Articoli marcati con tag ‘Macoratti’

Sabato 28 Gennaio 2012 ci riuniremo per il rinnovo delle tessere sociali.

La situazione generale del nostro Paese è  sempre più difficile e complessa, soprattutto per chi, come noi, cerca di promuovere iniziative che possano  contribuire a rivitalizzare le radici degradate del nostro vivere civile.

L’incontro, oltre a rappresentare un momento di verifica di quanto realizzato nel corso del 2011 e programmare le principali attività per l’anno in corso, ci consentirà di confrontarci su argomenti di attualità e su proposte innovative e operative.

28/01/2012 – ORE 18,00

TESSERAMENTO E INCONTRO

Sala polifunzionale Parrocchia San Pancrazio

Piazza San Pancrazio, 7 – Roma -

L’Associazione culturale Gruppo Laico di Ricerca promuove altri due incontri sull’esperienza,  fondamentale per noi Italiani, della Repubblica Romana del 1849.

Il primo a Roma, via Caffaro n° 10 alle ore 21,00 -  ROMA 1849: VERSO LA REPUBBLICA

Il secondo, a Roma, alle ore 15,00 a Piazza Nicosia – DOVE NASCE UNA REPUBBLICA - ove verrà raccontata la grande assemlea popolare che si svolse il 12 gennaio 1849 al Teatro Metastasio in via della Pallacorda

Due occasioni importanti per continuare ad approfondire un periodo storico decisivo per la storia d’Italia e d’Europa.

Info:

www.gruppolaico.it

tel. 06 9300526

 

“L’anima mi s’abbevera di tristezza, pensando al povero Popolo d’Italia, buono ma ineducato. D’onde mai avrebbe esso potuto desumere educazione? E, come tutti i Popoli ineducati, facile ai traviamenti, ai subiti sconforti, al dubbio su tutti e su tutto.”

 La riflessione di Giuseppe Mazzini, in questo incipit amaro della lettera a Francesco Crispi, scritta nel 1870 dopo aver preso atto del repentino cambiamento politico dell’ex garibaldino, è quanto mai attuale. Il trasformismo che da qualche secolo condiziona pesantemente il nostro DNA culturale, si manifesta ancora oggi in ogni aspetto della vita pubblica o privata del nostro Paese ed è la cartina di tornasole di un popolo ineducato; ovvero di un popolo privo di un’ossatura etica e civile, di una base solida su cui costruire l’avvenire.

 Di trasformismi e ruberie siamo tutti testimoni; eppure, malgrado lo sgretolamento progressivo di quel poco di società sana che ancora rimane nel nostro modello democratico, l’ineducazione ci impedisce di resistere perché siamo predisposti ai traviamenti, ai subiti sconforti, al dubbio su tutti e su tutto.

Dove sono coloro che hanno predicato per decenni la forza dell’associazionismo e l’affermazione dei diritti? I giovani che ieri, come Formigoni o Maroni, nelle piazze cantavano “libertà è partecipazione”, oggi, direbbe Mazzini, predicano inerzia, sommessione, fiducia illimitata nel principe, l’ateismo del lasciar fare a chi spetta.

Le parole di Garibaldi, poi, come sempre chiare e dirette, descrivono senza necessità di commenti la qualità di alcuni politici che dall’ottocento a oggi hanno sottomesso l’Italia:

Al governo della cosa pubblica poi, giacchè i padroni regnano o imperano e non governano, vi si collocano sempre coloro che ne son meno degni, od i più atti a governare, non volendo i despoti gente onesta a tali uffici, ma disonesti come loro, striscianti e corruttori parassiti, coll’abilità della volpe o del coccodrillo. Ciò non succede soltanto nelle monarchie dispotiche, più o meno mascherate da liberali, ma spesso anche nelle Repubbliche, ove gl’intriganti s’innalzano sovente ai primi posti dello Stato, ingannando tutto il mondo con ipocrisie e dissimulazioni, mentre gli uomini virtuosi e capaci, perché modesti, rimangono confusi nella folla, a detrimento del bene pubblico. (Giuseppe Garibaldi – da “I Mille”1874)

 Oggi abbiamo tutti un disperato bisogno di esempi positivi, di proposte rivoluzionarie e concrete che riconsiderino l’uomo al centro di tutto, con i suoi bisogni e le sue potenzialità, sottraendolo all’influenza del mercato che lo ha già da tempo declassato a ruolo di consumatore o a pura merce di scambio. Abbiamo bisogno di liberarci dalla schiavitù servile a questo o quel politico di turno, dalla mafiosità clientelare, dall’arroganza di chi detiene il suo piccolo o grande potere per interessi personali o per dominare le coscienze.

 Sempre Mazzini nella lettera a Crispi:

L’Italia nascente cerca in oggi il proprio fine, la norma della propria vita nell’avvenire, un criterio morale, un metodo di scelta fra il bene e il male, tra la verità e l’errore, senza il quale non può esistere per essa responsabilità, quindi non Libertà. L’Italia nascente ha bisogno d’uomini che incarnino in sé quel Vero nel quale essa deve immedesimarsi; che lo predichino ad alta voce, lo rappresentino negli atti, lo confessino, checchè avvenga, fino alla tomba.. Così si eviterà di piegarsi al giogo del primo padrone straniero o domestico, che vorrà inforcare di tirannide una Italia fiacca, irresoluta, sfiduciata di sé stessa e d’altrui, senza stimolo di onore e di gloria, senza religione di verità e senza coraggio di tradurla in opera.

 E allora ciascuno di noi diventi maestro e discepolo, con umiltà, dei figli della nuova Italia, nelle città e nelle campagne, nella scuola e nel lavoro. Ciascuno di noi scelga gli uomini migliori per amministrare il territorio e respinga con decisione i corrotti e i corruttori, gli affamati di potere e di denaro, i divoratori del bene comune.

Paolo Macoratti

 L’Italia deve risorgere subito da queste ceneri umane o sarà la fine della nostra cultura e della nostra identità.

 

Le vicende che portarono alla disfatta di Mentana, considerate spesso “minori” rispetto alle altre imprese garibaldine, come la spedizione dei Mille,  giudicata quest’ultima determinante per il nuovo assetto territoriale dell’Italia, sono fondamentali per comprendere la complessità del clima politico che si era formato nella penisola dopo le fallite insurrezioni del 1848 e la successiva definitiva caduta delle Repubbliche, Romana  e di Venezia, del 1849.
Neppure la determinazione di molti uomini, armati di speranza e di coraggio, riuscì ad invertire la rotta che l’Italia di Vittorio Emanuele, lo Stato Pontificio e la Francia avevano già tracciato sulla carta dei destini d’Europa; Roma e l’Italia non potevano e non dovevano essere legate a movimenti di chiara ispirazione Repubblicana.
Durante la  cosiddetta “campagna dell’Agro Romano” accaddero fatti e misfatti, atti eroici e tradimenti; su tutto l’identità di un popolo ancora immaturo, non lontano dal comportamento dei  pronipoti che oggi lo rappresentano.

Incontro promosso dal  Gruppo Laico di Ricerca  -  Domenica 4 dicembre 2011 alle ore 17,00 a via Caffaro, 10  a Roma presso il centro socio-culturale della Garbatella.

 

www.gruppolaico.it

 

Il Comitato di Quartiere Monteverde di Roma ha organizzato per il prossimo dicembre il concorso letterario Nazionale “Interviste impossibili agli Eroi della Repubblica Romana.”. E’ una buona occasione per coinvolgere giovani e meno giovani a riflettere sui personaggi legati ai valori del nostro Risorgimento. Il concorso è aperto a tutti (under e over 18) .

L’intervista “impossibile” verrà fatta dall’autore del pezzo a uno dei tre protagonisti della Repubblica Romana scelto tra: Goffredo Mameli, Cristina Trivulzio Belgioioso e Righetto.

 L’ Associazione Garibaldini per l’Italia farà parte della Giuria  e consegnerà ai 6 vincitori delle due categorie una medaglia – ricordo dell’evento.

Per chi volesse partecipare, personalmente o attraverso amici o parenti interessati, potrà scaricare il bando allegato.

