenere la moltitudine nell’ignoranza e nella superstizione…”

Ebbi paura.

“ Ma Pre’ Antoni non predica questo !”

“ Si può fare del bene anche senza essere preti. Però vale più Pre’ Antoni che mille preti messi insieme.” [….]

Dottor Mattia Enrico Zuzzi: poeta, medico e “Garibaldino”.

Visto attraverso gli occhi del trisnipote Capitano Mattia Zuzzi.

Il giorno 16 marzo si è svolta, presso la biblioteca del Comune di Codroipo (UD), una conferenza sui garibaldini friulani, tenuta dal prof. Folisi ed alla quale è intervenuto, con una relazione specifica, il dottor Filippo Maria Zuzzi, fratello del Capitano Mattia Zuzzi e assieme a lui tris-nipote diretto del dottor Mattia Enrico Zuzzi, eroe dei Mille di Garibaldi. L’iniziativa è avvenuta nel contesto dei festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia ed ha visto presenti autorità politiche e militari della zona del Medio Friuli.

Il dottor Mattia Enrico Zuzzi nacque a Codroipo (Udine) nel 1838, primo di quattro fratelli che parteciparono alle Guerre di Indipendenza a vario titolo. Mattia era figlio di Enrico Domenico, notaio della cittadina del Medio Friuli e membro attivo della Carboneria, poi divenuto Deputato della IX e X legislatura.. Dopo gli studi classici a Udine, Mattia si spostò a Pavia per studiare medicina nella locale università. Qui si unì da subito ai gruppi di patrioti intellettuali, al tempo stesso conservando il piacere di tradurre in versi, anche in latino, le numerose ispirazioni che la Musa gli offriva. A Pavia Mattia Zuzzi rafforzò gli ideali di una Patria Italiana unita ed indipendente, seguendo il pensiero mazziniano repubblicano. Nelle guerre di Indipendenza fece parte di numerosissime compagini che presero parte alle ostilità: fu in Trentino nel 1866 ed a Mentana nel 1867. Garibaldi e Mazzini gli offrirono anche il Comando e la pianificazione di assalti che avrebbero dovuto avere come obiettivo fortezze austriache nel Friuli costiero e orientale, incoraggiandolo in prima persona durante incontri privati, dato il momento politico favorevole. Ma il momento più alto del suo impegno di Combattente, pur senza aver mai portato una uniforme istituzionale, è la partecipazione all’impresa del Mille. Partito da Quarto, partecipò a tutta l’operazione, fu ferito a Milazzo e successivamente riprese i combattimenti sul Volturno. Scrisse in versi l’epopea “La leggenda dei Mille. Da Quarto a Calatafimi”. Fu inoltre presente allo storico incontro tra Garibaldi ed il Re Vittorio Emanuele II in Teano (CE). Dopo la spedizione esercitò la professione di medico nel Bergamasco e, una volta liberata la sua terra natale dalla dominazione Asburgica, in Friuli. Era infatti stato dichiarato ricercato all’interno dell’Impero Austro-Ungarico. 50 anni dopo l’epopea dei Mille, ripercorse con gli altri garibaldini rimasti in vita la navigazione ed il movimento svolto tra il 1859 ed il 1860. Allo scoppio della I Guerra Mondiale, benché ottuagenario, chiese di essere arruolato volontariamente come Ufficiale medico, ricevendo un rifiuto. Ciononostante, dopo la disfatta di Caporetto ed a seguito della Battaglia del Piave, prestò volontariamente soccorso ai soldati italiani feriti, ed a quelli austriaci più gravi. Colpito da broncopolmonite nel 1918, a causa delle sue frequenti visite ai soldati feriti nel clima freddo della pianura friulana, non si riprese più, nonostante la fortissima fibra. Morì nel 1921, dopo una vita di sacrifici a servizio della Patria. Fu un uomo talmente virtuoso ed umile, da rifiutare sempre la pubblica arena ed i relativi onori della ribalta.

Lo storico del Risorgimento Germano Bevilacqua, citando espressamente i quattro fratelli Zuzzi, Mattia, Costanzo, Leonardo e Giacomo, scrisse in uno dei suoi libri: “nessun monumento né ringraziamento saranno mai abbastanza grandi e sentiti per onorare quanto la famiglia Zuzzi ha fatto per l’Indipendenza e l’Unità d’Italia”.

