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La riforma Moratti del 28 Marzo 2003 n°53, ha stravolto i criteri di prevalenza formativa nello studio della storia! Nell’impedire ai giovanissimi cittadini della Scuola Primaria di conoscere il Risorgimento, questa legge li ha privati della possibilità di assimilare le basi fondamentali sulle quali è nata l’unità della Patria comune. Accertato che l’applicazione di tale riforma ha avuto, sta avendo e avrà, se non si interviene per cambiarla, effetti deleteri sulla formazione culturale e civile delle giovani generazioni e sui valori dell’identità nazionale ed europea, che dal Risorgimento, attraverso un percorso lungo e travagliato, è arrivata fino ai nostri giorni, l’Associazione culturale Garibaldini per l’Italia invita a firmare questa petizione per riattivare i programmi scolastici relativi allo studio della Storia e, in particolare, del Risorgimento, precedenti l’applicazione della citata Legge 28 Marzo 2003 n°53 (Riforma Moratti)
In base alla riforma Moratti si stabilisce che il primo ciclo d’istruzione articolato in Primaria e Secondaria di primo grado, preveda lo studio della Storia una sola volta per sei anni, dalla terza elementare alla terza media, secondo la seguente scansione: in Terza elementare si studia la preistoria, in Quarta e Quinta il mondo antico, in Prima Media il Medioevo, in Seconda dalla scoperta dell’America alla fine dell’Ottocento (sic!), in Terza il Novecento. Le motivazioni didattico-pedagogiche a sostegno della riforma sono a dir poco confuse: secondo il legislatore il cambiamento “avrebbe permesso agli insegnanti di prestare maggiore attenzione all’acquisizione delle competenze degli allievi anziché ai contenuti (ritenuti forse nozionistici?) dei programmi”. In realtà, come si possono insegnare strumenti critici – che hanno come scopo l’acquisizione delle competenze – senza aver prima analizzato l’argomento di applicazione degli stessi, ovvero i contenuti? La storia serve per conoscere il passato, comprendere il presente e intuire il futuro, e ha bisogno di essere assimilata e memorizzata lentamente, iniziando dal “gioco” in ambito prescolare (fino a 6 anni), seguendo poi nella scuola Primaria (già scuola elementare) con lo studio dei “fatti” (6 – 10 anni) e proseguendo nella Secondaria di primo grado (già scuola media) con gli “approfondimenti” (11 – 13 anni).
VI INVITIAMO A FIRMARE COLLEGANDOVI AL LINK QUI SOTTO, E DIFFONDERE SUI SOCIAL L’INIZIATIVA
GRAZIE
Chi sono i veri eredi del Risorgimento e della Resistenza ?
La domanda lascia perplessi; si fa fatica infatti a credere che ancora oggi possano esistere soggetti in grado di esprimere una continuità culturale con gli uomini e le donne che nel passato si sono impegnati, anche a costo della vita, per la costruzione di una Patria comune, libera, democratica e civile.
La decadenza del sistema Paese, che ogni giorno ci appare sempre più evidente – crisi economica a parte – potrebbe naturalmente confermare l’assenza di una continuità generazionale fondata su quei valori che hanno fatto grande il nostro Paese, pur se per brevi periodi storici. In realtà non è proprio così. Se proviamo a focalizzare la nostra attenzione sui comportamenti di alcune persone, che sicuramente abbiamo incontrato una o più volte sul nostro cammino, ma che, o per superficialità o per pigrizia abbiamo colpevolmente trascurato, allora forse potremmo sostituire la nostra delusione del presente con una realtà potenzialmente confortante.
Ci sono infatti in Italia uomini e donne che credono ancora nello Stato Repubblicano e che dimostrano con i fatti, e non a parole, la loro resistente volontà di migliorare sé stessi e gli altri per una comune finalità: il progresso del nostro popolo. Queste persone sono distribuite su tutto il territorio nazionale, da sud a nord; le troviamo sia nel pubblico che nel privato, e appartengono a tutte le classi sociali. Costoro si fanno carico delle inefficienze degli altri, delle carenze strutturali, dell’improvvisazione e dell’ignavia, ormai divenute prassi quotidiana, operando con efficienza, ma subendo l’arroganza dei somari e dei corrotti. Lavorano nell’ombra, senza giornalisti al seguito, senza clamore. Il loro impegno può salvare la dignità di un Paese che sta perdendo faccia e identità.
E poi ci sono i volontari che aiutano la comunità a uscire dal buio dell’egoismo: sono uomini e donne che vanno “controcorrente”, perché la corrente dominante sfocia nel celato disprezzo verso le classi più umili, verso i diseredati, verso gli ultimi.
Aiutiamo, incoraggiamo e diffondiamo i buoni esempi di questi seminatori, veri Italiani d’oggi.
Il Risorgimento e la Resistenza ci hanno lasciato una grande eredità spirituale, fondata sui valori del progresso civile, della crescita solidale e della giustizia sociale. E’ nostro dovere coltivare questi beni preziosi nella scuola e nel mondo del lavoro, per estenderli a tutta la società civile. Abbassare la guardia ora, equivarrebbe ad arrendersi a quei poteri che una volta erano interessati a dividere il territorio e il popolo italiano in piccoli Stati (Divide et Impera), oggi a frantumare la coesione economica, civile e sociale del nostro Paese.
P.M.
Ormai non facciamo più attenzione al degrado urbano delle periferie e semi-periferie delle nostre città che, a partire dal dopoguerra, hanno mortificato lo spirito e condizionato pesantemente i comportamenti di milioni di cittadini Italiani. La ricostruzione morale e fisica dell’Italia è stata affidata, dal 1946, ad un branco di lupi famelici che , approfittando del disastro in cui il fascismo aveva trascinato un Popolo ancora in formazione, destinandolo ad un epilogo di fame, morte e distruzione, hanno sconvolto a suon di mazzette e favori le regole urbanistiche ed edilizie, che erano e sono ancora oggi di fondamentale importanza per l’assetto del territorio e la convivenza civile della popolazione. E’ sufficiente fare una passeggiata per questi caotici agglomerati e osservare il paesaggio che si muove intorno a noi: una realtà fatta di edifici soffocati dalla loro stessa ingombrante presenza, uno vicino all’altro, senza aria, senza marciapiedi adeguati, senza parcheggi, senza piazze; ovunque caos e alienazione per chi ci vive, e oppressione per chi ci passa. Eppure le Leggi ci sono (anche troppe in verità), ma non vengono applicate per la presenza costante di quei lupi famelici cui accennavamo precedentemente; più propriamente per la presenza dei discendenti di quei lupi famelici, cui si sono aggiunti, nel frattempo, ulteriori branchi di volpi astutissime: così nell’edilizia, così nella politica.
L’Italia è, oggi, letteralmente a pezzi! Prescindendo dalla grave crisi economica che comunque ci costringe a scelte di campo per far fronte alle priorità, ci troviamo nel bel mezzo di una svolta storica: la caduta di Berlusconi e del berlusconismo e il declino della cosiddetta seconda Repubblica. E’ questione di poco tempo e l’Italia dovrà tornare a “ricostruirsi”; ma su quali basi? E’ necessario che la nostra democrazia sia rifondata su due pilastri: l’attuazione costante della Costituzione repubblicana, in questi giorni in pericolo per i tentativi delle “volpi astutissime” di cambiarla, innescando così svolte autoritarie, e la formazione delle nuove generazioni intorno a saldi princìpi morali e civili. Nel primo caso occorre la vigilanza e la partecipazione alle vicende politiche e sociali del Paese di tutti quei Cittadini, e purtroppo non sono molti, che si ritengano coscienti del loro ruolo attivo nella Società, e determinati a farla progredire per il bene ogni suo componente, qualunque sia la sua condizione socio-culturale e la religione di appartenenza. Nel secondo caso occorre investire sulla Scuola Pubblica, proiettandola in una nuova stagione in cui siano predominanti i riferimenti culturali e storici che hanno determinato l’ordinamento repubblicano scaturito dal Risorgimento e dalla Resistenza. Una scuola il cui fine sia quello di formare il futuro cittadino all’osservanza delle leggi, al rispetto degli altri e di sè stesso, educandolo alla vita collettiva e comunitaria.