Bando di concorso

I FINALISTI  DELLA  CATEGORIA OVER 18SIMONA BALDELLI – CRISTIANA CONTI-SIMONA MANGANARO

I FINALISTI DELLA CATEGORIA UNDER 18: CLAUDIO ANNIBALI – GABRIELE DI MEZZA – MARGHERITA PANDOLFI

PREMIO DELLA CRITICA:

cat.  Over  18 : 1° SIMONA BALDELLI – 2° SIMONA MANGANARO – 3° CRISTIANA CONTI
cat. Under 18 :  1° GABRIELE DI MEZZA – MARGHERITA PANDOLFI – CLAUDIO ANNIBALI

PREMIO GIURIA POPOLARE

cat. over 18 :    1° SIMONA MANGANARO – SIMONA BALDELLI – CRISTIANA CONTI

cat. under 18 :  1° GABRIELE DI MEZZA – CLAUDIO ANNIBALI – MARGHERITA PANDOLFI

Nel grande frastuono e nel chiacchiericcio mediatico, nella pletora di discorsi che si fanno con la scusa dell’emergenza, credo che l’emergenza sia già una forma di costruzione del potere per giustificare cose altrimenti ingiustificabili, ma se c’è l’emergenza,
allora dobbiamo giustificare, allora si continua a parlare di questa emergenza, si dicono cifre, dati, il lavoro, la disoccupazione e si è smesso tendenzialmente, ammesso che lo si sia mai fatto, di parlare delle questioni di fondo, delle questioni che attengono all’essere umano, nessuno si fa più le domande sulle questioni di senso, credo che una delle grandi devastazioni fatta alla nostra società, è la distruzione del senso, noi siamo affidati a una deriva di significati che non hanno più un orizzonte ampio, tutto è asfittico, tutto fluisce e credo che questa sia invece la grande questione, cos’è vivere una vita? Che significato ha l’esistenza di un essere umano, di una società di esseri umani su questa terra? Perché siamo qui? Come possiamo starci?
Siamo stati confinati progressivamente dentro un’asfittica gabbia economicista, ciò che conta sono solo i numeri dell’economia, la prima notizia che ci viene data è come si comportano i mercati, come reagiscono i mercati, noi teoricamente viviamo i sistemi democratici in cui andiamo a fare un rito sempre più vuoto di senso, che è quello dell’elezione, credendo di mandare a governarci delle persone sulla base di un programma. Il programma non si sa quasi mai, sappiamo delle chiacchiere televisive, non del programma. In realtà i cittadini elettori non hanno in gran parte la formazione culturale, gli strumenti critici per leggere un programma e per sapere costruire una differenza tra programma e propaganda, noi ascoltiamo propaganda elettorale, non programmi elettorali. Andiamo a fare questo rito svuotato dell’elezione, per poi scoprire che il nostro destino non sarà deciso veramente in fondo da quelli che abbiamo mandato lì o solo in parte, ma che esiste un coagulo di forze economiche chiamati “mercati” che decidono del destino economico di un paese e quindi del suo destino tout court, visto che oggi tutto è economia, ma noi non eleggiamo i mercati, noi li subiamo. Allora già questo ci dimostra che noi non siamo una reale democrazia, ma una democrazia molto formale e sostanzialmente fittizia, in particolare in Italia. L’Italia del berlusconismo è stata la cloaca dei sistemi pseudodemocratici d’Europa, il punto dello scarico, il pozzo nero della sua forma ridicola e nefasta, ma è un problema generale.
Adesso il berlusconismo sembra essere al suo crepuscolo, non lo sappiamo ancora perché ha catalizzato antichi vizi dell’italica gente e dell’italica politica, Il berlusconismo è il sintomo, la malattia è un’altra, è un coagulo di malattie che forma una patologia, conformismo, servilismo, opportunismo, “tengo famiglia”, che hanno portato l’Italia nel fascismo e 40 anni dopo hanno portato il berlusconismo. Allora è lì che bisogna andare a vedere. Ma per vedere le malattie profonde di un corpo sociale, bisogna porre la questione del senso, cosa significa un corpo politico? Ho scoperto, che uno dei padri della patria, Giuseppe Mazzini, del quale non avevo grande considerazione, trovavo indecoroso che un leader politico risorgimentale di quella che doveva essere una rivoluzione, nazionale, scrivesse come suo libro programmatico invece che dei diritti, dei doveri. Parlava di doveri a un popolo di contadini, braccianti, stremati da poteri brutali, arbitrari, aristocratici, oppressivi di cui erano sudditi.