Capitano Mattia Zuzzi

 

Invitiamo i lettori di questo spazio web a collaborare con noi, ed inviarci altre testimonianze inedite che saremo lieti di pubblicare su questo sito.

Arch. Paolo Macoratti

Presidente Associazione Garibaldini per l’Italia

Roma – Gianicolo

 

Le celebrazioni ufficiali, fredde nel rispetto del cerimoniale,  sono state lo specchio di un popolo “diseducato” alla democrazia e alla memoria. Siamo consapevoli che l’Italiano deve ancora essere costruito dalle fondamenta; è un problema di  responsabilità collettiva che investe il comune cittadino e tutte le Istituzioni.

Alcune celebrazioni  sono state, per contro, intense e ricche di sana partecipazione. In queste nicchie si è respirata aria pulita, aria repubblicana e popolare, ove i simboli, i canti, i giovani e le famiglie hanno dato senso e colore alla festa e soprattutto incoraggiato tutti ad avere ancora un briciolo di speranza per il futuro. In una di queste siamo stati gentilmente coinvolti.

Riportiamo pertanto una sintesi dell’intervento della nostra Associazione in occasione dell’incontro avvenuto a Roma, nell’atrio del teatro “Il Vascello” di Piazza Rosolino Pilo, organizzato da Licia Perelli, presidente del Comitato di quartiere Monteverde Quattro Venti

L’associazione Garibaldini per l’Italia vive  questo 150° anniversario con profondo disagio;  ci mettiamo infatti nei panni di tutti quei patrioti che, come ricordiamo nel  volantino distribuito, avevano in mente un sogno: quello di una repubblica fondata sulla liberta’, sulla giustizia, sul progresso, sulla solidarieta’; sogni infranti di coloro che parteciparono alla repubblica romana del 1849 e alla spedizione dei mille; sogni infranti di Pisacane, dei fratelli Bandiera, dell’Aspromonte, di Mentana, di Navarons (Friuli)

Oggi siamo molto lontani da quel sogno e allora, con il nostro disagio, ci rendiamo interpreti del loro “intenso dolore”, perche’ l’italia che sognavano non e’ mai nata e, di conseguenza, neanche la maggior parte degli italiani e’ stata “formata” alle nuove idee del Risorgimento.

E’ nata infatti l’italia di Cavour  e di Vittorio Emanuele II, dei suoi successori e del fascismo; e abbiamo dovuto aspettare la guerra di liberazione per ritrovare, con il referendum, la Repubblica.

Nel frattempo, su quali basi si e’ formata la maggioranza  degli italiani? Non certo sugli scritti di Mazzini e sull’esempio di Garibaldi; Mazzini nel 1870, l’anno della presa di Roma, 9 anni dal 17 marzo 1861, fu messo in carcere a Gaeta e poi esiliato, e Garibaldi osservato a vista a Caprera ; Mazzini, come sappiamo,  morira’ a Pisa il 10 Marzo 1872 sotto falso nome. Gli Italiani si sono dunque formati su altre basi e occorre studiare bene la storia per capirlo; altrimenti non si puo’ comprendere il degrado politico e sociale in cui siamo immersi oggi – A questo proposito consiglio la lettura del libro di Ermanno Rea “la fabbrica dell’obbedienza – il lato oscuro e complice degli Italiani”, che fornisce un ottimo contributo per comprendere meglio il nostro DNA culturale.

In realta’ oggi dovremmo festeggiare i due momenti fondamentali nei quali possiamo riconoscerci come cittadini repubblicani: ovvero l’esperienza della Repubblica Romana del 1849 e  quella  della spedizione dei Mille del 1860. Siamo in piazza Rosolino Pilo, patriota siciliano, mazziniano, pedina importante per l’esito positivo della spedizione dei mille perche’, come sapete, organizzo’ insieme a Giovanni Corrao i picciotti che  si unirono a Garibaldi e senza i quali, probabilmente, l’esito dell’impresa sarebbe stato diverso…….; Questi sono  uomini da ricordare!!!

