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Gli Italiani del Perù a Nelaton e Zannetti – Medaglia 1862 di L. Seregni - A destra: entro una corona d’alloro, il bastone di Esculapio; a sinistra due specilli, a destra una pinza con la pallottola estratta dal piede di Garibaldi – (Collezione Leandro Mais – Roma)
Per ricordare ancora una volta la data dello scontro tra Esercito Regio e Volontari Italiani guidati da Giuseppe Garibaldi, riportiamo una sintesi del discorso pronunciato in Aspromonte il 29 Agosto 2013 dal Presidente dell’Associazione
Per noi è importante che la memoria storica, uno dei valori fondamentali che definiscono il senso di partecipazione dei singoli alla comunità, si trasmetta di generazione in generazione, perché la sua perdita, e dunque la perdita delle radici comuni, equivarrebbe a negare il futuro ai giovani. La nostra associazione è composta da persone che si riconoscono nei valori di libertà, giustizia e fraternità; valori che hanno mosso generazioni di patrioti ad impegnarsi per il progresso umano e civile del popolo italiano.
Oggi, forse più che in altri momenti storici, è necessario comportarci nella società civile con lo spirito garibaldino dei volontari, attenti agli sviluppi della politica, e vigilanti perché sia rispettata e attuata la costituzione repubblicana; nata, ricordiamolo sempre, con la Resistenza, dalle ceneri del più grande disastro umanitario, civile e sociale della storia. Per questo abbiamo recentemente solidarizzato con tutti quei deputati e senatori della repubblica italiana che oggi, in parlamento, difendono l’art. 138 della nostra costituzione, la cui modifica aprirebbe la porta ad un cambiamento radicale del sistema istituzionale vigente.
La crisi che l’Italia sta oggi vivendo è pesantissima, non solo per l’economia, ma soprattutto per la perdita dei valori di riferimento nei quali riconoscerci in un concetto più ampio di Patria; e ce lo ricorda Giuseppe Mazzini ne “i doveri dell’uomo”: “finché un solo (cittadino) vegeta ineducato tra gli educati, finché un solo, capace e voglioso di lavoro, langue, per mancanza di lavoro, nella miseria, voi non avrete la patria come dovreste averla, la patria di tutti, la patria per tutti”. La mancanza di lavoro su cui si fonda la costituzione repubblicana ha dunque come effetto indotto la perdita di un riferimento comune fondamentale: la Patria.
La frase di Mazzini ci rende ancora più consapevoli che l’Italia, intesa come popolo, si debba ancora fare. ! è sorprendente l’affinità dei comportamenti dei politici di allora con quelli di oggi. Il problema è di “formazione” che non può certo essere affidata ai cattivi esempi, alla corruzione e al malaffare; alle televisioni che hanno trasformato potenziali cittadini in esperti consumatori. No, non è questa l’Italia che vogliamo! Formazione, dicevo, ma occorre iniziare dal basso: la nostra prossima battaglia avrà come oggetto la scuola pubblica, perché venga ripristinato lo studio del risorgimento nella scuola primaria che, come certo saprete, è stato soppresso da diversi anni.
Aspromonte – oggi siamo qui in Aspromonte! L’ignoranza su questo avvenimento è tutt’ora sconcertante: c’è chi ne sente parlare per la prima volta, chi lo confonde con l’impresa dei mille, affermando che lo scontro ci fu, ma tra i garibaldini e i Borboni! Così Garibaldi descrive, in poche righe, nelle sue memorie, il fatto: “nel ’62 l’esercito italiano, perché più forte, e noi deboli assai, ci votò all’esterminio ed alacremente corse su di noi come su briganti, e forse più volentieri ! Intimazioni non ve ne furono di sorta…; si trattava d’esterminio e siccome tra figli della stessa madre potevasi temere titubanza, cotesti ordini furono senza dubbio, di non dar tempo nemmeno alla riflessione”. Quel ripetere due volte esterminio, ci fa capire bene ciò che ha rappresentato per l’Italia l’Aspromonte : spazzare una volta per tutte quel peso (ingombrante per la destra monarchica, e imbarazzante per la sinistra trasformista) rappresentato da Garibaldi e dai volontari garibaldini.
