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Roma – Gianicolo
Le celebrazioni ufficiali, fredde nel rispetto del cerimoniale, sono state lo specchio di un popolo “diseducato” alla democrazia e alla memoria. Siamo consapevoli che l’Italiano deve ancora essere costruito dalle fondamenta; è un problema di responsabilità collettiva che investe il comune cittadino e tutte le Istituzioni.
Alcune celebrazioni sono state, per contro, intense e ricche di sana partecipazione. In queste nicchie si è respirata aria pulita, aria repubblicana e popolare, ove i simboli, i canti, i giovani e le famiglie hanno dato senso e colore alla festa e soprattutto incoraggiato tutti ad avere ancora un briciolo di speranza per il futuro. In una di queste siamo stati gentilmente coinvolti.
Riportiamo pertanto una sintesi dell’intervento della nostra Associazione in occasione dell’incontro avvenuto a Roma, nell’atrio del teatro “Il Vascello” di Piazza Rosolino Pilo, organizzato da Licia Perelli, presidente del Comitato di quartiere Monteverde Quattro Venti
L’associazione Garibaldini per l’Italia vive questo 150° anniversario con profondo disagio; ci mettiamo infatti nei panni di tutti quei patrioti che, come ricordiamo nel volantino distribuito, avevano in mente un sogno: quello di una repubblica fondata sulla liberta’, sulla giustizia, sul progresso, sulla solidarieta’; sogni infranti di coloro che parteciparono alla repubblica romana del 1849 e alla spedizione dei mille; sogni infranti di Pisacane, dei fratelli Bandiera, dell’Aspromonte, di Mentana, di Navarons (Friuli)
Oggi siamo molto lontani da quel sogno e allora, con il nostro disagio, ci rendiamo interpreti del loro “intenso dolore”, perche’ l’italia che sognavano non e’ mai nata e, di conseguenza, neanche la maggior parte degli italiani e’ stata “formata” alle nuove idee del Risorgimento.
E’ nata infatti l’italia di Cavour e di Vittorio Emanuele II, dei suoi successori e del fascismo; e abbiamo dovuto aspettare la guerra di liberazione per ritrovare, con il referendum, la Repubblica.
Nel frattempo, su quali basi si e’ formata la maggioranza degli italiani? Non certo sugli scritti di Mazzini e sull’esempio di Garibaldi; Mazzini nel 1870, l’anno della presa di Roma, 9 anni dal 17 marzo 1861, fu messo in carcere a Gaeta e poi esiliato, e Garibaldi osservato a vista a Caprera ; Mazzini, come sappiamo, morira’ a Pisa il 10 Marzo 1872 sotto falso nome. Gli Italiani si sono dunque formati su altre basi e occorre studiare bene la storia per capirlo; altrimenti non si puo’ comprendere il degrado politico e sociale in cui siamo immersi oggi – A questo proposito consiglio la lettura del libro di Ermanno Rea “la fabbrica dell’obbedienza – il lato oscuro e complice degli Italiani”, che fornisce un ottimo contributo per comprendere meglio il nostro DNA culturale.
In realta’ oggi dovremmo festeggiare i due momenti fondamentali nei quali possiamo riconoscerci come cittadini repubblicani: ovvero l’esperienza della Repubblica Romana del 1849 e quella della spedizione dei Mille del 1860. Siamo in piazza Rosolino Pilo, patriota siciliano, mazziniano, pedina importante per l’esito positivo della spedizione dei mille perche’, come sapete, organizzo’ insieme a Giovanni Corrao i picciotti che si unirono a Garibaldi e senza i quali, probabilmente, l’esito dell’impresa sarebbe stato diverso…….; Questi sono uomini da ricordare!!!