Dovremmo festeggiare la Repubblica Romana del 1849, non solo  perche’ alla sua Costituzione si e’ ispirata quella attuale del 1946 – , come potete constatare all’nterno del pieghevole distribuito, ma anche perche’ l’idea di un’Italia unita e repubblicana e’ nata a Roma. Giovani provenienti da molte regioni, ovvero Stati, avevano creato il Comitato dei Circoli Italiani , proposto dal comitato toscano, cui avevano aderito : il circolo popolare romano capeggiato da Angelo Brunetti, Goffredo Mameli per Genova e gli esponenti dei circoli napoletani, umbri, romagnoli e lombardi.  Tutti insieme  avevano firmato un “manifesto  agli elettori” in cui sostenevano una tesi semplice: ai deputati eletti a suffragio universale nell’assemblea romana doveva contemporaneamente essere affidato il mandato di rappresentare lo stato alla costituente italiana . L’appello terminava cosi’: non resta che riunire la tradizione unitaria e la municipale… da cio’ risulta un’unita’ nazionale, stabilita su base di larghe liberta’ municipali”.

Nel volantino terminiamo con queste parole : manifestiamo un sentimento di intenso dolore per l’agonia della scuola pubblica, unica speranza per le nuove generazioni. La nostra Costituzione non e’ piu’ rispettata; infatti gli articoli che riguardano la scuola pubblica sono stati letteralmente aggirati  (art. 33) :  enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo stato.

In realtà siamo in regressione! Siamo passati dal suffragio universale della Costituente Romana  del 1849  che permetteva di eleggere direttamente i propri rappresentanti, alla nomina dei deputati dell’Italia di oggi fatta dalle segreterie dei partiti . E’ questa la sovranita’ del popolo? E’ questa “democrazia”?

Dobbiamo allora impegnarci tutti con responsabilita’, giorno dopo giorno, ora dopo ora, per poter ritornare a sognare una nuova Italia,  come fecero i gloriosi, cari patrioti del risorgimento.

viva Mazzini, viva Garibaldi, viva l’Italia

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Costituente Romana 1948

Costituente Romana 1948"

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ROMANA, 1849

PRINCIPII FONDAMENTALI

I.
La sovranità è per diritto eterno nel popolo. Il popolo dello Stato Romano è costituito in repubblica democratica.

II.
Il regime democratico ha per regola l’eguaglianza, la libertà, la fraternità. Non riconosce titoli di nobiltà, né privilegi di nascita o casta.

III.
La Repubblica colle leggi e colle istituzioni promuove il miglioramento delle condizioni morali e materiali di tutti i cittadini.

IV.
La Repubblica riguarda tutti i popoli come fratelli: rispetta ogni nazionalità: propugna l’italiana.

V.
I Municipii hanno tutti eguali diritti: la loro indipendenza non è limitata che dalle leggi di utilità generale dello Stato.

VI.
La piú equa distribuzione possibile degli interessi locali, in armonia coll’interesse politico dello Stato è la norma del riparto territoriale della Repubblica.

VII.
Dalla credenza religiosa non dipende l’esercizio dei diritti civili e politici.

VIII.
Il Capo della Chiesa Cattolica avrà dalla Repubblica tutte le guarentigie necessarie per l’esercizio indipendente del potere spirituale.

Titolo I

DEI DIRITTI E DEI DOVERI DEI CITTADINI

Art. 1. – Sono cittadini della Repubblica:

Gli originarii della Repubblica;

Coloro che hanno acquistata la cittadinanza per effetto delle leggi precedenti;

Gli altri Italiani col domicilio di sei mesi;

Gli stranieri col domicilio di dieci anni;

I naturalizzati con decreto del potere legislativo.

Art. 2. – Si perde la cittadinanza:

Per naturalizzazione, o per dimora in paese straniero con animo di non piú tornare;

Per l’abbandono della patria in caso di guerra, o quando è dichiarata in pericolo;

Per accettazione di titoli conferiti dallo straniero;

Per accettazione di gradi e cariche, e per servizio militare presso lo straniero, senza autorizzazione del governo della Repubblica; l’autorizzazione è sempre presunta quando si combatte per la libertà d’un popolo;

Per condanna giudiziale.