Il tempo dell’inerzia è finito! Dobbiamo ricostruire il nostro Paese.
p.m.
Memorabili interpreti di Verdi dirigono l’orchestra della Scala (11 maggio 1946 – 11 gennaio 2009 ). Un brano che forse più di ogni altro contiene in sè lo slancio passionale e liberante del Risorgimento
http://www.youtube.com/watch?v=jjBlsfCZOKI
Il filo rosso che unisce il Risorgimento alla lotta partigiana, intrapresa da uomini e donne che cercavano di riscattare l’Italia dagli anni oscuri in cui era precipitata, si può percepire attraverso lettere, scritti e testi di straordinaria importanza. Resistere, oggi, è anche nutrire il proprio spirito di quelle preziose testimonianze di fede e speranza per un futuro migliore.
GRUPPO LAICO DI RICERCA
DOMENICA 9 OTTOBRE 2011 – ORE 17,00 – Via Caffaro, 10 - Roma
L’iniziativa di Balzani, Casadei, Ridolfi e Mattarelli, che qui riportimo come appello, ha avuto l’immediata adesione dei “Garibaldini per l’Italia”. Non possimo astenerci dal criticare aspramente il contenuto della proposta governativa che sceglie pretestuosamente lo spostamento delle festività civili per incrementare i tagli alla spesa pubblica. Il fine è fin troppo ovvio, visto che le festività religiose non vengono minimamente toccate dal provvedimento: nè Berlusconi, nè tantomeno la Lega, come hanno dimostrato in più di una occasione, ritengono utile occuparsi dell’identità nazionale che tali date evocano, essendo più inclini, il primo, alla identificazione della Resistenza con il Comunismo (potere dell’ignoranza o perversità della malafede), la seconda allo smembramento costante dell’identità nazionale. Abolire di fatto le date più significative della nostra storia di liberazione dallo straniero e dal nazi-fascismo, intese come continuità ideale tra Risorgimento e Resistenza, è forse l’atto più anti-italiano concepito da un governo repubblicano, a partire dal dopoguerra fino a questo agosto 2011 .
FESTE CIVILI
La soppressione delle feste civili, contenuta nelle misure straordinarie di finanza pubblica del Governo di questo agosto, è un colpo molto duro inferto al già precario equilibrio simbolico su cu si regge l’identità della Repubblica. Noi, benché convinti che atti di sobrietà e di austerità siano inevitabili, dati i tempi calamitosi in cui viviamo, riteniamo che l’abolizione delle festività del 25 aprile, del Primo maggio e del 2 giugno produca gravi conseguenze sia sul piano della coesione civile, sia sulla produttività della società italiana, a forte vocazione turistica e culturale. Non si comprende, in particolare, perché la questione non abbia riguardato l’intero assetto dei giorni festivi del nostro paese, escludendo a priori quelli religiosi e quindi prevedendo, se del caso, una temporanea sospensione degli effetti del Concordato, da definire con la S. Sede. E’ infatti importante trattare gli spazi di festa collettiva non solo come occasioni di riposo o di svago, ma come espressione di una sensibilità comune verso temi, figure eventi della tradizione, laica o religiosa che sia. Di qui l’esigenza di un ragionamento intellettualmente onesto, che non sia solo l’esito involontario dello zelo di qualche anonimo tecnico economico ministeriale. Non si può, del resto, non rilevare come – sul piano politico-istituzionale – lo spostare alla domenica successiva la celebrazione della sconfitta del fascismo, della nascita della Repubblica e di quel lavoro che la Costituzione pone a fondamento dell’Italia costituisca, di fatto, la negazione di quel patriottismo costituzionale e di quella idea di democrazia sociale su cui si è costruita e sviluppata la miglior storia della nostra Repubblica.
Per queste ragioni lanciamo un appello, aperto a tutte le cittadine e i cittadini italiani/e, affinché il governo receda dai suoi propositi.
Roberto Balzani (Univ. di Bologna, Sindaco di Forlì), Thomas Casadei (Univ. di Modena e reggio Emilia), Maurizio Ridolfi (Univ. della Tuscia, Viterbo), Sauro Matterelli (Pres. Fondazione A. Oriani, Ravenna)
si può esprimere il proprio dissenso firmando al seguente link:
http://soppressionefestecivili.blogspot.com/
Il Consiglio Direttivo dell’Associazione Garibaldini per l’Italia ha conferito a Claudio Fracassi, giornalista e scrittore, la tessera di Socio Onorario n° 02/o.
La sera del primo marzo 2011, in occasione della presentazione del suo ultimo libro “Il racconto dei Mille”, organizzata dall’Associazione culturale “Gruppo Laico di Ricerca” presso il centro socio-culturale di Via Caffaro a Roma, è stata consegnata a Claudio Fracassi una targa -ricordo unita alla seguente motivazione:
MOTIVAZIONE TESSERA ONORARIA N° 02/O
PER IL GIORNALISTA E SCRITTORE CLAUDIO FRACASSI
IL CONSIGLIO DIRETTIVO, IN CONFORMITÀ AGLI ARTT. 7 E 4 DELLO STATUTO, HA DECISO ALL’UNANIMITÀ DI CONCEDERE AL GIORNALISTA E SCRITTORE CLAUDIO FRACASSI LA QUALIFICA DI SOCIO ONORARIO DELL’ASSOCIAZIONE “GARIBALDINI PER L’ITALIA”,
PER AVER CONTRIBUITO CON PASSIONE E PROFESSIONALITA’ ALLA DIFFUSIONE DELLA STORIA, DELLE IDEE E DEI VALORI DEL RISORGIMENTO ITALIANO E DELLA REPUBBLICA ROMANA DEL 1849.
SI RICONOSCE A CLAUDIO FRACASSI IL MERITO DI RACCONTARE LA STORIA ATTRAVERSO UNO STILE LETTERARIO COMPRENSIBILE A TUTTI ED AVER FORMATO E FORMARE, CON I SUOI SCRITTI, LA COSCIENZA CIVILE E MORALE DEI GIOVANI CITTADINI ITALIANI
Domenica 10 Aprile - ore 16,00 -
Appuntamento a Roma, piazzale Garibaldi al Gianicolo, organizzato dal Gruppo Laico di Ricerca.
Continuano gli incontri finalizzati a mantenere viva la memoria dei personaggi, dei luoghi e delle vicende del Risorgimento italiano e della Repubblica Romana del 1849.
Molto spesso vengono associati alla retorica celebrativa gli stessi protagonisti, gli stessi nomi famosi degli “eroi” del Risorgimento, dimenticando che le loro gesta sono state possibili grazie al contributo determinante di tutti coloro che parteciparono, a vario titolo, alle vicende che li videro protagonisti. Una di queste persone è Anita Garibaldi; una delle tante donne che diedero la vita per la causa della libertà.
Titolo dell’incontro: Anita – il coraggio di una donna
Domenica 3 Aprile alle ore 17,00 presso il centro socioculturale di via Caffaro n° 10 a Roma, continuano gli approfondimenti del Gruppo Laico di Ricerca sulla Repubblica Romana del 1849.
Tra le realtà culturali romane quella dell’Associazione “Gruppo Laico di Ricerca” è senz’altro tra le più attive nel proporre conferenze sul Risorgimento italiano e sulla Repubblica Romana del 1849.
Il tema dell’incontro é: Come nasce una Repubblica
http://www.gruppolaico.it/category/appuntamenti/
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13 marzo 2011 | ||
17:00 | a | 20:30 |
Domenica 13 Marzo alle ore 17,00, a Roma, presso il Centro Socioculturale Garbatella di Via Caffaro,10, l’associazione culturale “Gruppo Laico di Ricerca” ha organizzato un incontro di approfondimento sulle conseguenze politiche e storiche scaturite dall’ unificazione nazionale monarchica e dalla rivoluzione incompiuta delle forze repubblicane e progressiste.
Per l’importanza e l’attualità del tema s’invitano soci e simpatizzanti a non mancare l’appuntamento
per i dettagli : http://www.gruppolaico.it/category/appuntamenti/
23 marzo 2011 | ||
17:00 | a | 20:30 |
Domenica 23 Marzo alle ore 17,00, a Roma, presso il Centro Socioculturale Garbatella di Via Caffaro,10, l’associazione culturale “Gruppo Laico di Ricerca” ha organizzato il secondo incontro di approfondimento sulle conseguenze politiche e storiche scaturite dall’ unificazione nazionale monarchica e dalla rivoluzione incompiuta delle forze repubblicane e progressiste.
