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In merito alle celebrazioni ufficiali che normalmente vengono riproposte a Roma il 20 settembre di ogni anno a Porta Pia (da cui ci sentiamo parzialmente estranei, non certo per il definitivo e sacrosanto passaggio dei territori dello Stato della Chiesa e di Roma all’Italia, quanto per l’assenza, da quegli eventi, di due pilastri fondamentali del nostro Risorgimento, Mazzini e Garibaldi), vogliamo segnalare l’iniziativa della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, in particolare della Dott.ssa Mara Minasi, responsabile del Mausoleo Ossario garibaldino del Gianicolo e Direttrice del Museo della Repubblica Romana e della memoria garibaldina di Porta San Pancrazio, che ha voluto aprire al pubblico il Sacrario dei caduti per Roma nel giorno dedicato alla “breccia di Porta Pia”.
Nella nota cornice del luogo ove riposano alcuni caduti della Repubblica Romana del 1849 (tra i quali Goffredo Mameli), dell’Aspromonte (1862), di Mentana (1867) e di Porta Pia (1870), abbiamo assistito a quella che era stata indicata, in locandina, come “visita guidata della responsabile dell’area monumentale”. In realtà il racconto di quel giorno di 145 anni fa, esposto magistralmente e con passione da Mara Minasi, si è sviluppato attraverso un inquadramento storico-culturale di prim’ordine, in cui sono stati evidenziati particolari delle vicende belliche di quel 20 settembre, inediti al grande pubblico, e frutto di una ricerca basata sui documenti, oltre che sui libri di storia. Di qui una visione più aderente alla realtà dei fatti, che rende più chiara e tangibile la storia e i personaggi che l’hanno determinata; come Nino Bixio, sulla cui vicenda militare e umana la Minasi si è soffermata più volte. Ecco che Bixio, in questa prospettiva, da comparsa diviene uno dei protagonisti determinanti dell’assedio di Roma del 1870.
Infatti il Generale Cadorna, comandante dell’esercito italiano, che conosceva fin troppo bene l’impeto del garibaldino Bixio, già combattente a Porta San Pancrazio e dintorni nel 1849, lo aveva inizialmente “spedito”, cautelativamente, con i suoi soldati a Civitavecchia per conquistare quella guarnigione pontificia. Il Bixio non solo aveva eseguito velocemente l’ordine ma, desiderando essere tra i primi ad entrare nella città eterna da quella stessa Porta San Pancrazio che aveva cercato di difendere con i suoi compagni d’arme nel ’49, si precipitava a marce forzate dalla cittadina marittima a Roma. Nei pressi della città faceva pervenire un messaggio a Cadorna dicendo che sarebbe partito allora da Civitavecchia, mentre si trovava già nei pressi del Gianicolo. Da qui il bombardamento intimidatorio sulla città, e la prima bandiera bianca di resa dei pontifici sventolante da Porta San Pancrazio. Poi l’esercito italiano sarebbe entrato attraverso la famosa breccia nei pressi di Porta Pia.
Non è stata dunque, quella proposta dalla Minasi, una tradizionale visita guidata, ma una vera e intelligente analisi storica, che ha avuto il suo più alto e originale momento creativo nel parallelismo tra i fatti della Repubblica Romana del 1849 e quelli del 1870. Parallelismi riscontrabili non solo nelle circostanze che, a ruoli invertiti, si ripetono in una giostra di corsi e ricorsi vichiani, ma anche dei personaggi che, a distanza di 21 anni, vivono una storia non ancora conclusa definitivamente.
La visita alla cripta del Sacrario, l’omaggio ai caduti per Roma, la storia della genesi del monumento e le informazioni artistiche e culturali che lo caratterizzano, hanno concluso il percorso storico e l’esposizione di Mara Minasi, le cui iniziative, già lodate dalla nostra associazione, contribuiscono egregiamente a rendere viva e pulsante la storia del Risorgimento italiano.
p.m.
L’ Associazione Garibaldini per l’Italia, impegnata nella diffusione della conoscenza della storia del Risorgimento italiano, in particolare della Repubblica Romana del 1849, dell’epopea garibaldina e della guerra di Liberazione, ha organizzato una serata in onore di coloro che, nel difendere la Repubblica Romana e i contenuti altissimi di civiltà e progresso contenuti nella sua Costituzione repubblicana, gettavano le basi democratiche e popolari per una nascente Repubblica Italiana.