Per questo non ho mai approfondito la figura di Mazzini, scopro casualmente, perché nessuno me l’ha insegnato a scuola, che Mazzini dice delle cose sconvolgenti sull’idea di patria e di nazione. Mazzini dice che una patria e una nazione non sono i confini, ma è un tessuto sociale in cui, in cui non ci sono privilegi, in cui gli uomini sono uguali di fronte alla legge, dunque è patria un luogo dove c’è la dignità del lavoro, dove a ogni essere umano è data possibilità con le sue capacità d’opera di costruirsi una vita uguale a quella degli altri per dignità e per diritto. Questo è un senso, altrimenti cos’è un paese? Per esempio cos’è per Silvio Berlusconi un paese come l’Italia? La sua cultura?No. Cos’è in fondo l’Italia di Berlusconi? Una serie di aziende che dovrebbero essere libere di fare i cazzi propri, anche di malversare, di evadere la legge e di evadere le tasse! Perché un’Italia così ha potuto passare presso i cittadini? Perché l’idea di appartenere a un paese, a un tessuto sociale, quel senso che è stato costruito nella nostra Costituzione repubblicana è andato totalmente perduto in una parte molto consistente dei cittadini italiani, così malconci dal punto di vista dello status di cittadinanza che ti garantisce dignità sociale e politica, che non conoscono neanche l’Art. 1 della Costituzione: “Il fondamento, l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”, perché solo se c’è lavoro e se c’è dignità sul lavoro, noi possiamo parlare di democrazia, senso, ma questo è stato completamente distrutto a favore della flessibilità, dei Co. Co. Co., dell’interinale, dell’innalzamento dell’età pensionabile e degli affari di lor signori.
Dunque l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, senso, ma l’articolo non finisce qui, dice: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”, quanti in Italia sanno che sovrano non è il popolo, ma è la Costituzione, proprio per evitare le derive populiste che rischierebbero di riportare dittature. Silvio Berlusconi e i suoi cortigiani e sgherri non hanno fatto altro che ripetutamente parlare di sovranità popolare, senza sapere quello che dicevano, oppure sapendolo, ma i cittadini che li votavano ci hanno creduto, perché? Perché non sanno qual è il senso profondo su cui la nostra democrazia è stata fondata.
La nostra democrazia fa riferimento a un senso ancora più lontano che viene addirittura dall’origine dei monoteismi, quando l’idolatria del potere è sconfitta da una narrazione. Gli esseri umani sono tutti uguali perché hanno un solo padre e una sola madre. Visto che Dio è padre e madre, è un’intuizione poderosa, è un lungo cammino di senso, che demolisce il non senso del potere, il significato del potere che è oppressione, è arbitrio sugli uomini e lo sostituisce con la centralità dell’uomo e della vita, della dignità, della sacralità, della santità, dell’uguaglianza e dell’autonomia di ogni essere umano rispetto al potere.
Ma questo senso è qualcosa sul quale noi non discutiamo, se non in Festival sulla spiritualità, o i Festival sulla letteratura, ma non ne sentiamo discutere nella nostra televisione. Questo senso, quando sentiamo parlare di lavoro, ci dovrebbe portare a parlare del lavoratore, dell’essere umano che è il lavoratore, noi sentiamo parlare di troppo carico pensionistico, cassa integrazione, naturalmente Art. 18 sì, Art. 18 no, ma gli uomini? Non parliamo dell’uomo, cos’è la vita? Il lavoro non dovrebbe essere il tempo – spazio in cui un essere umano costruisce un progetto di sé, per sé, per la sua famiglia, per la società, non è più questo, parliamo di numeri, non parliamo di uomini. Ci siamo occupati dei tiramenti priapici di un omino piccolo, piccolo per 17 anni, ma non ci occupiamo dell’umanità di questo nostro paese e della nostra Europa. La vita degli esseri umani non ci interessa? La vita del pianeta non ci interessa? Diventiamo sovversivi se chiediamo che al primo posto venga messa la centralità dell’essere umano, della vita sul pianeta, del mondo animale, del mondo vegetale, del nostro habitat, della costruzione di futuro. Non siamo più neanche in grado di piantare alberi per il futuro, i nostri contadini piantavano alberi di cui non avrebbero visto i frutti né loro, né i loro figli, ma i loro nipoti. Noi non siamo più in grado di fare questo, perché? Perché abbiamo alterato il senso stesso della vita.
La mancanza di cultura
Steve Jobs che era un uomo davvero di profondità di visione, al di là del giudizio che se ne possa dare, dice che la morte fa parte della vita, perché costruisce. La morte è l’evento che costruisce il nuovo spazio alla vita e il fatto che la vita evolva per avere un suo ciclo e senso.
Per cui se questo accade, se c’è il senso della vita, i giovani trovano spazio, ma quando dei vecchi indegni si tirano come dei palloni e cercano di avere, o perlomeno dichiarano, perché poi “de facto” non ce l’hanno, un’attività sessuale da diciottenne, è chiaro che è una catastrofe per l’alleanza intergenerazionale che dovrebbe essere un passaggio di testimone, una collaborazione in cui ciascuno svolge il suo ruolo, non si tratta qui di dire “Largo ai giovani”. Si tratta di ripristinare l’alleanza tra generazioni perché è questa che costruisce il senso, è questa che dà senso alla vita.
Noi siamo arrivati a una situazione in cui è stato completamento cortocircuitato il senso dell’esistenza e perché avvengano i fenomeni sociali politici e economici virtuosi, si restituisca la parola al senso e che si dibatta di senso e dell’orizzonte di senso che vogliamo darci, perché altrimenti ricadremo negli stessi vizi. Il problema non è il berlusconismo, Berlusconi è un uomo di 75 anni, potrà forse viverne 85/90, se ne va prima o poi, il problema è perché Berlusconi ha potuto fare quello che ha fatto e i politici che verranno sono il problema, faranno subito la legge sul conflitto di interessi? Faranno una nuova legge sull’informazione? Metteranno la questione culturale nei primi posti dell’agenda politica? Perché le vere questioni sono culturali, non politiche, il berlusconismo è stato prima di tutto una questione culturale. Berlusconi ha imposto la sua sottocultura televisiva, la cultura di tette e culi e di tutta questa roba, poi vincere le elezioni è stato schioccare le dita! E non c’era nessuna preparazione a contrastare questa cultura da parte dell’opposizione, perché la questione culturale non è nell’agenda. La questione culturale è la madre di tutte le questioni, perché c’è un problema di cultura politica, di cultura economica, non solo la cultura tout court.
Dico sempre: togliamo all’Italia Dante. il melodramma, le sue bellezze monumentali, il Rinascimento etc.. Togliamo tutto il cinema, Fellini, vendiamolo ai giapponesi non è più nostro, che cos’è l’Italia? Con tutto il rispetto per l’impresa? Cos’è il tondino metallico di Brescia? È questo che fa l’Italia? Siamo arrivati al punto che un Ministro della Repubblica si è permesso di dire che Dante non si mette nei panini e questo non ha provocato scandalo. Se in Francia un Ministro della Repubblica avesse detto Rassin o Proust non si mette nei panini, non mostrava più la faccia fuori casa.
Allora è questione di senso e questione culturale che ci permette di attivare nei nostri cittadini gli strumenti critici che poi permettono di scegliere, perché è evidente che c’è un vastissimo strato della nostra popolazione che non ha strumenti critici per valutare la realtà e che vota sulla base del sorriso del candidato, o balle spaziali che racconta perché dispone di televisioni. Io dico sempre scherzando, ovviamente è una battuta, che se avessi avuto i mezzi di Berlusconi sarei riuscito nel giro di due o tre anni a far sventolare la bandiera rossa sul Vaticano con il consenso del Papa, naturalmente è un iperbole e una battuta. Ma perché si è lasciato tutto questo? Perché mancavano nella classe politica gli strumenti culturali e gli strumenti critici per capire quale era la questione delle questioni e ancora oggi si parla di fiera del berlusconismo ma non si parla, come si dovrebbe parlare di legge sul conflitto di interessi, ma non basta, anche di una legge sull’informazione che impedisca a un solo uomo di avere tanto potere mediatico. Perché? Perché ancora ci si affida all’improvvisazione, all’emergenza, non si ha quell’orizzonte di senso che ti permette di riflettere sulle leggi che devi varare per costruire un orizzonte di dignità e di rispetto dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge.
Grazie per l’ospitalità e spero che non sia l’ultima volta.

Moni Ovadia

(tratto dal Blog di Beppe Grillo il 21/11/2011)

Segnaliamo due articoli apparsi in questi giorni sul Blog di Beppe Grillo 

Fissiamo il dito e non vediamo la luna. Monti è il dito, la luna è la Terza Repubblica. Il mondo che verrà non appartiene a Napolitano, a Letta o a Monti per ragioni di età e di pensiero. Le nuove generazioni ricostruiranno il Paese o lo distruggeranno in modo definitivo. L’attuale classe politica è un puro effetto ottico, come quando nella pupilla permane a lungo la luce di una lampada. Dobbiamo toglierci gli occhiali e guardare la realtà con nuovi occhi. Un’Italia senza più i vecchi punti di riferimento porterà incertezze, spaesamenti, paure, ma anche grandi opportunità di cambiamento. In questi anni abbiamo vissuto, come popolo, non al di sopra delle nostre possibilità, come si dice comunemente, ma al di sotto delle nostre possibilità. Siamo così abituati al degrado che lo diamo per scontato, ineluttabile. Se non crediamo in noi stessi perché dovrebbero crederci gli altri? Uno dei danni più gravi del ventennio breve berlusconiano è stata l’espulsione dei capaci e degli onesti dalle Istituzioni, dalle grandi imprese, dall’informazione, dalle banche, da qualunque settore che potesse disturbare i manovratori. E’ necessaria una disinfestazione a ogni livello dei collusi, degli incapaci, della mano morta dei partiti. Dalle municipalizzate al Parlamento. E’ l’ora del repulisti. C’è un sentimento cupo da “Si salvi chi può” con la corsa alla mattonella in cui nascondere i propri risparmi e l’incertezza sul futuro. Invece dovremmo benedire questa crisi. Senza non sarebbe cambiato nulla, invece ora può cambiare tutto. Dalle collanine e brillantini falsi che ci hanno accompagnato in questi anni non poteva nascere nulla, dal default può nascere un fiore.
Il fallimento dell’euro è una benedizione, distruggerà la partitocrazia. I leader sono una montagna di merda, i partiti sono morti. Gli italiani per capirlo hanno bisogno di uno shock che sta per arrivare. Stiamo entrando in un nuovo mondo che, se vogliamo, possiamo ricostruire dalle fondamenta, come altre volte è successo nella Storia. Siamo abituati. “Per arrivare all’alba non c’è altra via che la notte” (*) e la notte sta finendo. Come sarà il nuovo giorno dipende solo da noi. Nessuno può chiamarsi fuori o dire “Tanto non cambia nulla in questo Paese“. Questa è la mentalità dei servi. Comincia tu! Ognuno vale uno, ma chi non partecipa vale zero. Il Programma del M5S è figlio del futuro. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.