Un problema essenzialmente politico di delegittimazione del movimento rivoluzionario nato fin dai primi moti carbonari e terminato con la disfatta di Mentana. E delegittimazione fu, anche grazie ad una sinistra che aveva perso la sua identità risorgimentale, come affermerà il deputato Matteo Renato Imbriani, che il 22 febbraio 1890 in una seduta del parlamento dirà: “non era questa, no, l’Italia sognata dai nostri sommi, sognata dai nostri martiri, sognata da Giuseppe Mazzini, sognata da Giuseppe Garibaldi e anche da Camillo Cavour, che aveva pur esso il sentimento dell’indipendenza, sebbene non egualmente quello dell’unità; non era questa l’Italia sognata da quei due grandi fattori della nostra indipendenza, del nostro risorgimento.”
C’è una lapide a “Centuripe” (En), scritta dal poeta Mario Rapisardi nel 1907 che riassume con efficacia il dramma dell’Aspromonte: “Giuseppe Garibaldi, intento alla liberazione di Roma /perseguitato come un masnadiero / da soldati italiani / per la doppiezza vile dei governanti / il 17 agosto 1862 / sostò coi suoi prodi in questa città….. il mancato parricidio d’Aspromonte / ferì il cuore della nazione / marchiò d’infamia il nuovo regno / non distolse l’eroe / dalla magnanima impresa / non offuscò la sua fede / nel trionfo di Roma / iniziatrice di un’era novella / nella storia della civiltà”.
Per concludere, una parola sul ruolo e il valore dei volontari che seguirono Garibaldi. Garibaldi stesso, nei suoi romanzi-verità mette spesso in evidenza il contrasto fra la “schiera di volontari, di martiri, di eroi, le minoranze di cui non manca mai l’Italia”, e la “turba di codardi, di prezzolati, di prostituti, sempre pronti a inginocchiarsi davanti a tutte le tirannidi (e al capo carismatico di turno) e di quei sciagurati uomini che si chiamano moderati che, dice ironicamente: nel fare il bene sono moderati davvero! Ma ciò che lo addolora di pù’ è riassunto in queste poche parole: “l’indifferenza di quelle masse, per cui uno si sacrifica è, infine, di tutti i mali il peggiore“
L’indifferenza, che ancora oggi caratterizza l’analfabetismo civile di gran parte del popolo italiano, conferma, fuori di ogni dubbio, la necessità, come dicevo all’inizio dell’intervento, della sua educazione e formazione.
Ricordiamo, oltre ai volontari d’Aspromonte, anche i volontari della Repubblica Romana del 1849, dei Mille, di Bezzecca e di Mentana, ma anche del 1864 in Friuli, a Navarons : persone che hanno lasciato i loro affetti – che hanno dato tutto alla Patria; tra i superstiti, molti sono morti in povertà. Citerò, ora, i nomi di alcuni caduti dello scontro d’Aspromonte e dell’eccidio di fantina, al termine del quale propongo 10 secondi di raccoglimento in loro memoria:
QUI CADDERO IL 29 AGOSTO 1862:
Monticco Alessandro-Garibaldino- da S. Vito al Tagliamento-anni 22
Ricci N.-Garibaldino romagnolo
Urso Ignazio-Già tenente dei bersaglieri-Nato a Palermo-anni 33
FURONO FUCILATI A FANTINA IL 2 SETTEMBRE 1862 :