Per l’importanza e l’attualità del tema s’invitano soci e simpatizzanti a non mancare l’appuntamento
per i dettagli : http://www.gruppolaico.it/category/appuntamenti/
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E’ stato giudicato emozionante e commovente l’intervento di Benigni al Festival di San Remo 2011; è stato l’intervento di un attore da Oscar che per qualche minuto si è autoinvestito del ruolo di divulgatore della storia patria. Così Mazzini, Garibaldi, Mameli e tanti altri Patrioti sono saliti, per qualche minuto, alla ribalta.
Si, per qualche minuto e grazie a un personaggio stimolante e appassionato come Roberto Benigni, che è riuscito a condensare in poche battute cinquant’anni di storia risorgimentale. Mentre cantava, in un sublime assolo, l’inno di Mameli, prima di ieri sconosciuto nel suo reale significato alla maggior parte dei tifosi del pallone, spuntava una lacrima sulle guance di molti italiani che solo in quel momento percepivano la grandezza degli uomini e delle donne dell’ottocento e la miseria dell’Italia di oggi.
Sorgono, allora, spontanee alcune domande: perchè il divulgatore Benigni può eccitare le coscienze sopite degli Italiani durante uno spettacolo leggero come il Festival di San Remo, quando lo stesso servizio potrebbe e dovrebbe essere assolto dagli insegnanti delle scuole statali della Repubblica? Perchè la televisione, il più potente medium d’informazione, non viene utilizzata per diffondere la storia, i valori e le vicende che sono alla base delle nostre radici repubblicane? Cosa accadrà quando i riflettori si spegneranno sul 150° dell’unità d’Italia?
La risposta, forse, va ricercata in quella mancata formazione degli Italiani che Mazzini, da meraviglioso visionario, anteponeva a tutto, ritenendola indispensabile per il processo di formazione dello Stato unitario. Il compromesso storico che ha demandato alla Monarchia Sabauda il compito di costituirsi capofila dell’unità nazionale, ha di fatto impedito che il pensiero di Mazzini e l’azione di Garibaldi potessero far maturare, nel tempo, la coscienza civile del popolo italiano. Ancora oggi, nei fatti, non riusciamo a considerarci eredi dei Patrioti del Risorgimento e ci accontentiamo che sia un attore a raccontarci, da un palco, la nostra storia.
Paolo Macoratti
Il 17 marzo 1861, viene proclamata l’Unità d’Italia. Alla sua realizzazione hanno contribuito anche quei popoli dell’Italia Meridionale ai quali Vittorio Emanuele II da Ancona, il 1° ottobre 1860, ha indirizzato parole di lode e di gratitudine in un suo celebre e significativo proclama.
Il desiderio di libertà, in crescita nei ceti popolari, esplode anche nel Sud, dove la repressione liberticida del Governo borbonico non è stata meno cruenta di quella austriaca nel Lombardo-Veneto e di quella pontificia negli Stati della Chiesa.
Carlo Pisacane, uno dei nomi cari alla nostra storia patria, in una lettera che indirizza a Giuseppe Fanelli, uno dei pugliesi dei Mille, scrive che anche il Sud ha dei doveri tremendi perché …ha sul collo una di quelle tirannidi che degradano chi le sopporta.
E ancora aggiunge che il Sud, non avendo …truppa straniera, in vicinanza di nemico straniero, è quindi …strategicamente parlando, il punto donde l’iniziativa italiana dovrebbe muovere… Il Sud è centro per l’importanza d’ogni suo moto, da essere seguito da tutta quanta l’Italia.
Antonio Gramsci, nelle sue note su “Il Risorgimento” dai “Quaderni del carcere”, afferma …Il Mezzogiorno era ridotto a un mercato di vendita semicoloniale, a una fonte di risparmio e di imposte ed era tenuto “disciplinato” con due serie di misure: misure poliziesche di repressione spietata di ogni movimento di massa con gli eccidi periodici di contadini, misure poliziesche-politiche: favori personali al ceto degli “intellettuali”o “pagliette”, sotto forma di impieghi nelle pubbliche amministrazioni.
Lo storico pugliese Antonio Lucarelli, nelle sue opere “La Puglia nel secolo XIX” e “Il brigantaggio politico delle Puglie dopo il 1860”, descrive le condizioni di estrema miseria del contadino meridionale nella seconda metà dell’800, definito unanimemente “cafone” con l’aggiunta di appellativi quali “vassallo, ciuccio e villano”.
Questa particolare figura di bracciante meridionale, chiuso nel più completo abbrutimento culturale, è immerso nella superstizione e rassegnato a una vita in cui il sentimento religioso del premio e della punizione eterna svolge un ruolo di impedimento psicologico che lo porta a subire passivamente soprusi, offese e violenze dai proprietari terrieri, che abusano anche delle loro donne e figlie.
Quest’ultima tipologia di personaggi, definiti “galantuomini”, viene identificata nei proprietari e “signorotti terrieri”, che, vivendo nei piccoli centri, costituiscono la classe dirigente, occupando tutte le cariche sociali, usandone a proprio beneficio e a danno degli stessi “cafoni”. Le famiglie dei “galantuomini” si coalizzano per conquistare tutte le cariche elettive e governative, non disprezzando una certa connivenza con il brigantaggio.
Le masse popolari, pertanto, abbrutite dalle condizioni sociali, non possono nutrire ideali e sono quindi ben lontane dal recepire i concetti di libertà, unità e indipendenza, preoccupati, soltanto e naturalmente, della loro sopravvivenza quotidiana.
Tale soggezione psicologica non tarderà a trasformarsi in vera e propria ostilità soprattutto contro la nascente borghesia agraria; atteggiamento abilmente sfruttato dalla dinastia borbonica, dai loro ministri e dal clero, allo scopo di fronteggiare le correnti liberali che iniziano a radicarsi tra i borghesi.
Questa manovra strategica viene posta in atto per la prima volta, verso la fine della Repubblica Partenopea, ultima a essere costituita in Italia nel “triennio giacobino” 1796-99.
Gli avvenimenti di quella grande espressione di libertà e di dignità del popolo meridionale sconvolgono il Mezzogiorno d’Italia, stabilendo un legame privilegiato con la storia del Risorgimento italiano, giustificato anche dalla feroce e sanguinosa repressione messa in atto ad opera dei “Realisti” e “Sanfedisti”, guidati dal famigerato Cardinale Fabrizio Ruffo, chiamato il Cardinale-Generale.
Nella fase più risorgimentale, vengono esaltati gli illuministi e i martiri del 1794, tra i quali Emanuele De Deo di Minervino Murge e i giovanissimi Vincenzo Vitaliano e Vincenzo Galiani, che sono i primi a risvegliare l’Italia “sonnolenta” e a costituire quella linea di continuità che porterà alla soluzione unitaria.
Negli anni del suo esilio milanese, Vincenzo Cuoco nel suo “Saggio Storico” approfondisce quegli eventi e la loro connessione con la più generale questione italiana.
La rivoluzione napoletana del 1799, chiudendo l’età del riformismo, lascia una eredità importante e una traccia indelebile nelle coscienze dei patrioti meridionali, scosse dal sacrificio di Ignazio Ciaia, Mario Pagano e Domenico Cirillo, condannati a morte il 29 settembre 1799.
Le masse popolari, ancora ben lontane dal recepire il messaggio di libertà che si diffonde soprattutto in Puglia, assalgono le città che hanno aderito alla breve e sfortunata Repubblica Partenopea, guidate da capipopolo, spesso briganti, che vengono ricompensati con l’amnistia per i loro delitti, con il riconoscimento dei gradi acquisiti e con l’elargizione di titoli, onorificenze, feudi e proprietà.
Tra i capobriganti più noti di quel periodo emergono: Pronio, Rodio, Michele Pezza di Itri, detto Fra Diavolo e Gaetano Mammone, macellaio di Sora, generale in capo dell’insurrezione borbonica.