Art. 3. – Le persone e le proprietà sono inviolabili.

Art. 4. – Nessuno può essere arrestato che in flagrante delitto, o per mandato di giudice, né essere distolto dai suoi giudici naturali. Nessuna Corte o Commissione eccezionale può istituirsi sotto qualsiasi titolo o nome. Nessuno può essere carcerato per debiti.

Art. 5. – Le pene di morte e di confisca sono proscritte.

Art. 6. -Il domicilio è sacro: non è permesso penetrarvi che nei casi e modi determinati dalla legge.

Art. 7.- La manifestazione del pensiero è libera; la legge ne punisce l’abuso senza alcuna censura preventiva.

Art. 8. – L’insegnamento è libero. Le condizioni di moralità e capacità, per chi intende professarlo, sono determinate dalla legge.

Art. 9. – Il segreto delle lettere è inviolabile.

Art. 10. -Il diritto di petizione può esercitarsi individualmente e collettivamente.

Art. 11. – L’associazione senz’armi e senza scopo di delitto, è libera.

Art. 12. -Tutti i cittadini appartengono alla guardia nazionale nei modi e colle eccezioni fissate dalla legge.

Art. 13. – Nessuno può essere astretto a perdere la proprietà delle cose, se non in causa pubblica, e previa giusta indennità.

Art. 14.La legge determina le spese della Repubblica, e il modo di contribuirvi.

Nessuna tassa può essere imposta se non per legge, nè percetta per tempo maggiore di quello dalla legge determinato.

Titolo II

DELL’ORDINAMENTO POLITICO


Art. 15.- Ogni potere viene dal popolo. Si esercita dall’Assemblea, dal Consolato, dall’Ordine giudiziario.

Titolo III

DELL’ASSEMBLEA

Art. 16. – L’Assemblea è costituita da Rappresentanti del popolo.

Art. 17. – Ogni cittadino che gode i diritti civili e politici a 21 anno è elettore, a 25 è eleggibile.

Art. 18. – Non può essere rappresentante del popolo un pubblico funzionario nominato dai consoli o dai ministri.

Art. 19. -  Il numero dei rappresentanti è determinato in proporzione di uno ogni ventimila abitanti.

Art. 20. – I Comizi generali si radunano ogni tre anni nel 21 aprile.

Il popolo vi elegge i suoi rappresentanti con voto universale, diretto e pubblico.

Art. 21. – L’Assemblea si riunisce il 15 maggio successivamente all’elezione.

Si rinnova ogni tre anni.

Art. 22. -L’Assemblea si riunisce in Roma, ove non determini altrimenti, e dispone della forza armata di cui crederà aver bisogno.

Art. 23. – L’Assemblea è indissolubile e permanente, salvo il diritto di aggiornarsi per quel tempo che crederà. Nell’intervallo può essere convocata ad urgenza sull’invito del presidente co’ segretari, di trenta membri, o del Consolato.

Art. 24. – Non è legale se non riunisce la metà, piú uno dei suoi rappresentanti.

Il numero qualunque de’ presenti decreta i provvedimenti per richiamare gli assenti.

Art. 25. – Le sedute dell’Assemblea sono pubbliche. Può costituirsi in comitato segreto.

Art. 26.- I rappresentanti del popolo sono inviolabili per le opinioni emesse nell’Assemblea, restando interdetta qualunque inquisizione.

Art. 27.-Ogni arresto o inquisizione contro un rappresentante è vietato senza permesso dell’Assemblea, salvo il caso di delitto flagrante. Nel caso di arresto in flagranza di delitto, l’Assemblea che ne sarà immediatamente informata, determina la continuazione o cessazione del processo. Questa disposizione si applica al caso in cui un cittadino carcerato fosse eletto rappresentante.

Art. 28. – Ciascun rappresentante del popolo riceve un indennizzo cui non può rinunziare.

Art. 29. – L’Assemblea ha il potere legislativo: decide della pace, della guerra, e dei trattati.

Art. 30. – La proposta delle leggi appartiene ai rappresentanti e al Consolato.