Balestra Giovanni-Bersagliere-N. Roma-anni 21 (Preso prigioniero e interrogato, rispose fieramente di non considerarsi disertore perchè seguire Garibaldi significava insediare Vittorio Emanuele in Campidoglio)
Bianchi Costante-Bersagliere-N. forse a Graffignano (VT)
Botteri Giovanni-Calzolaio-Nato a Parma-anni 21 (già combattente nel ’59 e ’60)
Cerretti Giovanni-Bersagliere-Nato a Trecenta (Rovigo)-anni 17
Della Momma Barnaba-Bersagliere-Nato a Roma
Grazioli Ulisse-Garibaldino-Nato a Parma
Pensieri Ernesto-Garibaldino-Nato forse a Pavia
(PAUSA DI RIFLESSIONE)
CONCLUDO CITANDO GIUSEPPE GARIBALDI CHE NE “I MILLE” COSI’ SI ESPRIME SUI VOLONTARI, MORTI E FERITI IN TANTE BATTAGLIE:
” IO LI HO VEDUTI MORENTI ! E NARRO DI LORO COGLI OCCHI UMIDI E IL CUORE COMMOSSO. SI ! MORENTI QUEI MIEI CARI GIOVINETTI ! LEONI SUL CAMPO DI BATTAGLIA, ORA GIACENTI SUL LETTO DEL DOLORE; MOLTI NON GIUNGEVANO AI TRE LUSTRI ! LE LORO BELLE CAPIGLIATURE, BIONDE, NERE, CASTAGNE – POICHE’ ESSE PONNO ADDITARE ALLE VARIE LATITUDINI DI QUESTA NOSTRA BELLA PENISOLA – LE LORO BELLE CHIOME ERANO SCAPIGLIATE, ED A MOLTI INTRISE DI SANGUE ! IO PIANGO SCRIVENDO !… I LORO OCCHI INFANTILI – IN CUI HAN CESSATO DI BEARSI LE GENETRICI SVENTURATE – I LORO OCCHI, RIVOLTI A ME, ANIMARONSI, COME SE VOLESSERO RASSICURARMI, CONSOLARMI DEL MIO CORDOGLIO E DIRMI:”NON E’ NULLA ! IL DOVER NOSTRO L’ABBIAM FATTO, E MORIAMO CONTENTI, GIACCHE’ LA VITTORIA SORRISE ALLE ARMI DEI VALOROSI! A MOLTI, IL LORO ULTIMO PENSIERO ERA RIVOLTO A QUESTA TERRA, CHE PER LORO, PER IL NOBILE SACRIFICIO DELLA LORO VITA, NON SARA’ PIU’ ANCELLA DI PREPOTENTI – E MORIVANO ESCLAMANDO: “VIVA L’ITALIA !” E L’ITALIA LI HA SCORDATI; POVERI GIOVANI!…
SI, L’ITALIA RAMMENTERA’ IL VOSTRO EROISMO, QUANDO, PASSATI QUESTI SCHIFOSI TEMPI DI MISERIE, DI DEPREDAZIONI E DI GARANZIE ALLA MENZOGNA – CHE RIDICOLISSIMAMENTE OCCUPANO TUTTI GLI ISTANTI DI QUESTE CIME REGOLATRICI DEL MONDO – ESSA POTRA’ VIVERE DIGNITOSAMENTE E LIBERAMENTE SENZA OFFENDERE, MA SENZA TEMER NESSUNO.
VIVA L’ITALIA, VIVA GARIBALDI, VIVA I VOLONTARI GARIBALDINI
Il Consiglio Direttivo dell’Associazione Garibaldini per l’Italia ha conferito a Leandro Mais la tessera di Socio Onorario n° 05/o. Mercoledì 4 febbraio 2015, alla presenza del Presidente Paolo Macoratti, dei soci Monica Simmons e Gianni Blumthaler, e della moglie Maria Pia Rosati Mais, sono stati consegnati a Leandro la tessera, il fazzoletto sociale e una targa ricordo. La riproduzione dell’immagine del retro-targa è stata autorizzata dallo scultore Gabriele Di Maulo.
MOTIVAZIONE TESSERA ONORARIA N° 05/O
Per Mais Leandro, ricercatore storico e collezionista
Il Consiglio Direttivo. in conformità agli artt. 7 e 4 dello Statuto ha deciso all’unanimità di concedere a Mais Leandro la qualifica di Socio Onorario dell’Associazione Garibaldini per l’Italia,
per l’impegno costante dedicato allo studio dei documenti e dei reperti del Risorgimento italiano, con particolare riferimento alle imprese eroiche di Giuseppe Garibaldi.