Ancora Vincenzo Cuoco e Atto Vannucci nella sua opera “I martiri della libertà”, pubblicata a Milano nel 1872, presso l’editore Treves, descrivono le efferatezze commesse contro le popolazioni delle città repubblicane.
L’assedio di Altamura inizia il 10 maggio 1799, con l’impiego di ingenti truppe; la città, sottoposta a intenso cannoneggiamento, deve soccombere. Non vengono risparmiati donne, vecchi e bambini; conventi di suore profanati e la città data alle fiamme e saccheggiata dalle truppe sanfediste. Le stesse stragi si ripetono ad Andria e a Trani e Gravina viene saccheggiata e data in premio ai mercenari.
Tra le vittime delle repressioni del 1799, si ricordano i patrioti di Ascoli Satriano: Cesare D’Alessandro, i fratelli Francesco, Luigi e Potito Di Autilia, i quattro fratelli Berlingeri, Agostino Papa e Paolo Selvitella; Domenico Di Biase di Canosa; Nicola Piani di Torremaggiore; Orazio Massa di Lecce; Ferdinando Acciano, Nicola Carbone, Savino Colia, Giorgio Lazzarera e Nicola Rosselli di Minervino Murge; Sabino Spada di Spinazzola; Antonio e Giovanni Santelli, Raimondo Galiano e Paolo De Ambrosis Merrè di San Severo; Ettore Caraffa, Antonio Cucco e Giovacchino Montaroli di Andria.
Nei decenni successivi, non solo giovani intellettuali, ma anche artigiani e operai prenderanno coscienza delle nuove idee di libertà.
Il Cilento, definito dalla polizia borbonica “la terra dei tristi” e “culla del ribellismo meridionale”, diventa il fulcro della rivoluzione risorgimentale nel Meridione.
Nel 1828, infatti, i fratelli Patrizio, Domenico e Donato Capozzoli, noti agitatori politici di quella regione, si sacrificano per la causa risorgimentale, dando inizio a quel contributo storico che il Mezzogiorno saprà fornire all’unificazione nazionale; le loro teste mozze vengono esposte nella piazza principale di Valle del Cilento, dove rimarranno fino al 1860, con l’arrivo dei Garibaldini.
La terra pugliese produrrà non solo idee di libertà, ma anche uomini liberi disposti a lottare. L’eco delle fucilazioni, prima dell’11 luglio 1844, quando a Cosenza vengono condannati a morte sei tra i responsabili dei moti del 15 marzo e poi del 25 luglio, nel Vallone di Rovito, dove vengono fucilati i fratelli Bandiera e altri sette patrioti, spinge molti cittadini pugliesi a prendere parte alle lotte per l’indipendenza nel biennio 1848-49.
A Bari e in tutta la Puglia, la sera del 31 gennaio 1848, giunge la notizia che due giorni prima il re Ferdinando II aveva dato il suo assenso alla istituzione del Parlamento, costretto dalle insurrezioni popolari.
E’ un tripudio generale che affratella tutti i ceti. Nella provincia di Bari si fanno notare tre patrioti definiti nei rapporti di polizia “demoni del paese”, “nemici irreconciliabili del re” e “fomentatori d’ogni tumulto”: Francesco Cirielli, Francesco Raffaele Curzio di Turi (uno dei Mille) e Giulio Cesare Luciani.
Curzio e Luciani saranno i promotori della questione agraria per il diritto del contadino a possedere la terra che lavora, contro lo sfruttamento dei proprietari. Purtroppo, gli schieramenti politici, nella lotta contro la tirannide borbonica, sono condizionati agli interessi economici che spesso prevalgono sul sentimento patriottico.
La borghesia pugliese e meridionale è costretta a combattere su due fronti: il Governo borbonico e le classi operaie che, stanche delle promesse non mantenute, non riescono a contenere il desiderio di libertà che potrebbe costituire una valida premessa per il miglioramento economico e sociale.
La “Dieta di Bari” del 2 luglio 1848, alla quale partecipano i delegati di tutti i Comuni, non ha lo sperato successo, evidenziando anzi profonde divergenze. Immediata é la reazione del Re di Napoli, che invia in Puglia le sue truppe, in pieno assetto di guerra, al comando del Gen. Marcantonio Colonna, che raggiunge il 22 luglio Cerignola, dal 27 al 28 le truppe borboniche sono a Trani e a Molfetta e il 12 agosto entrano minacciose in Bari.
L’intervento militare determina la riapertura della Dieta con successivi rinvii al 30 novembre e poi al 1° febbraio 1849, ma ancora una volta senza alcuna conclusione positiva.
Nel marzo del 1849, dalla corte di Napoli giunge l’ordine di sciogliere la Camera con la revoca delle garanzie costituzionali. La restaurazione del dispotismo ha immediatamente corso con l’impiego della forza e del terrore. Vengono aboliti i simboli libertari, ponendo al bando la bandiera tricolore, revocando i privilegi, perseguitando gli studenti e licenziando gli impiegati colpevoli di aver aderito alle nuove idee.
Il re Ferdinando II, inasprito anche dall’insuccesso della sua spedizione contro i difensori della Repubblica Romana e dalle due sconfitte subite a Valmontone e Palestrina il 9 maggio 1849 e a Velletri il 19 maggio 1849 ad opera dell’Esercito repubblicano, guidato dal Gen. Garibaldi, pone in atto una dura repressione nei confronti dei patrioti pugliesi, che si sono battuti con coraggio per il loro ideale di libertà nel ’48 e ’49.
Cadono vittime della repressione: Nunzio Piemonte di Lucera; Spiridione Perisano di Foggia; Savino Acquaviva di Canosa e Giovan Battista Olivo di San Severo.
Infatti, tra il 1850 e il 1852, numerosi liberali pugliesi vengono processati e imprigionati o costretti a fuggire all’estero e in altri Stati italiani per poter continuare la lotta contro la tirannia borbonica. Questi anni sono proficui di germogli di libertà alimentati dagli scritti e dalle idee mazziniane.
Tra i repubblicani, troviamo il salentino Giuseppe Libertini, Giuseppe Fanelli di Martina Franca (TA) e Nicola Mignogna di Taranto (gli ultimi due partiranno con i Mille il 6 maggio 1860).
Tra i patrioti pugliesi, meritano di essere ricordati: Bonaventura Mazzarella, poi condannato a morte, Saverio Barbarisi di Foggia, giustiziato nel 1851, Giacomo Lacaita, Sigismondo Castromediano di Cavallino nel Salento, Cesare Braico di Brindisi (poi tra i Mille), Domenico dell’Antoglietta di Lecce, Nicola Schiavone di Manduria, Giuseppe del Drago di Polignano a Mare, Gioacchino e Salvatore Stampacchia, Beniamino e Giovanni Rossi, Vincenzo e Alfonso Vischi, i musicisti Lillo e De Giosa, Giuseppe Del Re, Giuseppe de Cesare, Luigi Zuppetta di Castelnuovo Dauno, condannato a morte, Giuseppe Pisanelli collaboratore di Pasquale Stanislao Mancini, il pittore Saverio Altamura di Foggia, il medico Vincenzo Lanza, l’anziano Luca de Samuele Cagnazzi.
Molti tra questi sono stati educati nei Collegi degli Scolopi e nei Seminari pugliesi di Molfetta, Altamura, Conversano, Monopoli, Taranto, Lecce, Brindisi e Lucera.
Nel decennio successivo, si costituirà in Terra di Puglia il Partito Nazionale o Partito d’Azione i cui membri sono patrioti che si dedicano, con grave rischio personale, alla riorganizzazione della lotta contro l’oppressore borbonico, riuscendo a riallacciare i collegamenti con gli esuli e con i due principali artefici del Risorgimento: Giuseppe Garibaldi e Giuseppe Mazzini.
Il tentativo di Carlo Pisacane e dei suoi trecento, conclusosi tragicamente a Sapri (SA) il 29 giugno 1857, e le esaltanti notizie delle annessioni degli Stati del centro-nord al Regno Sardo, impressionano fortemente le masse contadine che iniziano a rivelarsi, guidate dalla già collaudata borghesia con azioni di guerriglia contro le truppe borboniche.