Art. 31. – Nessuna proposta ha forza di legge, se non dopo adottata con due deliberazioni prese all’intervallo non minore di otto giorni, salvo all’Assemblea di abbreviarlo in caso d’urgenza.

Art. 32. – Le leggi adottate dall’Assemblea vengono senza ritardo promulgate dal Consolato in nome di Dio e del popolo. Se il Consolato indugia, il presidente dell’Assemblea fa la promulgazione.

Titolo IV

DEL CONSOLATO E DEL MINISTERO


Art. 33. – Tre sono i consoli. Vengono nominati dall’Assemblea a maggioranza di due terzi di suffragi. Debbono essere cittadini della repubblica, e dell’età di 30 anni compiti.

Art. 34. – L’ufficio dei consoli dura tre anni. Ogni anno uno dei consoli esce d’ufficio. Le due prime volte decide la sorte fra i tre primi eletti. Niun console può essere rieletto se non dopo trascorsi tre anni dacché uscí di carica.

Art. 35. – Vi sono sette ministri di nomina del Consolato:

1. Degli affari interni;

2. Degli affari esteri;

3. Di guerra e marina;

4. Di finanze;

5. Di grazia e giustizia;

6. Di agricoltura, commercio, industria e lavori pubblici;

7. Del culto, istruzione pubblica, belle arti e beneficenza.

Art. 36. – Ai consoli sono commesse l’esecuzione delle leggi, e le relazioni internazionali.

Art. 37. – Ai consoli spetta la nomina e revocazione di quegli impieghi che la legge non riserva ad altra autorità; ma ogni nomina e revocazione deve esser fatta in consiglio de’ ministri.

Art. 38.-Gli atti dei consoli, finché non sieno contrassegnati dal ministro incaricato dell’esecuzione, restano senza effetto. Basta la sola firma dei consoli per la nomina e revocazione dei ministri.

Art. 39. – Ogni anno, ed a qualunque richiesta dell’Assemblea, i consoli espongono lo stato degli affari della Repubblica.

Art. 40. – I ministri hanno il diritto di parlare all’Assemblea sugli affari che li risguardano.

Art. 41.I consoli risiedono nel luogo ove si convoca l’Assemblea, né possono escire dal territorio della Repubblica senza una risoluzione dell’Assemblea sotto pena di decadenza.

Art. 42. – Sono alloggiati a spese della Repubblica, e ciascuno riceve un appuntamento di scudi tremila e seicento.

Art. 43. -  I consoli e i ministri sono responsabili.

Art. 44. – I consoli e i ministri possono essere posti in stato d’accusa dall’Assemblea sulla proposta di dieci rappresentanti. La dimanda deve essere discussa come una legge.

Art. 45.- Ammessa l’accusa, il console è sospeso dalle sue funzioni. Se assoluto, ritorna all’esercizio della sua carica, se condannato, passa a nuova elezione.

Titolo V

DEL CONSIGLIO DI STATO


Art. 46. – Vi è un consiglio di stato, composto da quindici consiglieri nominati dall’Assemblea.

Art. 47. – Esso deve essere consultato dai Consoli, e dai ministri sulle leggi da proporsi, sui regolamenti e sulle ordinanze esecutive; può esserlo sulle realzioni politiche.

Art. 48. – Esso emana que’ regolamenti pei quali l’Assemblea gli ha dato una speciale delegazione. Le altre funzioni sono determinate da una legge particolare.

Titolo VI

DEL POTERE GIUDIZIARIO

Art. 49. – I giudici nell’esercizio delle loro funzioni non dipendono da altro potere dello Stato.

Art. 50. – Nominati dai consoli ed in consiglio de’ ministri sono inamovibili, non possono essere promossi, né trasclocati che con proprio consenso, né sospesi, degradati, o destituiti se non dopo regolare procedura e sentenza.

Art. 51. – Per le contese civili vi è una magistratura di pace.

Art. 52. – La giustizia è amministrata in nome del popolo pubblicamente; ma il tribunale, a causa di moralità, può ordinare che la discussione sia fatta a porte chiuse.

Art. 53. – Nelle cause criminali al popolo appartiene il giudizio del fatto, ai tribunali l’applicazione della legge. La istituzione dei giudici del fatto è determinata da legge relativa.