Si riconosce a Leandro Mais il merito di aver arricchito con scrupolose, appassionate e approfondite indagini il patrimonio della cultura storica italiana; di aver gratuitamente e generosamente rese accessibili le sue collezioni perché fossero divulgati i valori civili e umani in esse contenuti; di aver favorito attraverso la ricerca della verità storica l’educazione delle giovani generazioni
Tra i documenti da cui gli studiosi traggono spunti, notizie e prove degli eventi che hanno determinato fatti storici più o meno rilevanti, lo studio delle monete o delle medaglie del passato è privilegio di pochi ricercatori. Per l’interesse che la nostra associazione nutre per il periodo risorgimentale, riteniamo utile presentare questa piccola ma significativa nota del ricercatore storico Leandro Mais che, dopo aver raccolto una gran quantità di reperti legati al Risorgimento, e in particolare intorno alla figura di Giuseppe Garibaldi, ne ha studiato con passione ogni piccolo indizio che potesse alimentare la complessa conoscenza della verità storica. In questa prospettiva, personaggi storici di riferimento come il Re d’Italia Vittorio Emanuele II, si presentano al giudizio degli Italiani con il loro vero volto; assai dissimile dalla perfetta iconografia che li ritrae sempre nobili.
P.M.
FALSITA’ E INGRATITUDINE IN UNA MEDAGLIA DEL RE “GALANTUOMO”
di Leandro Mais
Questa medaglia fu concessa a tutti coloro che presero parte alla liberazione della Sicilia nel 1860 (quindi non solo ai 1089 di Marsala ma anche a tutti gli altri che vi si aggregarono successivamente). Il decreto è il N°10 del 12 dicembre 1860 e la medaglia fu concessa in argento ai mutilati e ai feriti, e in bronzo a tutti gli altri ( 1 ). Da un primo esame del Rovescio di questa medaglia si potrebbe pensare che la liberazione della Sicilia del 1860 sia stata opera dell’”Italia e Casa Savoia”. Considerando poi che nel Dritto appare solamente il ritratto di Vittorio Emanuele e nessun riferimento al vero “liberatore”, possiamo confermare che questa medaglia dichiara una falsità. Se invece vogliamo dare all’iscrizione del R. una interpretazione non espressa, ovvero che ” l’Italia e Casa di Savoia” offrono in ricordo questa medaglia ai liberatori della Sicilia, ciò non si può affermare per come è scritto. Quindi non comparendo nessun chiaro riferimento ai veri liberatori possiamo senz’altro definire questa medaglia un segno di ingratitudine sovrana verso i veri liberatori e il loro glorioso capo.
Una notizia particolarmente interessante (vedi pag. 199 di cui alla nota 1) è quella della concessione di un esemplare in oro al Generale Garibaldi (definito nel catalogo “Liberatore della Sicilia” ??). Il decreto di questo è il N° 83 dell’ 11 Gennaio 1862. Lascio immaginare il “gradimento” da parte dell’Eroe quando ricevette un “riconoscimento” nel quale era completamente assente ogni riferimento al vero liberatore. E’ invece storicamente accertato dalle cronache dell’epoca l’effetto di ripulsa che ebbe questa medaglia quando fu assegnata ai garibaldini. In più si noti la data di concessione di quella in oro consegnata all’eroe: “1862 “. Questo è l’anno che nella storia d’Italia porta la data più tragica: ” 29 Agosto 1862″.
Garibaldi quel giorno non ricevette una seconda medaglia d’oro dal suo Re, ma una palla di piombo di moschetto che lo rese invalido per tutto il resto della vita.
( 1 ) – Tutti i dati dei vari decreti ufficiali di questa medaglia sono descritti da pag. 197 a pag. 201 del catalogo:” Le decorazioni del Regno di Sardegna e del Regno d’Italia” di Costantino Scarpa e Paolo Cézzanne – Vol. 1 – Roma 1892
Ricordare questo giorno è ancora oggi necessario e importante; non tanto per fare memoria dell’evento-bombardamento di Porta Pia che lo Stato Monarchico Italiano, riunito dopo una lunga serie di annessioni quanto meno discutibili, esercitò contro lo Stato Monarchico assoluto della Chiesa, quanto per verificare gli effetti che quel tipo di intervento politico e militare produssero nella coscienza degli Italiani. Effetti ancora in gran parte irrisolti nell’ambito dei rapporti tra Stato Repubblicano e Chiesa Cattolica, tra laicità delle istituzioni e influenza confessionale. Dove erano, quel 20 settembre 1870, i nostri più autorevoli patrioti? Garibaldi si preparava per combattere a Digione, in Francia, schierato con i nemici di sempre, a difendere i confini francesi dai Prussiani; Mazzini in carcere a Gaeta, arrestato dopo un tentativo insurrezionale repubblicano in Sicilia. Due assenze che confermano un percorso storico durante il quale venne meno la matrice popolare e democratica, che avrebbe probabilmente sovvertito i rapporti di forza tra stato laico e chiesa cattolica.