Anche questi sentori di reazione contribuiscono a sollecitare alcuni mazziniani e Francesco Crispi a esortare Garibaldi per un’azione armata e unificatrice, a iniziare dallo Stato borbonico e partendo dalla Sicilia.
Chi tenta di dimostrare che fu un errore l’unità con il Piemonte e con gli altri Stati italiani, affermando che la “Questione meridionale” fu la più grande piaga della storia moderna, ha dimenticato gli anni di negazione della dignità umana che si identificano con i periodi di regno di Ferdinando I e II e per finire con quello di Francesco II di Borbone.
Garibaldi conosce perfettamente il sentimento di libertà dei pugliesi e ne viene costantemente aggiornato da suo fratello Felice, nato nel 1815, che dal 1835 al 1852 ha soggiornato a Bari dove ha svolto una intensa attività commerciale come rappresentante ufficiale della “Casa Avigdor Airè & fils”, occupandosi del mercato dell’olio d’oliva in ambito europeo; amico dei commercianti baresi Diana, grossisti delle derrate agricole di Puglia e di famiglie titolari di industrie di saponi e oli.
Più alto di Giuseppe e sempre molto elegante, Felice divide con il fratello la fama di “cacciatore di donne”, non considerata un demerito, come riferisce Giuseppe Guerzoni. Nel 1852, deve abbandonare Bari perché accusato dal Marchese Luigi Ajossa, Intendente di Bari da ottobre 1849 a maggio1855, di diffondere idee dannose per l’ordine pubblico. Muore nel 1855, lasciando a Giuseppe in eredità lire 35.250, somma che il Generale impiegherà per acquistare una prima parte dell’Isola di Caprera.
Mazzini non ha mai abbandonato il suo intimo convincimento che nel Sud vi sono i presupposti per una vera rivoluzione che avrebbe portato alla realizzazione del suo sogno repubblicano.
Il Partito d’Azione in Puglia e nel Sud crea numerosi proseliti in condizioni proibitive a causa del rigoroso controllo poliziesco. Lo storico Giancaspro, nel suo libro sull’insurrezione in Basilicata e nel barese nel 1860, pubblicato a Trani, riferirà che:…erano proibite le riunioni, le corrispondenze religiose e private; nei giorni festivi era vietato agli artigiani di aprire le botteghe e organizzare riunioni; i sospetti venivano continuamente spiati…le misure restrittive di polizia giungevano ad adottare ridicoli e assurdi provvedimenti: in pubblico venivano rasi baffi e barbe in quanto accessori sintomatici di ribellismo…
Dopo un estenuante viaggio in Puglia, nella sua reggia di Caserta, si spegne a soli cinquant’anni il Re di Napoli: è il 22 maggio 1859. Il Sud, che ha assistito fremendo alle vicende della guerra del 1859, ha un nuovo re, Francesco II, figlio di Ferdinando, un giovane imbelle e bigotto che per il suo pallore viene soprannominato “lasagnone”.
Il nuovo re di Napoli ha conosciuto a Bari la sua giovane regina, Maria Sofia di Baviera, sorella della più famosa Elisabetta, imperatrice d’Austria e di Ungheria. La sua chiusura totale ai problemi sociali e l’assoluta indifferenza agli avvenimenti esterni esortano gli animi dei patrioti a intensificare la lotta, estendendo l’azione informativa dei problemi unitari nelle scuole, nei collegi, tra gli artigiani e gli operai e ad ogni livello sociale.
Questo intenso fervore patriottico dà i suoi frutti: tra i 1089 volontari, che partono da Quarto ( Genova) nella notte tra il 5 e il 6 maggio 1860, vi sono otto pugliesi:
Cesare Braico, nato a Brindisi il 24 ottobre 1816. Laureato in medicina all’Università di Napoli, viene incarcerato nella stessa città per aver partecipato ai moti del 1848; ottiene fortunosamente la libertà dopo dieci anni. Partecipa alla 2^ Guerra d’Indipendenza, alla Spedizione dei Mille e nel 1866 alla 3^ Guerra d’Indipendenza. Deputato al Parlamento, viene ricoverato in un ospedale psichiatrico a Roma, dove muore il 27 luglio 1887.
Vincenzo Carbonelli, nato a Taranto il 20 aprile 1820. Medico, Deputato al Parlamento, combatte a Roma nel 1849 in difesa della Repubblica Romana; nel ’60 è con i Mille. Nel 1866 combatte a Bezzecca e nel 1867 a Mentana. Muore a Roma il 16 ottobre 1901.
Giuseppe Fanelli, nato a Martina Franca (TA) il 13 ottobre 1827. Partecipa ai moti di Napoli del 1848; alla 1^ Guerra d’Indipendenza e alla difesa di Roma nel ’49. Nel 1857, collabora con Carlo Pisacane all’organizzazione della sfortunata Spedizione di Sapri. Nel ’60 è con i Mille e nel 1865 viene eletto nel Collegio di Monopoli (BA); nel 1871 è Deputato nel Collegio di Torchiara nei pressi di Salerno. Tra il 1869 e il 1875, favorisce nel Meridione e, successivamente a livello europeo, la nascita della nuova organizzazione socialista. Ricoverato in una clinica a Capodichino (NA), muore il 5 gennaio 1877.
Guglielmo Gallo, nato a Molfetta (BA) il 22 aprile 1826, non figura nell’elenco ufficiale dei Mille, ma la sua partecipazione alla Spedizione è storicamente accertata. Nel 1848, si unisce al gruppo di volontari che intendono marciare su Napoli contro i Borboni. Partecipa alla difesa di Roma nel 1849. Nel 1860 è tra i Mille e a Talamone viene aggregato alla Compagnia dei 64 Volontari che, al comando del Col. Callimaco Zambianchi, vengono incaricati di tentare una diversione nello Stato Pontificio; si riunirà all’Esercito Meridionale, aggregandosi alla Spedizione Cosenz. Guglielmo Gallo muore a Molfetta il 7 febbraio 1896.
Moisé Maldacea, nato a Foggia il 16 aprile 1826, partecipa alla difesa di Venezia nel 1848. Nel ’59 è Sottotenente nei Cacciatori delle Alpi e nel ’60 è tra i Mille. Viene integrato nel Regio Esercito con il grado di Maggiore e successivamente promosso Tenente Colonnello. Dal 1878, risiede a Bari, dove per vivere gestisce un banco del lotto. Nominato 1° Presidente della Croce Rossa in Puglia e Basilicata e Presidente della Società Reduci delle Patrie Battaglie, muore nella stessa città, il 21 marzo del 1898.
Nicola Mignogna, nato a Taranto il 28 dicembre 1808, si trasferisce a Napoli dove si iscrive alla facoltà di legge. Nel 1835, aderisce alla Giovine Italia. Nel ’48, viene incarcerato e torturato. Nel ’60 è tra i Mille nella 7^ Compagnia comandata da Benedetto Cairoli. Muore a Giuliano di Campania il 31 gennaio 1870 e viene sepolto a Napoli.
Filippo Minutilli, nato a Grumo Appula (BA) il 12 maggio 1813. A Napoli frequenta la Scuola Militare della Nunziatella. Con Vincenzo Orsini partecipa in Sicilia alla rivolta del ’48 e viene nominato Direttore del Corpo del Genio, con il grado di Maggiore. Tra i Mille, viene incaricato da Garibaldi di organizzare il Corpo del Genio. Transitato nel Regio Esercito, con il grado di Colonnello comanda il 54° Reggimento di Fanteria. Muore a Genova il 22 ottobre 1863.
Nicola Melodia di Altamura, patriota, combattente e testimone oculare, assicura che sul Volturno erano presenti centinaia di pugliesi.
Cadono in combattimento, tra il 1860 e il 1861: Domenico Lippi di Biccari; Vito Melsi di Bovino; Luigi Turilli di Spinazzola; Alvares Valentini di Foggia e Nicola Melchionna di Candela.
Tra maggio e ottobre 1860, la Puglia e tutto il Meridione assistono, subendole, a due invasioni: l’avanzata dell’Esercito Volontario Meridionale, proveniente dalla Sicilia verso il Nord e la discesa dell’Esercito Sardo-Piemontese, eventi straordinari che si verificano in un contesto di grandi agitazioni sociali, comprendenti anche le assegnazioni delle terre demaniali.