Le elezioni in questo momento, con questa legge elettorale, sarebbero una sciagura. Monti non è stato eletto da nessuno. E’ stato nominato da Napolitano. Il Parlamento a sua volta non è stato eletto da nessuno. E’ figlio di una legge elettorale incostituzionale. Il Parlamento è stato nominato dai segretari di partito. Napolitano è stato eletto dalle camere riunite elette da nessuno. Napolitano è stato quindi nominato dai nominati. Questa è la situazione che può essere modificata solo da una nuova legge elettorale. La proposta di legge popolare “Parlamento Pulito” giace ancora, dopo più di quattro anni, in Commissione Affari Costituzionali, sarebbe sufficiente applicarla prima delle elezioni per ripulire Camera e Senato. Nessuno ne parla, nessun partito la vuole.
Le elezioni con un periodo di almeno quattro mesi di non governo prima del voto equivalgono a dichiarare default. Chi le vuole lo sa, ma se ne frega. Una lista di nominati e un pugno di poltrone valgono più di una messa. Assicurano la sopravvivenza politica a partiti in decomposizione che ci dovremmo “democraticamente” tenere per altri cinque anni. Per quel che vale scriverò una lettera aperta a Monti e gli proporrò un incontro per chiedergli di mettere all’ordine del giorno la riforma elettorale firmata da 350.000 cittadini e le proposte di tagli a costo zero emerse dal sondaggio del blog.
Chi grida alle elezioni è come un comandante di una nave che di fronte all’iceberg fugge con le scialuppe di salvataggio. Non sono praticabili. Affosserebbero le classi più deboli. Lo spread con il Bund schizzerebbe a 1.000 e l’interesse sui titoli di Stato eguaglierebbe quello greco. Un tanto peggio per i cittadini, tanto meglio per i partiti. L’Argentina sembrerebbe una passeggiata. Monti non è la soluzione, qualcuno da accettare turandosi il naso, come diceva Montanelli per la Democrazia Cristiana. E’ figlio del suo ambiente, amico di banchieri, frequentatore dei salotti buoni. Un liberista che è rimasto a guardare lo sfascio economico senza mai esporsi troppo contro il Sistema. L’unica alternativa a Monti, in un Paese dove le elezioni sono palesemente anti democratiche, è la rivoluzione. Ma l’Italia non ha oggi la consapevolezza, né la forza per attuarla. Il Sistema va scardinato dall’interno. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.

Martedì 25 ottobre 2011

 

L’associazione Gruppo Laico di Ricerca propone la rilettura degli avvenimenti che portarono l’esercito dei Volontari alla disfatta di Mentana: l’ultimo, disperato tentativo di liberare Roma dal dominio plurisecolare dei Papi e, forse,  l’Italia dalla Monarchia Sabauda

 

 

MARTEDI 25 OTTOBRE 2011 – ORE 21,00

Via Caffaro, 10 – Roma

 

 

L’Associazione Garibaldini per l’Italia, nell’ambito del  150°  dell’unità d’Italia, intende celebrare l’episodio di Villa Glori avvenuto il 23 ottobre 1867, ove 76 coraggiosi Garibaldini, comandati da Enrico Cairoli, giunti fino alle porte di Roma nel tentativo di suscitare un’insurrezione armata (nell’ambito della campagna Nazionale dell’Agro Romano del 1867 che si concluse con la sconfitta di Mentana), resistettero eroicamente alle truppe pontificie accorse in gran numero per contrastare la loro iniziativa.

Agli atti eroici dei volontari che, consapevoli della notevole inferiorità numerica e dell’armamento tecnicamente inferiore, cercarono di intimorire il nemico con un disperato assalto, si contrappose la spietata ferocia dei Pontifici, in un clima di forte tensione emotiva dovuta all’attentato del giorno precedente alla caserma Serristori in Trastevere.

L’Associazione Culturale Gruppo Laico di Ricerca  ha organizzato l’evento in forma originale; infatti, durante il percorso che ci porterà alla celebrazione nel Piazzale del Mandorlo, al centro della Villa, verranno letti  brani di Cesare Pascarella tratti dalla poesia Villa Gloria, che il poeta scrisse nel 1886.

 L’appuntamento per i partecipanti è alle ore 15,00 di domenica 23 ottobre 2011 all’ingresso del parco di Villa Glori (P.le del Parco della Rimembranza-angolo Viale Pilsudski) Per i membri dell’Associazione : camicia rossa garibaldina, fazzoletto e cappello

 

SACRO DRAPPELLO

Cairoli Enrico comandante la falange

Tabacchi Giovanni di Mirandola, capo della prima sezione

Isacchi Cesare di Cremona capo della seconda sezione

Cairoli Giovanni capo della terza sezione

De Verneda Ermenegildo di Cremona, aiutante maggiore

Galli Carlo di Pavia, furiere maggiore

 

Guida Carlo di Soresina

Fabris Placido di Treviso

Isacchi Antonio di Milano

Gentili Oreste di Loreto d’Ancona                                                     

Bariani Ernesto di Milano

Pasquali Ubaldo di Loreto d’Ancona

Stragliati Baldassarre di Milano

Pietrasanta Luigi di Pavia

Fiorini Odoardo di Cremona

Mantovani Antonio di Pavia

Colombi Antonio di Cremona

Bassini Edoardo di Pavia

Bonelli Filippo di Cremona

Bassini Pietro di Pavia

Barbarina Alessandro di Cremona

Meruzzi Giuseppe di Pavia

Nobili Ernesto di Cremona

Campari Camillo di Pavia

Vacchelli 1° di Cremona

Castagnini Domenico di Pavia

Vacchelli 2° di Cremona

Ricci Emilio di Pavia

Rosa 1° di Bergamo

Trabucchi Ercole di Pavia

Rosa 2° di Bergamo

Grangiroli Ercole di Pavia

Muselli Pietro di Trieste

Vecchio Giovanni di Luigi di Pavia

Muratti Giusto di Trieste

Bazzoli Massimiliano di Forlimpopoli

Chiap Valentino di Udine

Garavini Enrico di Forlimpopoli

Michelini di Udine

Cerri Silvestro

Ferrari Pio di Udine

Taddeo Francesco di Napoli

Dall’Oppio di Castelbolognese                                                            

Tinelli Luigi di Napoli

Marzari Francesco di Castelbolognese

Veroi                                                                                                   

Franceschielli di Castelbolognese                                                        

Tirapelli

Capra di Castelbolognese

Candida di Roma

Emiliani di Castelbolognese                                                                

Clesci

Valdri Francesco di Castelbolognese

Celli Silvestro                                                                                     

Valdri Antonio di Castelbolognese                                                     

Delcorso

Gramigna Angelo di Castelbolognese

Tarabra Alessio di Asti

Mancini                                                                                               

Rossi Raffaele di Bologna

Nicolato Luigi

Gazzon Antonio di Bologna

Musini Luigi di Borgo S. Donnino

Gilioli-Cesali Antonio di Mirandola

Vidati Luigi di Venezia

Veronesi Angelo di Mirandola

Tamanti Costanzo di Fermo di Ancona

Veronesi Tito di Mirandola

Lelli Vincenzo di Ancona

Bonforti Carlo di Mirandola

Vellerin-Flori di Lione

Papazzoni Ernesto di Mirandola

Petit-Bon Francesco di Parma

Papetti Francesco di Mirandola

Angeli Enrico di Vicenza

Mai Tommaso di S. Giacomo delle Segnate (MN)

 

 

Il filo rosso che unisce il Risorgimento alla lotta partigiana, intrapresa da uomini e donne che cercavano di riscattare l’Italia dagli anni oscuri in cui era precipitata, si può percepire attraverso lettere, scritti e testi di straordinaria importanza. Resistere, oggi, è anche  nutrire il proprio spirito di quelle preziose testimonianze di fede e speranza per un futuro migliore.

 

GRUPPO LAICO DI RICERCA

DOMENICA 9 OTTOBRE 2011 – ORE 17,00 – Via Caffaro, 10 - Roma

 

Comunicato stampa Convegno

STATI GENERALI FORUM EX ART 26  IN DIFESA DELLA RIABILITAZIONE
e sentir che dentro qualcosa muore…
Roma – Via della Trasfigurazione, 3 – Sala parrocchiale “Buttinelli” – ore 18 – 20

Il Forum ex articolo 26, movimento d’opinione (apartitico e aconfessionale) formato da un gruppo di operatori dei centri di riabilitazione per persone con disabilità mentale accreditati dalla Regione Lazio al Servizio Sanitario Nazionale, e da famiglie di persone con disabilità, associazioni e istituzioni della società civile, rivolge a tutti un appello!

Il nome del movimento rimanda espressamente alla Legge 23 Dicembre 1978 n. 833 e, più in particolare, all’articolo 26, che tutela la salute psichica e fisica del disabile, nel rispetto della dignità e libertà della persona umana.

L’enorme debito contratto dalla Regione Lazio nel settore della Sanità ha determinato una articolata manovra per  onorare il pagamento di un mutuo trentennale, che prevede: la compartecipazione delle famiglie alle spese di cura; la riduzione dei costi operata con tagli lineari ai capitoli di spesa; la chiusura di presìdi sanitari; la revisione, rimodulazione e riquantificazione dei costi degli interventi sanitari.