Ringraziando la Professoressa Maria Mantello, presidente dell’Associazione Nazionale del libero pensiero “Giordano Bruno”, per la sua costante attività culturale di informazione, rivolta principalmente all’approfondimento dei problemi legati alla laicità dello Stato, crediamo sia giusto onorare il “20 settembre” riportando il suo significativo articolo pubblicato sul periodico “Libero pensiero”, riferito alla Relazione presentata al congresso di Londra dell’11 Agosto 2014 sulla separazione Stato/Chiese.
Tre anni sono passati dal cuore delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Italia unita (vedi articolo 17 marzo 2011 ). Eravamo a Roma, sul piazzale del Gianicolo, quel 17 marzo, a testimoniare la nostra profonda amarezza; non certo per l’Italia unita, che abbiamo festeggiato e festeggiamo ogni giorno nei nostri cuori, quanto per l’Italia incompiuta che sempre più soffoca il nostro vivere quotidiano, rendendoci complici involontari, ma non per questo incolpevoli, di una regressione culturale senza precedenti.
Quale personaggio storico potrebbe mai rappresentare più degnamente l’ unità del Paese, se non Giuseppe Mazzini, la vetta più alta del pensiero intellettuale, morale e civile dell’Italia e una delle più avanzate d’Europa? Il 10 marzo scorso, nel 142° della sua morte, solo pochissimi Italiani si sono ricordati di Lui; eppure è stato perseguitato, ha subito il carcere, è morto sotto falso nome per restare fedele fino in fondo agli ideali democratici e repubblicani.
Questo Paese ha bisogno di radici sane, e queste devono essere riconosciute dai semi buoni della storia, quelli autentici e puri. Si deve aver cura di separarli da innesti pericolosi, quando dominati dall’interesse e dalla cupidigia. Per questo occorre affrancare chi ha operato per l’Italia (Mazzini e Garibaldi) da chi se ne è servito (Cavour e Vittorio Emanuele II); si eviteranno così dannose paccottiglie, utili soprattutto a rafforzare coloro che speculano sull’ignoranza del Popolo.
Questo è il nostro pensiero – Il 17 marzo 2011 lo abbiamo condensato in un volantino (che oggi riproponiamo aggiornato) e consegnato nelle mani del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
VIVA L’ITALIA
di Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi
NOI,
RAGAZZI VOLONTARI DEL RISORGIMENTO,
CHE ABBIAMO SOGNATO UNA REPUBBLICA FONDATA SULLA LIBERTA’, SULLA GIUSTIZIA, SUL PROGRESSO, SULLA SOLIDARIETA’;
NOI,
CHE ABBIAMO OFFERTO LE NOSTRE GIOVANI VITE PER L’ITALIA UNITA, E PER VOI, CHE OGGI GODETE IL FRUTTO DEL NOSTRO SACRIFICIO
OGGI, 17 MARZO 2014
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MANIFESTIAMO UN SENTIMENTO DI INTENSO DOLORE…
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PER UNA PATRIA E UNA DEMOCRAZIA INCOMPIUTE
PER UNA SOCIETA’ CHE TRASCURA IL BENE COMUNE PER SETE DI POTERE E DI DENARO
PER UN POPOLO DISEDUCATO ALLA RESPONSABILITA’, CHE IGNORA L’OSSERVANZA DEI DOVERI E LA DIFESA DEI DIRITTI
PER L’AGONIA DELLA SCUOLA PUBBLICA - UNICA SPERANZA PER LE FUTURE GENERAZIONI
L’Associazione Garibaldini per l’Italia, insieme all’Associazione Nazionale Garibaldina, celebrerà il 29 Agosto 2013 alle ore 9,00, al Cippo Garibaldi in Aspromonte, il 151° anniversario dello scontro “fratricida” tra le truppe Italiane comandate dal Generale Pallavicini e i volontari comandati da Giuseppe Garibaldi.