Il rapido svolgersi della Campagna del 1860 e le conseguenti procedure di annessione dei territori meridionali costringono l’Armata Sarda a penetrare nel Sud senza alcuna preparazione preventiva, ritardando il controllo completo del territorio; infatti, per tutto il 1861, alcune zone sono ancora prive di presidi dell’Esercito regolare, peraltro in piena fase di ristrutturazione.
A rendere la situazione ancora più precaria, concorre, senza alcun dubbio, il gran numero di uomini senza occupazione fissa, situazione che si verifica con lo scioglimento dell’Esercito Meridionale, circa 20.000 uomini, e dell’Esercito Borbonico, circa 70.000. Tale circostanza negativa, che lascia senza mezzi di sostentamento quasi 100.000 uomini tra Borbonici e Garibaldini, è causa dell’insorgere di una potente e pericolosa opposizione al nuovo Stato unitario, alimentata e incoraggiata dal clero, in linea di massima ostile al nuovo Governo di cui paventa le leggi considerate eversive.
Fa eccezione una certa categoria del clero, quella secolare, che vive in famiglia e che manifesta la propria avversione, a livello ideologico, come il ricusare l’esecuzione del “Te Deum” nelle feste e ricorrenze nazionali e, a livello pratico, con il manutengolismo e il favoreggiamento delle renitenze e diserzioni.
Quando il Governo stabilisce la coscrizione obbligatoria, la popolazione meridionale reagisce fieramente. I renitenti raggiungono l’enorme numero di 6.000 uomini, ai quali si dà una caccia spietata, trattando famiglie e villaggi con crudeltà inaudita, tanto da suscitare l’indignazione del Gen. Garibaldi che, nel 1864, si dimette dal Parlamento.
Nel 1862, il Meridione è, suo malgrado, palcoscenico di un tragico scenario, che vede protagoniste le truppe regolari del Regio Esercito Italiano, appena costituito, e i Volontari guidati dal Gen. Giuseppe Garibaldi: uno scontro fratricida che rappresenterà l’episodio più doloroso della storia del Risorgimento Italiano.
“Roma o morte”, un grido disperato che fa eco a quanti, stanchi dell’inazione del Governo Italiano, seguono Garibaldi nell’improbabile tentativo di ripercorrere vittoriosamente l’itinerario di due anni prima, che ha come fine l’invasione dello Stato Pontificio, liberare Roma e farne la Capitale d’Italia.
Sull’Aspromonte, il 29 agosto 1862, avviene la scontro tra le due formazioni; di breve durata, ma sufficiente per causare il ferimento dello stesso Garibaldi e del figlio Menotti, la morte di 7 Garibaldini e di 5 Regolari e il ferimento di 14 Soldati e di 20 Garibaldini, come viene riportato nel Rapporto del 2 settembre 1862, a firma del Gen. Enrico Cialdini, Comandante delle truppe in Sicilia, pubblicato su “Italia Militare”, nel n.17, Anno I, Torino 9 settembre 1862.
Tra i 7 Volontari caduti, di cui due ignoti, ritengo doveroso ricordare i nomi dei due cittadini di Ascoli Satriano: Ciriaco Luca Raduazzo e Potito Selvitano; Alessandro Monticco di S. Vito al Tagliamento; il romagnolo Nicola Ricci e Ignazio Urso di Palermo.
Nei confronti dei Garibaldini si scatena una vera caccia all’uomo e molti vengono fucilati, con processi sommari, anche per diserzione, per aver seguito il Generale Garibaldi; tra questi meritano di essere ricordati: Francesco Cibello di Troia; Francesco Tocco e Giuseppe Bova di Biccari; Nicola Cipparone di Casalnuovo Monterotaro; Pasquale Chiccoli di Spinazzola; Raffaele De Santis e Michele Zurro di Lucera; Michele Frisoli di Bovino (gli ultimi tre fucilati nei primi del 1863).
Nel 1866, a centinaia accorrono dalla Terra di Puglia per partecipare alla 3^ Guerra di Indipendenza. Tra i caduti in quella Campagna, si contano i seguenti volontari pugliesi: Antonio Passantonio e Gabriele Tanzano di S. Marco in Lamis; salvatore Mastropaolo, Ciro Dambra e Ruggero Pilannino di Barletta; Michele Di Mauro e Luigi Bonghi di Lucera; Vito Amoruso e Vito Massari di Bari; Raffaele D’Alessandro, Michele Pinto e Luigi Carpano di Manfredonia; Alessandro Francesco Paolo Paladino di Candela; Luigi Leone, Battista Cattaldo, Giuseppe Conte e Domenico Gigante di Taranto; Antonio Cappelli di Brindisi e Alessandro Castelnuovo di Serracapriola.
L’aver scelto, con Decreto del 6 maggio 1866 del Governo La Marmora, insieme a Como, Varese e Bergamo, Bari e Barletta come sedi di arruolamento dei Volontari per la formazione di sei Reggimenti, costituisce, da parte del Gen. Garibaldi, un giusto riconoscimento alla Terra di Puglia e ai suoi valorosi figli.
I pugliesi, in segno di sincera gratitudine lo eleggono Deputato nel Collegio elettorale di Andria (BA) e, inoltre, la città di Lucera, in provincia di Capitanata, storica denominazione del territorio di Foggia, assegna al Generale una rendita vitalizia di lire trecento.
In alcune città pugliesi, vengono costituiti associazioni e comitati a sostegno del movimento unitario; ne cito alcuni. A Bari si costituiscono: la Società Reduci delle Patrie Battaglie; l’Associazione dell’Italia Una, con sede centrale a Napoli, e l’Associazione Filantropica delle Signore Baresi; ad Alberobello (BA): l’Associazione dei Comitati di Provvedimento e l’Associazione Emancipatrice Italiana, con sede centrale a Genova.
Con questo mio intervento, ho voluto rendere omaggio e dare il giusto risalto al contributo offerto dalla mia Terra di Puglia per la realizzazione dell’Unificazione nazionale e alla partecipazione attiva, ai sacrifici, alle sofferenze e all’eroismo silenzioso dei tanti patrioti pugliesi, nostri conterranei, spesso dimenticati e quasi sempre esclusi dalle commemorazioni ufficiali, ma sicuramente degni di occupare un meritato e dignitoso posto nel gran libro della Storia d’Italia.
Relazione del Col. Nicola Serra, cultore di storia militare, in occasione del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia.
Paul Ginsbor : Salviamo l’Italia
Il 150° anniversario della nazione non dovrebbe essere solo l’occasione per sventolare bandiere tricolori o indulgere nella retorica: richiede invece un ripensamento profondo sulla storia d’Italia e sul contributo del Paese al futuro del mondo moderno…
Giulio Einaudi Editore
Caffi-Calosso-Chiaromonte-Gobetti-Gramsci-Rosselli-Salvemini-Venturi:
L’unità d’Italia – Pro e contro il Risorgimento
Discutere le origini della nostra nazione è oggi di moda, ma lo si fa in modo strumentale, ipocrita, retorico. Dopo le riflessioni storiche di Gobetti, Gramsci e Salvemini, si aprì nel 1935 su “Giustizia e Libertà”, la rivista parigina degli esuli antifascisti, un dibattito avviato con provocatoria irriverenza da Andrea Caffi, in cui intervennero con altrettanta spregiudicatezza alcune delle menti più lucide e laiche del nostro secolo
Edizioni e/o
Giuseppe Mazzini : Pensieri sulla democrazia in Europa
Dall’Agosto 1846 al giugno 1847 Giuseppe Mazzini, esule a Londra, pubblica sul “People’s Journal” otto articoli sulla democrazia. Con questi interventi, di cui in Italia è nota solo la rielaborazione in italiano del 1852, Mazzini si inserisce a pieno titolo nel dibattito europeo sulla democrazia, iscrivendo di fatto il proprio nome tra i suoi protagonisti più illustri: Torqueville, Blanc, Cabet, Mill……..