Dovremmo festeggiare la Repubblica Romana del 1849, non solo perche’ alla sua Costituzione si e’ ispirata quella attuale del 1946 – , come potete constatare all’nterno del pieghevole distribuito, ma anche perche’ l’idea di un’Italia unita e repubblicana e’ nata a Roma. Giovani provenienti da molte regioni, ovvero Stati, avevano creato il Comitato dei Circoli Italiani , proposto dal comitato toscano, cui avevano aderito : il circolo popolare romano capeggiato da Angelo Brunetti, Goffredo Mameli per Genova e gli esponenti dei circoli napoletani, umbri, romagnoli e lombardi. Tutti insieme avevano firmato un “manifesto agli elettori” in cui sostenevano una tesi semplice: ai deputati eletti a suffragio universale nell’assemblea romana doveva contemporaneamente essere affidato il mandato di rappresentare lo stato alla costituente italiana . L’appello terminava cosi’: non resta che riunire la tradizione unitaria e la municipale… da cio’ risulta un’unita’ nazionale, stabilita su base di larghe liberta’ municipali”.
Nel volantino terminiamo con queste parole : manifestiamo un sentimento di intenso dolore per l’agonia della scuola pubblica, unica speranza per le nuove generazioni. La nostra Costituzione non e’ piu’ rispettata; infatti gli articoli che riguardano la scuola pubblica sono stati letteralmente aggirati (art. 33) : enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo stato.
In realtà siamo in regressione! Siamo passati dal suffragio universale della Costituente Romana del 1849 che permetteva di eleggere direttamente i propri rappresentanti, alla nomina dei deputati dell’Italia di oggi fatta dalle segreterie dei partiti . E’ questa la sovranita’ del popolo? E’ questa “democrazia”?
Dobbiamo allora impegnarci tutti con responsabilita’, giorno dopo giorno, ora dopo ora, per poter ritornare a sognare una nuova Italia, come fecero i gloriosi, cari patrioti del risorgimento.
viva Mazzini, viva Garibaldi, viva l’Italia
Il 2 giugno scorso redassi un manifesto che cominciava con queste parole:“L’Italia è molto oltre la crisi di nervi. L’Italia che festeggia oggi la nascita della Repubblica – uno dei pochi momenti della sua storia in cui il popolo è stato sovrano, attuando una rivoluzione istituzionale, che si legava al “vento del Nord”, la grande speranza suscitata dalla Resistenza – si trova a fronteggiare,quasi inerte, una crisi drammatica ”. La crisi cui alludevo non riguardava soltanto l’economia,o le istituzioni, o l’informazione:la crisi era – ed è, tanto più oggi, a sei mesi di distanza –una crisi di sistema. Siamo nel pieno di una decadenza morale e intellettuale, politica e antropologica degli italiani. Come gli eventi del 14 dicembre – tra il Parlamento e la piazza – hanno dimostrato, noi italiani,come in altre stagioni della storia,ci troviamo in una situazione di contrapposizione radicale. Lo scontro è durissimo, e grazie alla prepotenza del tiranno – forte del suo strapotere finanziario e mediatico – si acuisce settimana dopo settimana.
Chi mette in dubbio il valore dell’Unità
NESSUNA CERTEZZA ci è rimasta; basti dire, che mentre ci accingiamo a celebrare i 150 anni di esistenza dello Stato unitario,una forza politica la mette sotto accusa, quasi fosse uno dei grandi mali del Paese, negandone provocatoriamente il valore storico e il significato politico. La Sinistra è spappolata e tenta in qualche modo di raccogliere le sparse membra per rilanciarsi,ma l’impresa appare difficilissima. Le forze di opposizione sono esitanti, e nel momento del redde rationem hanno rivelato la loro debolezza, mostrando quanto grande sia lo spazio tra le dichiarazioni e l’azione:il tycoon a capo del governo,in grado di comprare non soltanto i voti, ma l’anima dei suoi avversari, ride, ride,non cessa di ridere, mentre continua la sua campagna acquisti. Se vi è chi riesce a comprare è perché esiste un mercato sul quale si possono reperire uomini e donne in vendita. Si è sostenuto sovente che il trasformismo è uno dei mali d’Italia; ma qui si tratta d’altro: qui siamo all’infamia, che mostra la pochezza di un’intera classe politica e l’impotenza delle istituzioni,la complicità di una parte dei media; qui siamo alla vendita e acquisto