Lo scorso anno, in occasione del 150°, mettemmo in evidenza l’indifferenza, oltre all’ignoranza, che gran parte della popolazione riserva allo scontro dell’Aspromonte , quasi rappresentasse per gli Italiani un episodio insignificante nel panorama complessivo del Risorgimento (vai all’articolo). A coloro invece che cercano di approfondire e comprendere le motivazioni storiche e culturali che hanno formato lo Stato unitario, i cui sviluppi ancora oggi si ripercuotono con incredibile efficacia sulla nostra realtà politica e sociale, abbiamo voluto dedicare una giornata di celebrazione, memoria e dibattito nei luoghi stessi ove avvenne lo scontro.
Giovedì 29 Agosto 2013 – ore 9,00 – Cippo Garibaldi – Comune di S. Eufemia (RC)
VIDEO DELL’EVENTO
“Nessuno può servire a due padroni; perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e trascurerà l’altro. Non potete servire a Dio e a mammòna” (Vangeli di Matteo e Luca)
Così come l’insegnamento cristiano impone al fedele l’osservanza di questa semplice e coerente scelta di campo, nello stesso modo il cittadino di una Repubblica democratica ha il dovere di scegliere tra chi opera per il bene della collettività e chi utilizza le Istituzioni per soddisfare e potenziare interessi privati che contrastano lo sviluppo e il progresso del Popolo.
I recenti, incredibili avvenimenti legati all’elezione del Capo dello Stato hanno impedito che in Italia si realizzasse, almeno sulla carta, quel processo di reale cambiamento e quell’inversione di tendenza politica e culturale da tempo invocata.
Nelle pagine di questo sito abbiamo più volte sottolineato la coincidenza tra i comportamenti delle varie correnti politiche della seconda metà dell’ottocento (conservatrici, moderate riformiste o democratiche e rivoluzionarie) e quelle dei nostri giorni; comportamenti drammaticamente simili per inciuci, ignavia, camaleontismo, superbia; e quanto tali posizioni fossero condannate molto duramente da Garibaldi, Mameli, Mazzini e tutti coloro che avevano compreso quanto fosse importante costruire una società nuova su solide e virtuose fondamenta, non solo per unificare un territorio culturalmente eterogeneo, quanto per formare la coscienza civile di un intero Popolo. La maggior parte delle strade delle nostre città sono ora asfaltate e non più polverose come quelle dell’800, ma la personalità degli uomini che le calpestano è cresciuta in cinismo e individualismo. Il problema di fondo, dunque, rimane: la maggioranza degli Italiani deve ancora essere “formata” alla civiltà e al progresso; e certo non aiuta aver affossato culturalmente e finanziariamente la scuola pubblica, fonte indiscussa di formazione e crescita del cittadino.
Non si può servire a due padroni! Come possiamo essere indifferenti alle vicende che hanno portato l’Italia a sprofondare ai livelli più bassi della sua storia repubblicana? Come possiamo ignorare le politiche sbagliate, gli scandali, le ruberie, i conflitti d’interesse, le concussioni, le corruzioni, le connivenze con le mafie, che certi opportunisti legati a Silvio Berlusconi (compresa quella pseudo-opposizione e quelle figure istituzionali che ne hanno favorito il dilagare) hanno inflitto al povero Popolo italiano, stordito dalle televisioni e ingannato da tali abili manovratori? Occorre scegliere: servire due padroni peggiorerà ulteriormente la grave crisi che stiamo vivendo.
Se solo ci fossimo liberati dalle scorie del passato, dai vincoli del partitismo autoritario, apparentemente democratico, che non vuole sacrificare il piccolo potere di una piccola casta al vero bene della collettività, avremmo visto, forse, nascere una luce per l’Italia; la stessa luce sognata dalle nuove generazioni che avevano identificato Stefano Rodotà con l’uomo che incarnava la speranza.
Paolo Macoratti
PER CHIARIRE IL SIGNIFICATO DELLA CANDIDATURA DI STEFANO RODOTA’, INSERIAMO LA LETTERA CHE LO STESSO HA SCRITTO A EUGENIO SCALFARI
Questa la lettera di Stefano Rodotà a Eugenio Scalfari, che lo aveva pesantemente attaccato per la sua scelta di offrire il fianco al Movimento 5 Stelle:
Caro direttore,
non è mia abitudine replicare a chi critica le mie scelte o quel che scrivo. Ma l’articolo di ieri di Eugenio Scalfari esige alcune precisazioni, per ristabilire la verità dei fatti.