Pur comprendendo la necessità di revisione del sistema di assistenza sanitaria regionale, finalizzata, tra l’altro, al rientro del debito contratto, il Forum ex articolo 26 ritiene errate le soluzioni indicate nei Decreti Commissariali 89 e 90  del 10.11.2010 a firma del commissario ad acta On. Renata Polverini. Tali soluzioni sono la riconversione dei centri semiresidenziali o diurni in strutture SD4 e SD5, ossia, rispettivamente, ad alto-medio carico assistenziale con rapporto standard di 1 operatore ogni 4 utenti, e a basso carico assistenziale con rapporto standard di 1 operatore ogni 5 utenti; e la riconversione dei centri residenziali in residenze protette RD4 ed RD5, ossia, rispettivamente, ad alto-medio carico assistenziale con rapporto standard di 1 operatore ogni 2,2 utenti, e a basso carico assistenziale con rapporto standard di 1 operatore ogni 2,8 utenti. Standard minore degli attuali e comprensivo di figure non a contatto con l’utenza.

 L’applicazione dei decreti commissariali 89 e 90 comporterà: la riduzione, nel settore della riabilitazione semiresidenziale regionale,  da 2457 posti per la riabilitazione (nei centri diurni) a 365 interventi in“estensiva” e 102 in “mantenimento”. I restanti 1990 posti saranno riconvertiti in “Centri semiresidenziali per persone con disabilità”: SD4 o SD5. Il tutto, riconoscendo ai centri tariffe molto più basse delle attuali, ferme tra l’altro al 2001.

 Superfluo aggiungere che tali interventi penalizzeranno pesantemente l’assistenza, la riabilitazione e la vita stessa delle persone disabili e dei loro genitori, contravvenendo ai diritti umani sanciti dalla nostra Costituzione Repubblicana.

 La Regione Lazio ha giustificato il provvedimento, dal punto di vista sanitario, attraverso

le linee guida del Ministero della Sanità (in G.U. 30 maggio 1998 n. 124 e G.U. del 6 giugno 2001 n. 129 – DPCM 14.02.2001) e le valutazioni delle “Unità Cliniche Valutative” regionali che criticano l’efficacia degli interventi fin qui operati.

Il Forum ex articolo 26 ritiene che il diritto alla salute non possa essere subordinato a criteri mercantili di convenienza, criteri che renderebbero possibili i soli interventi di contenimento e vigilanza degli utenti disabili. Infatti i piani aziendali delle strutture riabilitative, in maggior parte private, per adeguarsi alle nuove tariffe e ai nuovi standards, saranno costrette a ridurre il personale dipendente, altamente professionale, di ben 8 unità ogni modulo di 60 assistiti.

Il Forum ex articolo 26, rilevando in questi mesi di attività una scarsa conoscenza delle problematiche relative alla realtà riabilitativa dei soggetti portatori di Handicap nella cittadinanza, nelle Istituzioni e negli amministratori,

chiede A tutti di dare visibilità a questa realtà, di sollecitare le coscienze alla solidarietà ed esortare gli amministratori a non dimenticare l’umanità fragile ed impotente di chi non è in grado di badare a sé stesso.

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ROMA  – SALA “BUTTINELLI”, ACCESSO DAL PASSO CARRABILE DELLA PARROCCHIA  VIA DELLA TRASFIGURAZIONE, 3 – ANGOLO PIAZZA DELLA TRASFIGURAZIONE

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segreteria organizzativa 327 77 39 443

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In questo angoscioso settembre 2011, uniti nella difficoltà di individuare riferimenti politici su cui poter contare per riscattarci dal profondo abisso in cui siamo scivolati, sentiamo la necessità di lanciare dal nostro osservatorio garibaldino un forte grido di allarme e di riscossa.

 Le vicende risorgimentali ci hanno insegnato a riconoscere i segnali inquietanti che l’esercizio del potere, non finalizzato al bene della collettività, trasmette al popolo sotto forma di oppressione politica, ideologica, economica e sociale. Nel periodo pre-risorgimentale, la distanza tra le classi dominanti e la gente comune, che si manifestava attraverso l’operato di una miriade di feudi e centri di potere minori, era ben riconoscibile da tutti,  sebbene le cause che nei secoli ne avevano determinato la formazione fossero attribuite più ad un fatale destino che alla consapevolezza di una reale assenza delle più elementari libertà civili.

 Oggi, malgrado la possibilità di utilizzare sofisticati congegni di comunicazione e d’informazione con i quali poter leggere criticamente la realtà politica e sociale del nostro Paese, ci troviamo paradossalmente in una situazione più complessa di quella pre-unitaria: all’assenza di discernimento che ha portato alla ribalta politica personaggi culturalmente squalificati, si è aggiunta una classe dirigente per lo più corrotta e collusa con il malaffare; i privilegi non sono cambiati, né l’arroganza del potere e neppure i servi e i faccendieri a servizio del sovrano di turno. C’è però una differenza sostanziale, con il passato, che ci costringe a riflettere con più severità sul presente: la nostra incapacità di sottrarci al dominio del denaro, all’uso della mafiosità sociale e ancor di più famigliare, radici d’annebbiamento delle coscienze e generatrici d’egoismo. E’ un problema di educazione e di formazione non ancora risolto.

 Le vicende degli ultimi anni, stracolme di episodi intollerabili d’inciviltà etica e politica, non hanno ancora acceso, nell’Italiano-medio, il sacrosanto diritto alla ribellione per tanto scempio: dal vilipendio alla bandiera alla violazione quasi giornaliera della Costituzione repubblicana; dalle regole infrante della convivenza civile all’assenza di rappresentanti eletti direttamente dal popolo in Parlamento (legge porcellum). E’ triste constatare come l’Italiano-medio,  indignato a parole, si mobiliti solo quando vede il pericolo aggirarsi intorno alle sue tasche!

 Il risveglio delle coscienze sollecitata dal Pensiero di  Mazzini e dall’Azione di  Garibaldi  che infiammarono nel 1848 i cuori di una limitata parte di Italiani, per lo più istruiti e appartenenti alla piccola e media borghesia, sovvertì il dogma del potere dell’uomo sull’uomo, riconducendo la civiltà a equilibri sociali più tollerabili. Potremo noi sovvertire il dogma del potere e del denaro e ridare dignità ad un popolo “calpesto e deriso”, quale oggi siamo diventati ?

Il grido d’allarme è stato già lanciato da una nuova generazione di Italiani; ora non ci resta che farci coraggio e andare alla riscossa !

 

Gli anni passano; i mesi, i giorni,  perfino le ore che cadenzano le nostre vite sono testimoni   dello scempio costante che si è fatto, si fa e si farà della bellezza italica. E’  il  colpevole silenzio, di cui ognuno di noi è responsabile, che ci addolora di più; quel silenzio di tomba che non riesce a rompersi nemmeno in presenza di una crisi socio-culturale di portata catastrofica, come quella attuale.

La giornalista Roberta De Monticelli ci fa riflettere su questo suicidio italiano, attraverso il pensiero di Camus sul valore della Giustizia, intesa come “esatta misura del dovuto a ogni essere”.

Dalla Val di Susa alla Sicilia, dall’Altopiano a Pantelleria, dalle isole toscane al Salento il paesaggio naturale e il paesaggio storico della penisola sono sottoposti a dissipazioni, cementificazioni e sconvolgimenti artificiali che non solo hanno aumentato la loro scala e intensità negli ultimi vent’anni in modo esponenziale, ma vedono proprio ora un’accelerazione improvvisa, a dispetto di ogni crisi, come se ci fosse nell’aria un presagio di diluvio incombente e un’esplosione come di furia rabbiosa, una sinistra pulsione a rapinare tutto quello che si può, finché si è in tempo. Ho accennato a disastri di genere diverso: c’è l’opera di Stato, difesa dall’esercito contro la popolazione locale, senza che un solo argomento ragionevole, in mesi e mesi di polemica, sia stato avanzato dai suoi sostenitori bipartisan (e nonostante libri interi di argomenti contrari e relative cifre, economiche e gestionali oltre che ecologiche, siano inutilmente a disposizione del pubblico); ma ci sono anche le rapine multinazionali di quelli che vanno a trivellare a un costo ridicolo il Mediterraneo sotto Lampedusa, alla ricerca del petrolio, con i rischi enormi denunciati recentemente da Luca Zingaretti su Repubblica.