Universale economica Feltrinelli
Giuseppe Mazzini : Dei doveri dell’uomo – Fede e avvenire
E’ considerata l’opera fondamentale di Giuseppe Mazzini, padre del Risorgimento italiano. Dedicata agli operai italiani, elemento centrale e vitale nella riforma politica ideata da Mazzini, l’opera afferma l’illusorietà delle troppo facili dottrine basate “esclusivamente<2 sui diritti e ribadisce la necessità di indirizzarsi sulla via dei “doveri”, l’unica dalla quale possono scaturire i diritti.
Mursia Editore
Goffredo Mameli : Fratelli d’Italia
La vicenda specifica di Mameli illustra con efficacia la condizione di “esilio in patria” di cui hanno sofferto a lungo i democratici della storia italiana. Infatti essa allude alla difficoltà con cui il termine rrepubblicano” è entrato nella cultura degli Italiani. Una parola”repubblica” e un sentimento che non hanno mai goduto di una cittadinanza particolarmente benevola e che proprio nel 1848 acquistano un connotato preciso. Negli scritti di Mameli c’è tutto il ’48 italiano: l’anelito della patria; la convinzione che la storia si produca solo attraverso un riscatto popolare…
Universale economica feltrinelli
Giuseppe Garibaldi : Memorie
Queste memorie autobiografiche, scritte a più riprese tra il 1849 e gli anni dell’esilio a Caprera, e che narrano la vita e le imprese dagli anni della giovinezza all’intervento in Francia (1871), mostrano un Garibaldi diverso e forse più grande di quello che ci consegna la leggenda. Si scopre che Garibaldi odiava profondamente la guerra e il militarismo: per lui non si trattò mai di combattere per combattere, ma di combattere per cause giuste, e dunque innanzitutto di compiere scelte politiche, che lo videro costantemente dalla parte delle forze concretamente progressiste.
Edizioni Bur
Giuseppe Bandi : I Mille
Questo libro è il racconto delle avventure dei mille ragazzi che si imbarcarono a Quarto con Garibaldi e andarono a liberare la Sicilia e l’Italia meridionale. Dimentichiamoci tutto quello che del Risorgimento è scritto sui liri di storia, e consideriamolo proprio un libro di avventure, le avventure raccontate da chi ebbe la fortuna e il coraggio di viverle davvero, poco più che ragazzo.
Eretica speciale – stampa alternativa
Claudio Fracassi : La meravigliosa storia della Repubblica dei briganti
Con uno stile narrativo incalzante, fresco e avvincente, l’Autore squarcia il velo polveroso che troppo spesso ricopre il nostro Risorgimento e riporta in vita i personaggi e le vicende dell Repubblica Romana, “uno dei grandi spettacoli della storia”, destinato a concludersi con la sconfitta, che sarebbe durata un secolo, dell’ipotesi di un’Italia repubblicana e democratica
Mursia Editore
Claudio Fracassi : La ribelle e il Papa Re
La straordinaria e drammatica avventura personale e politica della ribelle Giuditta Tavani Arcuati, al centro dell’organizzazione clandestina dell’insurrezione, è ricostruita con il ritmo di un romanzo, in base a una rigorosa e originale documentazione archivistica.
Mursia Editore
Claudio Fracassi : Il romanzo dei Mille
Con gli occhi stupefatti dei volontari venuti dal nord, e attraverso i loro racconti, il libro ripercorre quelle ore e quei giorni: il finto sequestro delle navi a Genova, la tumultuosa traversata, la fredda accoglienza iniziale e il crescente entusiasmo di una popolazione sconosciuta, la fame e le pene degli accampamenti, le paure e il sangue delle lotte corpo a corpo, le barricate di Palermo. Sullo sfondo gli intrighi della diplomazia , lo sgretolamento del regime dei Borboni, il febbrile interesse dell’opinione pubblica europea. Un’originale ricostruzione dell’impresa che fece l’Italia unita, documentata come un resoconto di viaggio, appassionante e avvincente.
Mursia Editore
Barbara Minniti : Casa Collins
Le memorie di Emma Collins, la “segretaria inglese” di Garibaldi che visse sull’isola della Maddalena, proprio di fronte ai possedimenti dell’eroe. Da suo osservatorio privilegiato Emma racconta, con humor e in uno stile semplice e scorrevole che appassiona, le vicende del Risorgimento tra il 1855 e il 1868, attraverso le storie di una miriade di personaggi che passano da Caprera…
Edizioni polistampa
Denis Mack Smith : Garibaldi – Una vita a più immagini
Raccolta di testimonianze e giudizi dei contemporanei di Garibaldi che restituisce più di qualsiasi analisi lo spirito del tempo e le difficoltà verso l’Unità e l’indipendenza inocntrarono gli uomini che fecero l’Italia. Arricchisce il volume un importante apparato iconografico che copre le varie epoche e i principali eventi della vita di Garibaldi
Passigli Editori
Alfredo Venturi : Sotto la camicia rossa
Un saggio divulgativo che ci racconta Giuseppe Garibaldi com’era prima che una colata di retorica lo trasformasse in una statua di bronzo. E subito una prima grandissima sorpresa: fare scendere l’Eroe dei Due Mondi dal piedistallo non lo diminuisce affatto, esalta invece quell’irresistibile umanità che l’enfasi patriottica si è sempre preoccupata di nascondere e mortificare.
Edizioni. Hobby & Work
Luisa Mattia e Paolo D’Altan: I jeans di Garibaldi
un racconto per bambini delle elementari, con diverse illustrazioni, una storiella che si svolge dentro l’impresa dei mille
Editrice Carthusia
Patrizia Laurano : Garibaldi fu sfruttato
Giuseppe Garibaldi è l’italiano più conosciuto, è l’eroe per eccellenza. Il poncho, l’amore per Anita, i Mille hanno reso la sua vita una leggenda senza tempo. Una leggenda su cui hanno tentato di mettere la propria bandiera sia le camicie nere del regime fascista, che i fazzoletti rossi della battaglia resistenziale. Il libro ricostruisce la nascita del mito garibaldino, la sua diffusione e la tentata appropriazione da forze politiche avverse, nella speranza di ritrovare, in Garibaldi, la capacità di parlare al popolo e di muovere le masse in occasione delle decisive elezioni del 1948.
Saggi Pop
Daniela Longo e Rachele Lo Piano : Lorenzo e la Costituzione
“Perché non può esserci unità senza una base comune: la nostra Carta Costituzionale. Per questo renderla accessibile fin da piccoli – percrescere come cittadini responsabili e consapevoli dei propri diritti e doveri – è uno dei modi migliori per festeggiare il nostro Paese”. Un libro dai 7 anni in su
Sinnos Editrice
Ermanno Rea : La fabbrica dell’obbedienza – Il lato oscuro e complice degli Italiani
Spunti interessanti di ricerca sul male che affligge da secoli gli Italiani, che li rende poco inclini alla responsabilità undividuale e collettiva. Non potrà mai realizzarsi l’unità d’Italia se prima non analizziamo criticamente le radici della nostra formazione; non potremo mai considerarci destinatari delle idee del Risorgimento se prima non ci liberiamo dei fardelli culturali che ci hanno oppresso e ci opprimono da secoli.
Feltrinelli
Gigi Di Fiore : Controstoria dell’unita’ d’Italia
Una rassegna degli intrighi, degli abusi e degli inganni che accompagnarono il processo di unificazione; i vizi di origine di un risorgimento che non fu solo lotta contro il dominio straniero, ma ebbe anche caratteri di guerra civile. Un libro che si occupa principalmente delle “conquiste” territoriali piemontesi, del brigantaggio e degli eserciti sconfitti, trascurando intenzionalmente quella parte di popolo italiano che cambiò la storia della penisola, con il sacrificio, la sofferenza e la vita. Di questa ristretta “elite” di uomini e donne si parla come di avventurieri e di mercenari, mentre dei veri mercenari, al soldo di Pio IX, si dice siano stati mossi ad arruolarsi nell’esercito papalino per “fede”, animati dallo siprito di una vera e propria crociata… . Un libro ricco di utili informazioni, sebbene animato da una eccessiva vena demolitoria delle pagine più alte del nostro Risorgimento.