E, soprattutto, per cogliere il senso di quel che è accaduto negli ultimi giorni. Si irride alla mia sottolineatura del fatto che nessuno del Pd mi abbia cercato in occasione della candidatura alla presidenza ella Repubblica (non ho parlato di amici che, insieme a tanti altri, mi stanno sommergendo con migliaia di messaggi). E allora: perché avrebbe dovuto chiamarmi Bersani? Per la stessa ragione per cui, con grande sensibilità, mi ha chiamato dal Mali Romano Prodi, al quale voglio qui confermare tutta la mia stima. Quando si determinano conflitti personali o politici all’interno del suo mondo, un vero irigente
politico non scappa, non dice «non c’è problema », non gira la testa dall’altra parte. Affronta il problema, altrimenti è lui a venir travolto dalla sua inconsapevolezza o pavidità. E sappiamo com’è andata oncretamente a finire.
La mia candidatura era inaccettabile perché proposta da Grillo? E allora bisogna parlare seriamente di molte cose, che qui posso solo accennare. È infantile, in primo luogo, adottare questo criterio, che enota in un partito l’esistenza di un soggetto fragile, insicuro, timoroso di perdere una identità peraltro mai conquistata. Nella drammatica giornata seguita all’assassinio di Giovanni Falcone, l’esigenza di una risposta istituzionale rapida chiedeva l’immediata elezione del presidente della Repubblica, che si trascinava da una quindicina di votazioni. Di fronte alla candidatura di Oscar Luigi Scalfaro, più d’uno nel Pds osservava che non si poteva votare il candidato “imposto da Pannella”. Mi adoperai con successo, insieme ad altri, per mostrare l’infantilismo politico di quella reazione, sì che poi il Pds votò compatto e senza esitazioni, contribuendo a legittimare sé e il Parlamento di fronte al Paese.
Incostituzionale il Movimento 5Stelle? Ma, se vogliamo fare l’esame del sangue di costituziona-lità, dobbiamo partire dai partiti che saranno nell’imminente governo o maggioranza. Che dire della Lega, con le minacce di secessione, di valligiani armati, di usi impropri della bandiera, con il rifiuto della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, con le sue concrete politiche razziste e omofobe? È folklore o agire in sé incostituzionale? E tutto quello che ha documentato Repubblica nel corso di tanti anni sull’intrinseca e istituzionale incostituzionalità dell’agire dei diversi partiti berlusconiani? Di chi è la responsabilità del nostro andare a votare con una legge elettorale viziata di incostituzionalità, come ci ha appena ricordato lo stesso presidente della Corte costituzionale? Le dichiarazioni di appartenenti al Movimento 5Stelle non si sono mai tradotte in atti che possano essere ritenuti incostituzionali, e il loro essere nel luogo costituzionale per eccellenza, il Parlamento, e il confronto e la ialettica che ciò comporta, dovrebbero essere da tutti considerati con serietà nella ardua fase di transizione politica e istituzionale che stiamo vivendo.
Peraltro, una analisi seria del modo in cui si è arrivati alla mia candidatura, che poteva essere anche quella di Gustavo Zagrebelsky o di Gian Carlo Caselli o di Emma Bonino o di Romano Prodi, smentisce la tesi di una candidatura studiata a tavolino e usata strumentalmente da Grillo, se appena si ha nozione dell’iter che l’ha preceduta e del fatto che da mesi, e non soltanto in rete, vi erano appelli per una mia candidatura. Piuttosto ci si dovrebbe chiedere come mai persone storicamente appartenenti all’area della sinistra italiana siano state snobbate dall’ultima sua incarnazione e abbiano, invece, ollecitato l’attenzione del Movimento 5Stelle. L’analisi politica dovrebbe essere sempre questa, lontana da malumori o anatemi.