dei voti in Parlamento. In passato e ancora oggi,specie nel Mezzogiorno, certi personaggi politici facevano campagna elettorale col pacco di pasta o con le mille lire tagliate a metà. Ora la compravendita è giunta in Parlamento, gettando ignominia su quel consesso,ma anche su quei partiti che hanno accolto nelle loro file individui non spregevoli, ma spregevolissimi. Ennesimo, certo non ultimo segnale di un degrado ogni giorno più evidente e pericoloso, che dalle istituzioni giunge ai singoli e viceversa. Il catalogo è lungo,tra inefficienze e nefandezze,menzogne e sprechi, iniquità sociali e bassezze morali. Quanto c’è dell’oggi, legato essenzialmente alla figura malefica del Cavaliere e quanto dei nostri ieri nella politica messa in atto da un gigantesco “Partito della Devastazione”? Da dove giungono le miserie odierne?In tal senso giunge opportuno il bel libretto di Paul Ginsborg, lo studioso inglese che da poco ha ottenuto la cittadinanza italiana(pur conservando – e fa bene! –la sua d’origine): Salvare l’Italia (Einaudi) si intitola, significativamente. Un titolo che suona classico, stentoreo, ma non retorico:e io condivido il messaggio che esso contiene e che evoca grandi spiriti, da Cattaneo a Rosselli, da Pisacane a Gramsci.Oggi si tratta di tentare, precisamente,di opporre un ideale “Partito della Salvezza” al partito in atto “della Devastazione”. Ginsborg, con arguzia e ricca informazione, ripercorre molti fili della storia di questo sfortunato Paese, sovente connettendoli a una trama europea. Salvare l’Italia da quali pericoli? – si chiede. Sono quattro:
1) “Una Chiesa troppo forte in uno Stato troppo debole”;
2) il clientelismo,mai debellato e anzi mai affrontato seriamente come un male cronico, gravissimo;
3) “la ricorrenza della forma dittatura”;
4) la “povertà delle sinistre ”.
Il raffronto tra il duce e Berlusconi
LA VICENDA della formazione unitaria, i limiti del Risorgimento,gli errori e le miopie delle classi politiche che si sono succedute nel corso di un secolo e mezzo; le timidezze delle forze di una sinistra che pare aver rinunciato alla “bellezza della lotta”, che costituisce un elemento di fondo del suo background. Particolarmente stimolante il raffronto, tra Mussolini e Berlusconi, e numerando somiglianze e differenze; certo,nota Ginsborg, questo raffronto che fino a qualche tempo fa suscitava riprovazione e quasi scandalo, oggi sta diventando quasi un esercizio obbligato:troppi i punti di contatto, anche nella distanza temporale e nella mutata temperie storica. Ginsborg prova anche – esercizio da lui, come da altri studiosi, già compiuto nel saggio intitolato proprio a Berlusconi (Einaudi,2003) – a sondare le ragioni del successo di questo falso modernizzatore,che seduce le casalinghe avvinghiate al televisore che ogni sera racconta inesistenti famiglie felici, imprenditori capaci, giovani di successo,donne belle e fortunate… A questa Italia passiva e plaudente al sorriso del Cav, che la modella e a sua volta la rispecchia,il nostro nuovo concittadino Paul oppone un’altra Italia: una“nazione mite” ma combattiva,che riscopra la politica dal basso,che sia quasi una guerriglia autenticamente democratica,una Italia di cittadini attivi e non più passivi e inerti. Il Risorgimento,non da prendersi come modello alla lettera, offre buoni spunti in tal senso. E in fondo,come ho scritto io stesso su questo giornale, oggi “non possiamo non dirci garibaldini”.
Angelo D’Orsi – Il Fatto Quotidiano – 7 Gennaio 2011
Il primo risveglio degli studenti dell’Archiginnasio di Roma (successivamente denominato Università di Roma La Sapienza) è legato a un documento, di cui non rimane traccia, presentato al Papa Pio IX in Quirinale………
(All’interno dell’articolo: per la citazione riguardante l’Inno degli Studenti si rimanda al documento presente nel sito)
15 gennaio 2011 | ||
16:00 |
Sabato 15 Gennaio 2011 alle ore 16,00
appuntamento a Roma, Piazza San Pancrazio n° 7 (sala polifunzionale della Parrocchia di San Pancrazio)
Scambieremo con i presenti opinioni e proposte, utili per elaborare la programmazione delle attività per il 2011-2012. L’incontro è aperto a tutti
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