Bur saggi
Paolo Brogi : La lunga notte dei Mille
Le avventurose vite dei Garibaldini dopo la spedizione del ’60. “Se ne andarono in ogni direzione, a costruir colonie e ad attaccarle, a chiedere la guerra ma anche la pace, chi verso un ministero e chi scegliendo l’Aventino, alcuni di destra, altri di sinistra, in un’Italia che stav a loro stretta e che spesso abbandonarono per altre frontiere”
Liberi editore
Mario Isnenghi : Garibaldi fu ferito
“La condanna a morte di Garibaldi nel 1834, non austriaca ma piemontese, e quella sorta di fucilazione procrastinata che fu la ferita nello scontro sull’Aspromonte solo un anno dopo l’Unità: due elementi che restituiscono veridicità e nerbo alla favola delle origini. L’uomo e il simbolo stanno stretti nell’immagine rassicurante del rivoluzionario disciplinato, cucitagli addosso dai trasformisti neo-monarchici, ex mazziniani e garibaldini che costituiscono buona parte della classe dirigente dell’Italialiberale.Persino i monumenti che riempiono le piazze coltivano immaginari alternativi, contraddicendo le forme usuali della rispettabilità borghese. Ecco perché il mito di Garibaldi può risorgere ogni volta in forme diverse: nell’ottocento proto-socialista e nel novecento interventista della Grande Guerra; nella presa di Fiume e nella guerra di Spagna; nella resistenza dei partigiani garibaldini vicini al partito comunista e nei simboli elettorali del Fronte popolare….”
Donzelli editore
Marco Severini – La Repubblica Romana del 1849
Un affresco rigoroso delle vicende che portarono la Repubblica Romana del 1849 ad imporsi, nello scenario internazione, come uno degli eventi più importanti del Risorgimento Italiano. E’ sempre più evidente, agli studiosi come agli appassionati, di quanta e quale importanza assunsero e assumono anche oggi l’idealità, la politica e le vicende umane ed eroiche di quella Repubblica democratica di 162 anni fa.
Marsilio Editori
Maurizio Viroli – La libertà dei servi
Gli italiani hanno dimostrato nei secoli una spiccata capacità di inventare sistemi politici e sociali senza precedenti. Anche la trasformazione di una repubblica in una grande corte è un esperimento mai tentato e mai riuscito prima. Rispetto alle corti dei secoli passati, quella che ha messo radici in Italia coinvolge non più poche centinaia, ma milioni di persone e le conseguenze sono le medesime: servilismo, adulazione, identificazione con il signore, preoccupazione ossessiva per le apparenze, arroganza, buffoni e cortigiane. Poiché il sistema di corte ha plasmato il costume diffondendo quasi ovunque la mentalità servile, il rimedio dovrà essere di necessità coerente alla natura del male, vale a dire riscoprire, o imparare, il mestiere di cittadini. Per quanto sia ardua, è la sola via. Il primo passo è capire il valore e la bellezza dei doveri civili.
Laterza – collana anticorpi
Mimmo Franzinelli – Ultime lettere dei condannati a morte e di deportati della Resistenza 1943 – 1945
Una fonte autentica per sapere che cosa muoveva gli animi dei protagonisti della Resistenza è costituita dai loro messaggi indirizzati ai famigliari nell’imminenza della fucilazione o durante il penoso trasferimento verso i campi di sterminio del Reich.
LOsca storia Mondadori – Marzo 2006
Mario Pacifici – Una cosa da niente e altri racconti
Le leggi razziali del ’38 – La discriminazione antisemita in dodici racconti – il dramma di una minoranza tradita dal regime ed estromessa dalla propria Patria…Dopo la sconfitta del fascismo la facile autoassoluzione di chi non aveva avuto la forza d’indignarsi.
Opposto Edizioni – Roma 2012
Domenico Gallo - Da sudditi a cittadini – Il percorso della democrazia
Excursus chiaro e sintetico delle conseguenze storiche e sociali di due Costituzioni : quella di Carlo Alberto di Savoia che divenne la carta fondamentale del Regno d’Italia e del Fascismo, e quella Repubblicana del 1948 che oggi si tenta di modificare..
Edizioni Gruppoabele - Torino 2013
Claudio Fracassi - La battaglia di Roma - Il percorso della democrazia
Nella Roma “Città aterta” occupata dai tedeschi dopo l’8 settembre 1943 spadroneggiano le SS di Kappler e i soldati della Wehrmacht; ma nella città giudicata cinica e indolente è una nuova leva di giovani e giovanissimi, ragazzi e ragazze, ad animare la ribellione e “rendere la vita impossibile all’occupante”….
Mursia Editore - Milano 2013
Angela Maria Alberton - Finché Venezia salva non sia -
Un approfondimento del Risorgimento in Veneto tra il 1848 e il 1866: dall’indagine sul volontariato garibaldino e sulle motivazioni che hanno spinto molti giovani veneti ad arruolarsi con la camicia rossa, alle cause dell’emigrazione dal Veneto al Piemonte e al Regno d’Italia tra il 1859 e il 1866. Un libro nel quale anche le classi popolari rivendicano il ruolo di protagoniste.
Cierre Edizioni - Verona 2012
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Inno degli studenti del 1848 – La Festa
Autori: parole di Mattia Massa (studente) – musica di Gaudenzio Caire (studente)
Quanta schiera di gagliardi
quanto riso nei sembianti
quanta gioia negli sguardi
vedi in tutti scintillar .
Lieti evviva lieti canti
lieti evviva lieti canti
odi intorno risuonare
odi intorno risuonar;
ma se in mezzo a tanta festa
sopra l’itala pianura
come un tuono di tempesta
giù discende lo stranier ,
ci rinfranchi la sventura
ci rinfranchi la sventura
ci raccolga un sol pensiero
ci raccolga un sol pensier .
D’impugnar moschetto e spada
primi a offrire il nostro petto
di salvar questa contrada
giuriam tutti nel Signor .
Chi non giura è maledetto
Chi non giura è maledetto
Chi non giura è traditore
Chi non giura è traditor .
Infiammata negli sguardi
nello sdegno ancor più bella
la gran schiera dei gagliardi
alla pugna volerà.
La vittoria è nostra ancella
La vittoria è nostra ancella
nostro sogno è libertà
nostro sogno è libertà.
Gli alunni della Scuola Gaetano Grilli di Roma
verso il 150° dell’Unità d’Italia
Per merito ed iniziativa delle insegnanti della V^ classe, costrette ad operere in un contesto scolastico privato del racconto del nostro Risorgimento, gli alunni della “Grilli” hanno risposto con entusiasmo al richiamo degli ideali repubblicani, rendendosi protagonisti del filmato che qui riproduciamo
12 dicembre 2010 | ||
10:00 |
Domenica 12 Dicembre 2010 appuntamento a Roma , arco dei Quattro Venti al Gianicolo, alle ore 10.00 per celebrare il 150° dell’Unità d’Italia ; manifestazione organizzata dal comitato di quartiere Monteverde.
Ingrandisci Mappa
Una giornata magistrale, in cui storia, Risorgimento, tradizioni popolari e musica si sono fuse in una festa del comune sentire i cui più importanti destinatari sono stati i bambini. E’ un metodo, quello adottato dal Comitato di quartiere Monteverde-Quattro Venti, che deve farci riflettere sulle strategie da adottare per trasmettere la storia del Risorgimento alle nuove generazioni
Il Risorgimento visto da noi…
Cronaca della Repubblica Romana del ‘49
Alcuni meritevoli Insegnanti della Scuola Secondaria di I° grado “Giuseppe Sinopoli” di Roma hanno organizzato nel 2009 una visita al Gianicolo con gli alunni delle classi III/A/F/H.
Ragazzi e Professori, accompagnati da alcuni soci garibaldini, hanno potuto ripercorrere gli eventi legati alla Repubblica Romana del 1849, nei luoghi stessi ove avvennero le furiose battaglie in difesa del nuovo stato repubblicano.
I ragazzi della Sinopoli, seguiti dai loro Insegnanti, hanno redatto le pagine seguenti con ottima capacità di sintesi; ne è scaturito così un eccellente lavoro, utile ed importante per conservare la memoria storica del nostro Risorgimento, ma soprattutto perché ha creato nei giovani interesse e passione per uno degli eventi che, più di altri, ha contribuito a costruire la coscienza civile e democratica del nostro paese.
Gli articoli scritti dagli alunni della scuola media Statale “Giuseppe Sinopoli” di Roma