Aggiungo che proprio questa vicenda ha smentito l’immagine di un Movimento tutto autoreferenziale, arroccato. Ha pubblicamente e ripetutamente dichiarato che non ero il candidato del Movimento, ma una personalità (bontà loro) nella quale si riconoscevano per la sua vita e la sua storia, mostrando così di voler aprire un dialogo con una società più larga. La prova è nel fatto che, con sempre maggiore chiarezza, i responsabili parlamentari e lo stesso Grillo hanno esplicitamente detto che la mia elezione li avrebbe resi pienamente disponibili per un via libera a un governo. Questo fatto politico, nuovo ispetto alle posizioni di qualche settimana fa, è stato ignorato, perché disturbava la strategia rovinosa, per sé e per la democrazia italiana, scelta dal Pd. E ora, libero della mia ingombrante presenza, forse il Pd dovrebbe seriamente interrogarsi su che cosa sia successo in questi giorni nella società italiana, senza giustificare la sua distrazione con l’alibi del Movimento 5Stelle e con il fantasma della Rete.
Non contesto il diritto di Scalfari di dire che mai avrebbe pensato a me di fronte a Napolitano. Forse poteva dirlo in modo meno sprezzante. E può darsi che, scrivendo di non trovare alcun altro nome al posto di Napolitano, non abbia considerato che, così facendo, poneva una pietra tombale sull’intero Pd, ritenuto incapace di esprimere qualsiasi nome per la presidenza della Repubblica.
Per conto mio, rimango quello che sono stato, sono e cercherò di rimanere: un uomo della sinistra italiana, che ha sempre voluto lavorare per essa, convinto che la cultura politica della sinistra debba essere proiettata verso il futuro. E alla politica continuerò a guardare come allo strumento che deve tramutare le traversie in opportunità.
La vittoria momentanea delle forze militari e volontarie della Repubblica Romana suscitò grandi entusiasmi nel Popolo di Roma; si era riusciti a battere sul terreno uno dei più potenti eserciti del mondo. La macchina bellica francese avrebbe schiacciato con le armi, solo un mese dopo, le speranze e le illusioni di quella meravigliosa stagione.
E’ stata celebrata la ricorrenza del 30 Aprile con la Società di Mutuo Soccorso “Giuseppe Garibaldi”, l’Istituto Internazionale di studi “Giuseppe Garibaldi”, ente promotore, l’Associazione Nazionale Garibaldina, l’Associazione Nazionale “Cacciatori delle Alpi” e l’Associazione culturale “Gli amici di Righetto”. Ha partecipato alla celebrazione la V classe dell’Istituto comprensivo “Via Crivelli”, accompagnata dal Dirigente scolastico e da due insegnanti ; la Presidente della Commissione scuola, cultura e sport del Municipio XVI, Avv. Cristina Maltese, la Direttrice del Museo della Repubblica Romana Dott.ssa Mara Minasi e varie Associazioni culturali e d’Arma. Alla presenza di Giuseppe Garibaldi, Presidente dell’Ist. Internaz. di Studi “Giuseppe Garibaldi”, della Signora Maria Antonietta Grima Serra, Presidente dell’Associazione Nazionale Garibaldina, dell’Arch. Paolo Macoratti, Presidente dell’Associazione Garibaldini per l’Italia, sono intervenuti il Prof. Giuseppe Monsagrati e il Prof. Franco Tamassia. La cerimonia è stata significativa per la presenza di alcuni discendenti di Goffredo Mameli e di Paolo Narducci, quest’ultimo tra i primi a cadere il 30 Aprile 1849 per la repubblica Romana.
http://www.youtube.com/watch?v=96ePk3QCS5o
Roma, 30 Aprile 2013 – ore 11,30 - Museo Ossario Garibaldino - Via Garibaldi, 29/e – http://www.facebook.com/photo.php?v=451725671579134
20 marzo 2012 | ||
21:00 | a | 23:00 |
Settimo incontro sulla Repubblica Romana del 1849. Tema centrale l’arrivo a Roma di Giuseppe Mazzini. E’ un momento storico di altissimo valore per la conquista delle libertà civili e democratiche di ogni popolo, che videro Roma e l’Italia protagoniste di una rivoluzione culturale senza precedenti.
Conferenza a cura dell’Associazione Gruppo Laico di Ricerca
SETTIMA PARTE :
http://www.gruppolaico.it/category/incontri-di-ricerca/
Appuntamentio a Roma, via Caffaro, 10
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MARTEDI’ 20 marzo 2012 – ore 21,00
PER CONSULTARE I DOCUMENTI SULLA REPUBBLICA ROMANA, VAI ALLA PAGINA DEI “LINK A SITI AMICI”