Ci sono gli scempi dei litorali, beni pubblici per eccellenza regalati dai comuni e dalle regioni ai privati e alle mafie, alcuni dei quali, ad esempio in Toscana, denunciati a più riprese da Salvatore Settis sulla stampa nazionale, come molti altri dalla Liguria alla Calabria lo sono quotidianamente da Ferruccio Sansa su questo giornale. In Toscana del resto Altiero Matteoli dopo aver imposto, a prescindere dal tracciato successivo ancora da decidere, l’enorme cantiere del pezzetto dell’autostrada “Spaccamaremma” che sta sotto casa sua (a Cecina), si avvia nel silenzio generale a metter le mani dei lottizzatori su quel gioiello del Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano che era l’isola di Capraia. Nel Lazio è appena stata approvata una normativa che permetterà di costruire trentacinque cosiddetti porti turistici nell’arco di un centinaio di chilometri, come fossero distributori di sigarette.

Ma le migliaia e migliaia di stupri consumati in ogni angolo del Belpaese resteranno probabilmente ignoti ai più, come quello, criminoso, che prevede un immenso parcheggio dove erano solo erba e silenzio d’alta quota, in quel paesaggio di Marcesine di cui Meneghello scriveva – ne I piccoli maestri – che “Le forme vere della natura sono forme della coscienza”. “La nostra epoca ha nutrito la propria disperazione nella bruttezza e nelle convulsioni (…). Noi abbiamo esiliato la bellezza, i Greci per essa hanno preso le armi”. Così scriveva Albert Camus nei suoi Saggi letterari. È un tema profondo della riflessione di Camus, che viene dal suo studio della tradizione neoplatonica e dal suo amore per Simone Weil. Ma oggi la realtà fa riemergere l’idea di bellezza con la prepotente attualità delle catastrofi. Oggi e qui, in Italia, si sta consumando il più gigantesco crimine contro le anime che la nostra storia – tutta intera – ricordi. La distruzione della bellezza è un crimine senza pari, un crimine di cui in troppi siamo complici: con questa tesi, che ora cercherò di illustrare, vorrei rilanciare la riflessione aperta dal mirabile articolo di Roberto Gramiccia, “Bellezza e rivoluzione: il mondo ha bisogno di entrambe” (Liberazione, 24/07/11).

Oltre a Camus, Gramiccia cita James Hillmann, che in due opere recentemente tradotte, La politica della bellezza e La risposta estetica come azione politica, coglie a distanza di sessant’anni la stessa idea – il nesso fra bellezza e rivoluzione, postulato da entrambi. “La bellezza, senza dubbio, non fa le rivoluzioni. Ma viene un giorno in cui le rivoluzioni hanno bisogno di lei” scriveva Camus. Gli fa eco Hillmann: “Se i popoli si accorgessero del loro bisogno di bellezza, scoppierebbe la rivoluzione”. Eppure quando si parla di rivoluzione non si centra a mio avviso il cuore della tragedia che stiamo vivendo, che è anche la ragione per affermare che viene commesso un crimine senza pari, o forse paragonabile a quello degli istigatori di quegli spaventosi suicidi di massa cui la storia dell’Occidente ha assistito al tempo delle rapine coloniali. La distruzione della bellezza è come un suicidio di massa delle nostre anime. E i morti non fanno una rivoluzione: né politica, né tanto meno interiore.

La rivoluzione cui ci invitava Camus è un’interiore rinnovata guerra di Troia, per liberare la bellezza – Elena che ne è simbolo. “Il viso amato, la bellezza insomma, è questo il terreno su cui ci ricongiungeremo ai Greci… Ammettere l’ignoranza, rifiutare il fanatismo, porre limiti al mondo e all’uomo”. Guai a leggere in questa metafora un atteggiamento estetizzante. C’è veramente il cuore del pensiero greco, invece: la bellezza, cioè l’ordine del cosmo, è la forma visibile della giustizia.

Camus ci chiedeva di non relegare la giustizia nelle mani degli ideologi, o anche soltanto dei filosofi politici, per non parlare dei politici di mestiere, dei capipartito o dei sindacalisti. Tutte queste persone vedono solo alcuni aspetti della giustizia. Non ne vedono il fondo, cioè il valore che la giustizia è, come esatta misura del dovuto a ogni essere: il rispetto agli umani, il respiro ai viventi, la pietà alla memoria dei padri e alla loro eredità, la custodia ai beni comuni, la difesa ai paesaggi storici, che sono il nostro stesso volto, la nostra identità culturale e spirituale. “Quando la giustizia perisce, non ha più alcun valore l’esistenza degli uomini sulla terra” – scriveva Kant. Ma la bellezza è lo splendore di ciò che è prezioso, è l’essenza del valore che si fa visibile. Ecco: come possiamo sentire, percepire che la nostra esistenza non ha più valore se abbiamo ucciso in noi il sentimento della bellezza, se non soffriamo più di fronte alla sua distruzione? Per questo quella cui stiamo assistendo è la tragedia del suicidio morale di una nazione. Per questo tutti gli istigatori di questo suicidio stanno commettendo un crimine senza pari. 

Roberta De Monticelli

Il Fatto Quotidiano del 23 Agosto 2011

 

L’iniziativa di Balzani, Casadei, Ridolfi e Mattarelli, che qui riportimo come appello, ha avuto l’immediata adesione dei “Garibaldini per l’Italia”.  Non possimo astenerci dal criticare aspramente il contenuto della proposta governativa che sceglie pretestuosamente lo spostamento delle festività civili per incrementare i tagli alla spesa pubblica. Il fine è fin troppo ovvio, visto che le festività religiose non vengono minimamente toccate dal provvedimento:  nè Berlusconi, nè tantomeno la Lega, come hanno dimostrato in più di una occasione, ritengono  utile occuparsi dell’identità nazionale che tali date evocano, essendo più inclini, il primo, alla identificazione della Resistenza con il Comunismo (potere dell’ignoranza o perversità della malafede), la seconda allo smembramento costante dell’identità nazionale. Abolire di fatto le date più significative della nostra storia di liberazione dallo straniero e dal nazi-fascismo, intese come continuità ideale tra Risorgimento e Resistenza,  è forse l’atto più anti-italiano concepito da un governo repubblicano, a partire dal dopoguerra fino a questo agosto 2011 .

 

FESTE CIVILI

  La soppressione delle feste civili, contenuta nelle misure straordinarie di finanza pubblica del Governo di questo agosto, è un colpo molto duro inferto al già precario equilibrio simbolico su cu si regge l’identità della Repubblica. Noi, benché convinti che atti di sobrietà e di austerità siano inevitabili, dati i tempi calamitosi in cui viviamo, riteniamo che l’abolizione delle festività del 25 aprile, del Primo maggio e del 2 giugno produca gravi conseguenze sia sul piano della coesione civile, sia sulla produttività della società italiana, a forte vocazione turistica e culturale. Non si comprende, in particolare, perché la questione non abbia riguardato l’intero assetto dei giorni festivi del nostro paese, escludendo a priori quelli religiosi e quindi prevedendo, se del caso, una temporanea sospensione degli effetti del Concordato, da definire con la S. Sede. E’ infatti importante trattare gli spazi di festa collettiva non solo come occasioni di riposo o di svago, ma come espressione di una sensibilità comune verso temi, figure eventi della tradizione, laica o religiosa che sia. Di qui l’esigenza di un ragionamento intellettualmente onesto, che non sia solo l’esito involontario dello zelo di qualche anonimo tecnico economico ministeriale. Non si può, del resto, non rilevare come – sul piano politico-istituzionale – lo spostare alla domenica successiva la celebrazione della sconfitta del fascismo, della nascita della Repubblica e di quel lavoro che la Costituzione pone a fondamento dell’Italia costituisca, di fatto, la negazione di quel patriottismo costituzionale e di quella idea di democrazia sociale su cui si è costruita e sviluppata la miglior storia della nostra Repubblica.

