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E’ stato giudicato emozionante e commovente l’intervento di Benigni al Festival di San Remo 2011; è stato l’intervento di un attore da Oscar che per qualche minuto si è autoinvestito del ruolo di divulgatore della storia patria. Così Mazzini, Garibaldi, Mameli e tanti altri Patrioti sono saliti, per qualche minuto, alla ribalta.
Si, per qualche minuto e grazie a un personaggio stimolante e appassionato come Roberto Benigni, che è riuscito a condensare in poche battute cinquant’anni di storia risorgimentale. Mentre cantava, in un sublime assolo, l’inno di Mameli, prima di ieri sconosciuto nel suo reale significato alla maggior parte dei tifosi del pallone, spuntava una lacrima sulle guance di molti italiani che solo in quel momento percepivano la grandezza degli uomini e delle donne dell’ottocento e la miseria dell’Italia di oggi.
Sorgono, allora, spontanee alcune domande: perchè il divulgatore Benigni può eccitare le coscienze sopite degli Italiani durante uno spettacolo leggero come il Festival di San Remo, quando lo stesso servizio potrebbe e dovrebbe essere assolto dagli insegnanti delle scuole statali della Repubblica? Perchè la televisione, il più potente medium d’informazione, non viene utilizzata per diffondere la storia, i valori e le vicende che sono alla base delle nostre radici repubblicane? Cosa accadrà quando i riflettori si spegneranno sul 150° dell’unità d’Italia?
La risposta, forse, va ricercata in quella mancata formazione degli Italiani che Mazzini, da meraviglioso visionario, anteponeva a tutto, ritenendola indispensabile per il processo di formazione dello Stato unitario. Il compromesso storico che ha demandato alla Monarchia Sabauda il compito di costituirsi capofila dell’unità nazionale, ha di fatto impedito che il pensiero di Mazzini e l’azione di Garibaldi potessero far maturare, nel tempo, la coscienza civile del popolo italiano. Ancora oggi, nei fatti, non riusciamo a considerarci eredi dei Patrioti del Risorgimento e ci accontentiamo che sia un attore a raccontarci, da un palco, la nostra storia.
Paolo Macoratti