L’evento serale si si è snodato attraverso i luoghi in cui si svolsero i combattimenti più aspri in difesa della Repubblica (Villa Pamphili, Porta San Pancrazio, Villa Spada) per concludersi al Mausoleo-Ossario Garibaldino del Gianicolo, via Garibaldi , 29/e.
Qui, ove riposano le spoglie mortali di Goffredo Mameli e tanti altri martiri della libertà, è intervenuta la Banda Musicale della Guardia di Finanza che ha eseguito brani di Giuseppe Verdi, intervallati da brevissimi interventi su testi di Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi e altri Patrioti.
Oltre alle associazioni culturali e combattentistiche, sono intervenuti:
Dott.ssa Carla Di Veroli – delegata del Sindaco di Roma Ignazio Marino alle cerimonie della Memoria
Dott.ssa Daniela Cirulli – Vice presidente della Giunta del Municipio XII – Politiche sociali, della formazione, del lavoro e delle pari opportunità
Tiziana Capriotti – Assessora alle politiche educative e scolastiche, culturali e interculturali, sportive e del benessere- Municipio XII Roma Capitale
Dott.ssa Mara Minasi – Direttrice del Museo della Repubblica Romana e della memoria garibaldina
Generale di Brigata Raffaele Romano – comandante della Banda Musicale della Guardia di Finanza
Prof. Giuseppe Monsagrati – storico del Risorgimento
Prof. Franco Tamassia – Direttore dell’Istituto di Studi Internazionali “Giuseppe Garibaldi”
Signora Maria Antonietta Grima Serra – Presidente Associazione Nazionale Garibaldina
Promozione e Organizzazione: Associazione “Garibaldini per l’Italia”
Conduttori del corteo:
Arch. Paolo Macoratti – Garibaldino Presidente
Dott.ssa Enrica Quaranta – Garibaldina
PROGRAMMA
“Per non dimenticare l’esperienza fondamentale che per l’Italia ha avuto la Repubblica Romana, soffocata con la forza delle armi al Gianicolo, ma non nello Spirito e nei Valori che l’hanno animata, dai quali dobbiamo trarre nutrimento per l’impegno di resistenza democratica cui siamo ancora oggi chiamati”.
VIDEO DELL’INTERO PERCORSO
http://www.youtube.com/watch?v=Ss2HGNB9veU
http://www.youtube.com/watch?v=XoI1ztIvfTU
http://www.youtube.com/watch?v=Vi4XjA0U1m4
- ore 18,45 - Appuntamento a Villa Pamphili, piazzale dei Ragazzi del 1849 (Arco dei Quattro Venti)
- Corteo con stazioni presso il Vascello, Porta San Pancrazio, Villa Spada
- ore 20,30 – Mausoleo-Ossario Garibaldino – Concerto della Banda Musicale della Guardia di Finanza – Musiche di Giuseppe Verdi
Il mondo etrusco, prima che Roma affermasse la propria egemonia sui territori limitrofi, si estendeva fino al confine naturale della sponda destra del Tevere, inglobando l’attuale colle Gianicolense. Il nome Gianicolo è tradizionalmente attribuito a Giano, antico re del Lazio, che avrebbe ospitato e nascosto Saturno scacciato dal cielo. Malgrado molti autori riferiscano tale tradizione, non si ha notizia in età storica di alcun culto locale di Giano, venendo citata soltanto un’ara dedicata a Fonto, figlio di Giano, presso la quale la tradizione poneva il sepolcro di Numa (Cic., De leg., II, 22, 56; Plut., Numa, 22, 2). L’antica Porta Aurelia, poi denominata intorno al V secolo Porta San Pancrazio in onore del martire giovinetto dell’epoca di Valeriano sepolto nelle catacombe di Ottavilla, sottostanti all’omonima Basilica, faceva parte delle mura fatte costruire dall’Imperatore Aureliano nel 270 e costituiva l’ingresso occidentale a Roma attraverso la via Aurelia, arteria che penetrava nell’urbe fino a Ponte Emilio. La posizione strategica del Gianicolo, che i Romani sfruttarono per proteggersi dagli Etruschi in età repubblicana, si protrasse nel tempo. Nel 1643 il Pontefice Urbano VIII cinse di nuove mura il colle, ampliando il perimetro delle mura Aureliane . Il carattere difensivo del Gianicolo e il suo stesso nome riferito a un’antichissima divinità latina strettamente connessa con ogni luogo di accesso o di transito, si consolidò nei secoli fino all’unità d’Italia.