Per queste ragioni lanciamo un appello, aperto a tutte le cittadine e i cittadini italiani/e, affinché il governo receda dai suoi propositi.
Roberto Balzani (Univ. di Bologna, Sindaco di Forlì), Thomas Casadei (Univ. di Modena e reggio Emilia), Maurizio Ridolfi (Univ. della Tuscia, Viterbo), Sauro Matterelli (Pres. Fondazione A. Oriani, Ravenna)

si può esprimere il proprio dissenso firmando al seguente link:
http://soppressionefestecivili.blogspot.com/

Riportiamo questo articolo di Paolo Flores D’Arcais perchè riteniamo abbia centrato il problema delle cause prime del malessere sociale che ormai pervade l’Intera Europa.

L’Europa ribelle
L’Europa non è il Maghreb, i governi d’establishment delle democrazie in crisi non sono comparabili ai dispotismi dei Ben Alì, Mubarak, Gheddafi (per non parlare di Assad), e dunque le rivolte del Nordafrica non hanno alcuna probabilità di ripetersi nel Vecchio continente. Ma è accecante cecità quella del primo ministro Cameron che di fronte alle fiamme di Tottenham sentenzia: “Pura criminalità”. Ci sono certamente anche i delinquenti, come sempre accade nei momenti torbidi. Ma c’è innanzitutto la rabbia e l’esasperazione di chi (masse, ormai. E soprattutto crescenti. E in primo luogo giovanili) è stato escluso dalla cittadinanza democratica, e infine dalla stessa speranza di accedervi. Perché la democrazia implica diffusa mediocrità di ricchezze, come già insegnava Rousseau, e non può reggere a lungo la dismisura tra l’opulenza sempre più sfacciata (e spesso proterva di illegalità) degli “happy few”e l’orizzonte di neo-povertà che inghiotte ex ceti medi e avvelena la condizione giovanile.L’esclusione dal benessere è diventata anche esclusione dalla cittadinanza, poiché la politica è ormai ovunque autoreferenziale, “cosa loro”, proprietà degli establishment, che non a caso privatizzano ogni bene comune e distruggono il welfare. Questa miscela esplosiva è all’origine delle ondate di collera popolare in Grecia, degli “indignados” in Spagna, e può solo espandersi e radicalizzarsi. Chi è respinto dall’unica comunità che in democrazia dovrebbe esistere, quella dei cittadini Eguali, cerca identità e illusorio risarcimento nell’etnia, nella religione, nella gang, ma la radice che alimenta la rivolta è sociale: il furore contro una disuguaglianza che ha travolto ogni umana decenza.

Che rispetto merita la polizia (l’ordine sociale) quando il capo di Scotland Yard si è dovuto dimettere per le tresche con i corruttori e ricattatori del non-giornalismo di Murdoch? E da che pulpito Cameron – di quel marciume mallevadore e beneficato – può gridare ai “criminali”? E perché mai sentirsi “nella stessa barca” quando si taglia sulle pensioni e sugli asili per ingrassare i Mackie Messer dell’intreccio affaristico-politico-criminale?
Quote sempre più larghe di “cittadini” sono oggi esclusi in Europa dal benessere, dalla rappresentanza, dalla speranza. La loro rabbia è sacrosanta. Ma le rivolte rischiano di restare “jaqueries” senza sbocchi, addirittura manovrabili dai nuovi fascismi, se i movimenti sociali non si attrezzeranno a diventare anche soggetti politici ed elettorali: la sinistra libertaria oggi inesistente.

Il Fatto Quotidiano, 10 agosto 2011

Riportiamo il comunicato stampa dei componenti il Forum ex art. 26 (riabilitazione per i portatori di handicap), unendoci alla protesta per i tagli operati dal Governo e dalle Regioni, con particolare attenzione a quelli della Regione Lazio, che ricadono sui disabili e le loro famiglie.

(Vedi filmato: https://www.garibaldini.org/2011/06/appello-forum-ex-art-26-riabilitazione/ )

COMUNICATO STAMPA FORUM EX ART. 26

Vi rivolgiamo un appello: molti dei nostri concittadini rischiano di perdere l’assistenza e la riabilitazione riconosciuta fin dagli anni ’ 70 come un loro diritto inalienabile.
Parliamo delle persone definite “disabili.”
Come è noto, il commissariamento della regione Lazio prevede ingenti tagli al denaro stanziato dal governo per la riabilitazione e la lungo degenza e, nello specifico, prevede una forte
riduzione delle rette assegnate ai centri ex art. 26 che gestiscono la riabilitazione territoriale.  Questo comporta il  peggioramento della qualità di vita e la cancellazione dei diritti fondamentali delle persone più deboli: disabili intellettivi, motori, psichiatrici, anziani, malati cronici….  Se verrà a mancare il sostegno economico ai centri di riabilitazione ci sarà una drastica riduzione dei posti letto, delle terapie, degli ausili, dell’assistenza medico-sanitaria e, di conseguenza la diminuzione dei posti di lavoro, dei progetti di reintegrazione sociale e la dequalificazione degli interventi riabilitativi e assistenziali.  Le famiglie saranno costrette a farsi carico delle spese e degli oneri che il servizio pubblico non intende più sostenere.

La politica dei tagli colpisce tutti coloro che versano in situazioni sociali, psicologiche e economiche già compromesse  negando loro il diritto di cittadinanza.
Questi, in sintesi, sono gli aspetti concreti legati alla crisi economica in cui versa il paese, ma dipendenti soprattutto, da scelte politiche inadeguate. La questione porta necessariamente con sé una riflessione di ordine etico e morale:  una società, che non si occupa di tutelare i diritti e la dignità di ogni persona, non può ritenersi civile, e una politica, che non metta al primo posto scelte che migliorino la qualità di vita di ogni individuo, e che non punti ad abbattere le disuguaglianze sociali, non assolve il suo compito primario. Ecco perché deve essere  coinvolta nel problema tutta la società civile.

In questi giorni il Consiglio Regionale del Lazio sta votando l’assestamento di bilancio. Sappiamo che sono stati presentati alcuni emendamenti a sostegno dei Centri ex art.26.
CHIEDIAMO A TUTTI I CONSIGLIERI  REGIONALI DEL LAZIO DI PRESENTARE EMENDAMENTI IN MERITO O MODIFICARE/VOTARE QUELLI GIA’ PRESENTATI.FORUM EX ART.26

Proseguono gli incontri per strada estivi organizzati dall’associazione culturale  ”Gruppo Laico di Ricerca”. Una occasione in più per ascoltare, attraverso letture di alcuni scritti di Giuseppe Garibaldi, la voce e i sentimenti di un uomo che ha offerto tutto sè stesso per la libertà di un popolo intero  e di tutta l’umanità oppressa.

Una occasione in più per conoscere  il condottiero, il soldato, il difensore degli ultimi e degli onesti, ma anche  l’accusatore dei vizi e del malcostume di governanti e  politici. Riflettere su uomini di tale portata storica e culturale ci aiuta a conoscerci meglio, come Italiani e come Cittadini, e ad affrontare  con  più responsabilità i destini del nostro Paese.

Appuntamento a Roma, Mercoledì 20 Luglio 2011 alle ore 21,00 al Gianicolo, Piazzale Garibaldi – nei pressi del Monumento

 

 


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Presidente e Segretario dei “Garibaldini per l’Italia” aprono la bandiera della Repubblica Romana sotto il monumento a Giuseppe Garibaldi
                                                                                                                                                                                                                                                             
 

In questi ultimi anni, malgrado le ricorrenze istituzionali che dal 2007 al 2011 hanno fatto riaffiorare personaggi e storie del Risorgimento Italiano, si è riscontrato nella popolazione un generale e consistente calo d’interesse per quelle figure fondamentali della nostra storia che nell’immediato dopoguerra avevano assunto, soprattutto in ambito scolastico, un ruolo importante di riferimento culturale. Se le cose fossero andate diversamente, il mito di Giuseppe Garibaldi  avrebbe potuto essere sostituito da una costruttiva riflessione sull’uomo, sul condottiero e sul politico. E’ accaduto invece che le potenziali risorse che avrebbero potuto trasmettere alle giovani generazioni valori e ideali di base su cui costruire nel tempo una più solida identità nazionale, hanno assunto sempre più i connotati di una pura idealizzazione retorica; molto celeste e poco terrena.