Art. 54. – Vi è un pubblico ministero presso i tribunali della Repubblica.

Art. 55. – Un tribunale supremo di giustizia giudica, senza che siavi luogo a gravame, i consoli ed i ministri messi in istato di accusa. Il tribunale supremo si compone del presidente, di quattro giudici piú anziani della cassazione, e di giudici del fatto, tratti a sorte dalle liste annuali, tre per ciascuna provincia. L’Assemblea designa il magistrato che deve esercitare le funzioni di pubblico ministero presso il tribunale supremo. È d’uopo della maggioranza di due terzi di suffragi per la condanna.

Titolo VII

DELLA FORZA PUBBLICA

Art. 56. – L’ammontare della forza stipendiata di terra e di mare è determinato da una legge, e solo per una legge può essere aumentato o diminuito.

Art. 57. – L’esercito si forma per arruolamento volontario, o nel modo che la legge determina.

Art.58.- Nessuna truppa straniera può essere assoldata, né introdotta nel territorio della Repubblica, senza decreto dell’Assemblea.

Art. 59. – I generali sono nominati dall’Assemblea sopra proposta del Consolato.

Art. 60. – La distribuzione dei corpi di linea e la forza delle interne guarnigioni sono determinate dall’Assemblea, né possono subire variazioni, o traslocamento anche momentaneo, senza di lei consenso.

Art. 61. – Nella guardia nazionale ogni grado è conferito per elezione.

Art. 62. – Alla guardia nazionale è affidato principalmente il mantenimento dell’ordine interno e della costituzione.

Titolo VIII

DELLA REVISIONE DELLA COSTITUZIONE

Art. 63. – Qualunque riforma di costituzione può essere solo domandata nell’ultimo anno della legislatura da un terzo almeno dei rappresentanti.

Art. 64. – L’Assemblea delibera per due volte sulla domanda all’intervallo di due mesi. Opinando l’Assemblea per la riforma alla maggioranza di due terzi, vengono convocati i comizii generali, onde eleggere i rappresentanti per la costituente, in ragione di uno ogni 15 mila abitanti.

Art. 65. – L’Assemblea di revisione è ancora assemblea legislativa per tutto il tempo in cui siede, da non eccedere tre mesi.

DISPOSIZIONI TRANSITORIE

Art. 66. – Le operazioni della costituente attuale saranno specialmente dirette alla formazione della legge elettorale, e delle altre leggi organiche necessarie all’attuazione della costituzione.

Art. 67. – Coll’apertura dell’Assemblea legislativa cessa il mandato della costituente.

Art. 68. – Le leggi e i regolamenti esistenti restano in vigore in quanto non si oppongono alla costituzione, e finché non sieno abrogati.

Art. 69. – Tutti gli attuali impiegati hanno bisogno di conferma.

Il Presidente                                       I Vice-Presidenti                                                               I Segretari

G. Galletti                                                A. Saliceti – E. Alloccatelli                                   G. Pennacchi – G. Cocchi
A. Fabretti – A. Zambianchi

PROCLAMAZIONE DELLA REPUBBLICA ROMANA
Decreto istitutivo:
art.1 – Il papato è decaduto di fatto e di diritto dal governo temporale dello Stato Romano.
art.2 – Il Pontefice romano avrà tutte le guarantigie necessarie per la indipendenza nell’esercizio della sua potestà spirituale.
art.3 – La forma del Governo dello Stato Romano sarà la democrazia pura e prenderà il glorioso nome di Repubblica Romana.
Art.4 – La Repubblica Romana avrà con il resto d’Italia le relazioni che esige la nazionalità comune.

Roma lì 9 febbraio 1849 ore 1 antimeridiane Voti: 120 favorevoli – 12 astenuti – 10 contrari

 

Il Presidente                                               I Vice-Presidenti                                                       I Segretari

G. Galletti                                                        A. Saliceti – E. Alloccatelli                                         G. Pennacchi – G. Cocchi
A. Fabretti – A. Zambianchi

triuvmirato

triuvmirato

Bandiera di guerra repubblica Romana

Bandiera di guerra repubblica Romana

i triumviri

i triumviri