Avant que Rome ait affirmé sa propre hégémonie sur les territoires limitrophes, le monde étrusque s’étendait jusqu’à la limite naturelle du bord droit du Tibre, de façon à englober la colline actuelle du Janicule. Le nom Janicule est traditionnellement attribué à Janus, ancien roi de Latium (Lazio) qui aurait hébergé et caché Saturne chassé du ciel. Malgré plusieurs auteurs se référent à une telle tradition, il y a un total manque de notation historique à propos d’un culte local attribué à Janus; il existe uniquement une citation à propos d’un autel dédié à Fonto, fils de Janus, la où la tradition plaçait le sépulcre de Numa (Cic., De leg., II, 22, 56; Plut., Numa, 22, 2). L’ancienne Porte Aurélie , par la suite fu nommée la Porte San Pancrazio autour du V siècle en honneur d’un jeune martyre à l’époque de l’Empéreur Valérien, enterré dans les catacombes de Ottavilla, sous la Basilique homonyme, faisait part des murs construits par l’Empéreur Aurélien en 270 et constituait l’entrée occidentale à Rome à travers la Voie Aurélie, artère qui pénétrait la ville jusqu’au Pont Emilie. La position stratégique du Janicule que les Romains exploitèrent afin de se protéger des étrusques en age républicain se prolonga au cours des siècles. En 1643 Pape Urbain VIII entoura la colline de nouveaux murs, de manière à amplier le périmètre des murs auréliens. La nature defensive du Janicule, ainsi que son propre nom attribué à une ancienne divinité latine, rigoureusement connexe à tout lieu d’accès ou de transition, se consolida au cours des siècles jusqu’à l’Unité d’Italie.
L’Assedio del giugno 1849 ad opera del corpo di spedizione francese, che Napoleone III aveva inviato a Roma su richiesta di Papa Pio IX, con l’intento di porre fine all’esperienza della giovanissima Repubblica Romana, si concentrò principalmente in quell’area del colle Gianicolense compreso tra l’attuale Villa Pamphili e Porta San Pancrazio. Francesi e Italiani si fronteggiarono per un mese intero in scontri violenti e spietati che causarono, tra morti e feriti, più di 5.000 caduti. Poi, dopo un martellante bombardamento della città e l’apertura di alcune brecce nelle mura Urbaniane, l’esercito francese riuscì a penetrare nella città, ripristinando lo Stato della Chiesa.
Le Siège en juin 1849, conduit par un corps d’expédition française que Napoléon III avait envoyée à Rome, sur requete du Pape Pie IX, avec l’intention de mettre fin à l’expérience de la toute jeune République Romaine, se concentra principalement dans la zone de la colline Janicule qui comprend l’actuel Villa Pamphili et la Porte San Pancrazio. Les français et les italiens se tenèrent tete pendant un mois entier à des combats cruels et violents causant, entre les morts et les bléssés, plus de 5,000 morts. Successivement,, à la suite d’un bombardement incessant et de l’ouverture de plusieurs brèches dans les murs urbaniens, l’armée française réussit à pénétrer la ville et à rètablir l’Etat de l’Eglise.
L’ostinata e inattesa resistenza dei repubblicani alle soverchianti forze dell’esercito doltr’Alpi, una delle potenze militari più importanti del tempo, sorprese e impressionò il comando francese che aveva previsto, fin dal primo assalto del 30 Aprile, una rapida soluzione del conflitto. Il prolungarsi dei combattimenti, l’impegno logistico finalizzato soprattutto alla realizzazione di una miriade di trincee di avvicinamento alle mura di Roma e le gravi perdite subite indussero il comandante del Genio, Generale Jean Baptiste Philibert Vaillant , a compiere, a fine ostilità, un gesto di forte valore simbolico: l’acquisizione delle Chiavi d’ingresso a Roma attraverso Porta San Pancrazio. Il fatto, se da un lato potrebbe essere interpretato come un segno di conquista e sottomissione, dall’altro si potrebbe leggere, e crediamo sia questa seconda ipotesi la più vicina alla realtà, come espressione dell’orgoglio militare francese per aver saputo neutralizzare un così strenuo e valoroso avversario.