Constatiamo così che personaggi come Mazzini e Garibaldi, veri Padri della Patria, che dovrebbero essere attentamente e costantemente studiati e approfonditi nelle scuole, e non salire solo alla ribalta nelle celebrazioni di questo o quell’anniversario, sono oggetto di interesse e di studio oltre i confini dell’Italia.

Testimonianza reale di questo paradosso è l’associazione Garibaldina Tedesca “Garibaldi Gesellschaft Deutschland”, fondata dal Dott. Thilo Fitzner, docente di teologia e responsabile delle politiche di formazione e istruzione presso l’”Evangelische Akademie Bad Boll”, che ne è il Presidente. Il dott. Fitzner e un gruppo di “volontari” tedeschi, appassionati dell’epopea garibaldina e delle gesta di Garibaldi, si sono organizzati e hanno affrontato un viaggio in Italia ripercorrendo l’itinerario dell’impresa dei Mille. Giunti a Roma hanno preso contatto con alcuni membri della nostra associazione e hanno costituito il 19 Marzo 2010, una volta tornati in Germania, la suddetta “Garibaldi Gesellschaft Deutschland”. Nel logo dell’Associazione, alla figura dell’Eroe dei due Mondi, è stata affiancata l’indimenticabile Anita, e i loro due cuori palpitanti ci parlano ancora d’amore e libertà.

  

L’associazione “Garibaldini per l’Italia” è lieta di accogliere i membri tedeschi della “Garibaldi Gesellschaft Deutschland” come fratelli, e auspica che nel futuro si possano consolidare i contatti e gli scambi culturali tra le nostre associazioni, nello spirito del progresso e della libertà dei popoli.

Paolo Macoratti                                                                                                                                                                                                                       Presidente GpI

 

Il 16 Giugno 2011 le Associazioni Gruppo Laico di Ricerca e Garibaldini per l’Italia  hanno guidato, nell’ambito delle celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia, la Fiaccolata commemorativa che si è svolta a Roma sul colle del Gianicolo, per celebrare il 162° anniversario della difesa della Repubblica Romana del 1849. Polizia, Carabinieri e Vigili Urbani hanno scortato il corteo che, partendo dall’Arco dei Quattro Venti (Villa Corsini), all’interno di Villa Pamphili, si è snodato toccando punti nevralgici della difesa di Roma del 1849: Villa Giraud (il Vascello), Porta San Pancrazio, Villa Savorelli, passando per il Piazzale Garibaldi, fino al Sacrario dei caduti per Roma.

 Le celebrazioni del nostro Risorgimento sono prevalentemente retoriche; non solo per la presenza unilaterale degli “addetti ai lavori” che, in sostanza, si auto-celebrano, ma per l’assenza del mondo giovanile e di quello straordinario bagaglio culturale ottocentesco, rimasto sconosciuto a gran parte della popolazione italiana. La “processione laica” del 16 giugno ha invertito questa tendenza, dimostrando che esiste ancora, in nuce, la volontà inconscia di alcuni Italiani di sentirsi membri di una comunità che ha in custodia una riserva immensa di valori, decisivi per migliorare la condizione umana e civile di ciascun cittadino.

 Una “processione laica”, come è stato detto più volte, durante la quale il pensiero e le parole di Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi, Carlo Pisacane, Pietro Calamandrei, uniti ai nomi di 41 caduti per la Repubblica Romana, sono echeggiati nei luoghi stessi ove 162 anni prima avevano prevalso il fragore delle armi e il lamento dei feriti. Parole e concetti importanti, ancora oggi attualissimi; parole e concetti inascoltati o dimenticati, e per questo ancora in attesa di un popolo che li possa  realizzare compiutamente. Una stagione, quella della Repubblica Romana del 1849, fondamentale per le nostre radici storiche e culturali. Durante il percorso, mentre le strade si svuotavano, come per incanto, dalla presenza delle automobili che pochi secondi prima le avevano affollate  (grazie al sapiente coordinamento delle forze dell’ordine),  un silenzio irreale avvolgeva tutto e la storia fatta da quegli uomini e quelle donne di 162 anni fa tornava a scuotere i pensieri dei partecipanti, a mostrar loro la cruda realtà dei nostri giorni, la realtà di un popolo che non è ancora in grado di far germogliare i semi prodotti dai suoi figli migliori. Mentre la  luna rossa sorgeva a oriente e la lunga fila delle fiaccole accese camminava,  con cadenza di tamburo solenne, verso il Sacrario, riaffiorava per incanto la speranza che univa questo popolo a quello che aveva difeso la Repubblica Romana: la presenza dei giovani e anche di molti bambini.

Essere Garibaldini, oggi, non significa soltanto essere presenti alle celebrazioni in cui si fa memoria degli eventi e dei personaggi legati al Risorgimento; e neppure soltanto ricordare  coloro che, pur non essendo combattenti, erano pronti a costruire una società ideale fondata sull’uguaglianza, sulla libertà e sulla fraternità.

Essere Garibaldini, oggi, significa traghettare da una sponda del passato al presente, l’etica, la passione, il coraggio e la giustizia; valori, per i quali uomini e donne dell’ottocento sacrificarono molto, fino al dono estremo della vita.

Da qualche anno la Regione Lazio, per un effetto di tagli lineari della spesa pubblica effettuati dal Governo Nazionale, ha penalizzato il settore sanitario, in particolare della riabilitazione, decrementando i fondi stanziati per i centri convenzionati del 16% (circa 20 milioni di euro). L’intervento, iniziato dalla giunta Marrazzo e completato dall’ attuale Giunta Polverini, ha destrutturato l’intero settore costringendo i piccoli e medi centri di riabilitazione (ex art. 26) ad operare licenziamenti di personale altamente specializzato e trasformare, sostanzialmente, la riabilitazione in “mantenimento”; parole che da sole esprimono la tendenza a considerare i disabili più un peso da sopportare, che una opportunità per la salvaguardia della dignità e del progresso umano.

E’ utile ricordare quanta attenzione fosse riservata da Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi alle persone deboli e indifese,  agli ultimi , e quanto questo tema costituisse, per loro, il fondamento imprescindibile di ogni società civile.

Ci uniamo dunque ai componenti del Forum ex art.26 che con questa “Lettera ai Romani” hanno voluto informare la cittadinanza, e invitiamo tutti a partecipare all’incontro che si svolgerà a Roma il prossimo 18 Giugno (vedi locandina sotto)

 

Lettera ai romani
 

vi rivolgiamo un appello: molti dei nostri concittadini rischiano di perdere l’assistenza e la riabilitazione riconosciuta fin dagli anni ’70 come un loro diritto inalienabile. 
Parliamo delle persone definite “disabili.”
Come è noto, il commissariamento della regione Lazio prevede ingenti tagli al denaro stanziato dal governo per la riabilitazione e la lungo degenza e, nello specifico, prevede una forte riduzione delle rette assegnate ai centri ex art. 26 che gestiscono la riabilitazione territoriale.
Questo comporta il  peggioramento della qualità di vita e la cancellazione dei diritti fondamentali delle persone più deboli: disabili intellettivi, motori, psichiatrici, anziani, malati cronici….
Se verrà a mancare il sostegno economico ai centri di riabilitazione ci sarà una drastica riduzione dei posti letto, delle terapie, degli ausili, dell’assistenza medico-sanitaria e, di conseguenza la diminuzione dei posti di lavoro, dei progetti di reintegrazione sociale e la dequalificazione degli interventi riabilitativi e assistenziali.
Le famiglie saranno costrette a farsi carico delle spese e degli oneri che il servizio pubblico non intende più sostenere.
La politica dei tagli colpisce tutti coloro che versano in situazioni sociali, psicologiche e economiche già compromesse  negando loro il diritto di cittadinanza.
Questi, in sintesi, sono gli aspetti concreti legati alla crisi economica in cui versa il paese, ma dipendenti soprattutto, da scelte politiche inadeguate. La questione porta necessariamente con sé una riflessione di ordine etico e morale:
una società, che non si occupa di tutelare i diritti e la dignità di ogni persona, non può ritenersi civile, e una politica, che non metta al primo posto scelte che migliorino la qualità di vita di ogni individuo, e che non punti ad abbattere le disuguaglianze sociali, non assolve il suo compito primario. Ecco perché deve essere  coinvolta nel problema tutta la società civile.