La résistance obstinée et inattendue de la part des républicains aux forces surabondantes de l’armée au delà des Alpes, une des plus puissantes forces militaires de l’époque, étonna et impressionna le commandement français qui avait prévu, dès le premier assaut du 30 avril, une solution rapide du conflit. Le prolongement des combats, l’engagement logistique finalisé à la réalisation d’une myriade de tranchées d’approchement aux murs de Rome et les sérieuses pertes subies, provoqua la decision de la part du Commandant du Génie, le Générale Jean Baptiste Philibert Vaillant, à effectuer, à la fin des hostilités, un geste de forte valeur symbolique: l’acquisition des Clefs d’entrée à Rome à travers la Porte San Pancrazio. Ce fait, si d’un coté cela pourrait etre interprété come un signe de conquete et de soumission, d’un autre coté l’on pourrait lire, et nous croyons que cette seconde hypothèse soit la plus proche à la réalité, come expression d’orgueil d’une force militaire français qui a su neutraliser un adversaire aussi courageux et vaillant.
Il simbolo ha sempre avuto nella storia umana un’importanza fondamentale. La Bandiera, nel cui emblema i popoli riconoscono la propria identità, è forse la rappresentazione più efficace per sintetizzare intenzioni e valori di intere generazioni; essa nasce da un percorso circolare, idea – oggetto-simbolo, che la mente percepisce all’istante. Diversamente, oggetti privi di contenuti di particolare rilevanza, seguendo un percorso inverso, ovvero dall’oggetto reale al simbolo, acquistano valori di straordinaria importanza in quanto legati alle vicende umane. E’ il caso delle Chiavi di Porta San Pancrazio. Se il loro possesso ebbe un rilevante significato simbolico per l’assediante vincitore, quanto valore avrebbe oggi per noi, posteri di quei Patrioti sconfitti, che difesero con tanto onore l’Idea di una Repubblica, poterle rivedere a Roma?
Le symbole a toujours eu une importance fondamentale dans l’histoire humaine. Le drapeau, dont l’emblème représente l’identité d’un peuple, est peut-etre la représentation plus efficace afin de synthétiser les intentions et les valeurs de générations entières; cela nait d’un parcours circulaire: une idée, un objet, un symbole que l’esprit perçoit à l’instant. Diversement, des objets sans teneur d’importance particulière, suivant un parcours inverse, c’est-à-dire, d’un objet réel à un symbole, acquèrent des valeurs d’une importance straordinaire vu leurs liaisons à des vicissitudes humaines . C’est exactement le cas des Clefs de la Porte San Pancrazio. Si la possession eut une signification symbolique aussi importante de la part des assiègeants vainqueurs, quelle valeur cela aurait pu représenter pour nous aujourd’hui – qui sont les postérités des patriotes vaincus chi défendèrent avec un si grand honneur l’idée une République – si nous aurions pu les revoir à Rome?
Oggi le Chiavi di Porta San Pancrazio sono custodite in una teca del Musée dell’Armée di Parigi (Inv. 1044, Cd 178), che gentilmente ci ha concesso di esporle nel nostro sito.
Aujourd’hui les Clefs de la Porte San Pancrazio son gardées dans la thèque du Musée de l’Armée à Paris (Inv. 1044, Cd 178), or, ce dernier nous a accordé de les mettre en exposition à travers notre site informatique.
http://www.youtube.com/watch?v=_Gu-08lHHtw
Inno popolare della Repubblica Romana del 1849
In corsivo il testo di Goffredo Mameli
Musica di Nicola Piovani
Se il Papa è andato via
Buon viaggio e così sia
Non morirem d’affanno
perché fuggì un tiranno
perché si ruppe il canapo
Che ci legava al piè
Viva l’Italia e il Popolo
E il Papa che va via
(Se andranno in compagnia
Viva anche gli altri re)
Addio, sacra corona
Finì la monarchia
Orch’è sovrano il Popolo
Mai più ritorni un re
O Popoli fratelli
Oppressi da mill’anni
Buttate giù i cancelli
Scacciate i re tiranni!
Mai più sui troni siedano
Imperatori o re!
(Al Campidoglio! Il Popolo
dica la gran parola:
daghe i romani vogliono,
non più triregno e stola!)
Per iniziativa dell’Associazione culturale “Gruppo Laico di Ricerca” di Roma abbiamo partecipato per due anni consecutivi alla Fiaccolata in onore dei caduti della Repubblica Romana del 1849.
Il perscorso ha rievocato i momenti salienti delle battaglie che si sono svolte per tutto il mese di Giugno, a partire da Villa Corsini (ora arco dei quattro venti all’interno di Villa Pamphili) a Villa Spada.