Articoli marcati con tag ‘Stanislao Lamenza’

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Socio dal 2012 dei “Garibaldini per l’Italia”, Alcide si era presentato all’iscrizione con l’immancabile volume “Un repubblicano tra i Mille di Garibaldi”, da lui scritto in onore del garibaldino Stanislao Lamenza, di cui era discendente, e pubblicato nel 2010 dall’Editore Gangemi; libro che donava con dedica autografa a tutti coloro che fossero interessati al Risorgimento e alle imprese dei volontari guidati da Garibaldi.

             Nato a San Donato di Ninea (Cs) nel 1933, docente di materie giuridiche ed economiche, giudice onorario tributario in Roma e al tribunale dell’Aquila, Lamenza faceva parte del Collegio dei Probiviri dell’Associazione e aveva partecipato a quasi tutte le nostre iniziative, in camicia rossa e non, con lo spirito di un ventenne; lui, che aveva 83 anni e viaggiava in lungo e in largo per l’Italia: ora presente a convegni di studio, celebrazioni e concerti, ora impegnato a sciare sulle piste del trentino, o fare ricerche sulla vita del padre, ufficiale medico della Grande Guerra.

            Era un uomo forte Alcide, intelligente e colto, interessato a tutto ciò che potesse stimolare ed arricchire la sua incontenibile sete di sapere, ma anche persona gentile, rispettosa delle idee altrui e, soprattutto, generosa e disponibile a collaborare, ad aiutare chi ne avesse bisogno, con la gratuità propria della fratellanza garibaldina.

             Alcide Lamenza ci manca e ci mancherà; come ci mancano e ci mancheranno tutte quelle persone che hanno contribuito, nel tempo, ad arricchire la nostra esistenza di buoni esempi, ed aiutato a migliorare, in definitiva, la condizione umana. Ci mancherà la sua presenza e il suo sostegno alle Cerimonie in memoria della Repubblica Romana, di Villa Glori, dell’Aspromonte, di Monte Suello e di tutti i luoghi visitati e che progettavamo di visitare insieme per testimoniare la nostra riconoscenza a quei martiri che sacrificarono la vita perché noi potessimo vivere liberi in una terra libera. E libero è stato Alcide, nel pensiero e nell’azione.

 

Ciao, caro amico, un saluto fraterno da tutti noi  

PRESENTAZIONE DEL LIBRO “UN REPUBBLICANO TRA I MILLE” di Alcide Lamenza -  24 Maggio 2012 – ore 17,00 – Via Giulia, 142 Roma

Da “Storia dei Mille” di Giuseppe Cesare Abba

“A colpo d’occhio, si poteva dire che per un quarto quei Mille erano uomini fra i trenta e i quarant’anni e per un altro bel numero tra i quaranta e i cinquanta; forse dugento stavano tra i venticinque e i trenta. Gli altri, i più, erano tra i diciotto e i venticinque. Di adolescenti ce n’erano una ventina, quasi tutti bergamaschi. Alcuni qua e là tra quei gruppi parevano trovarvisi per curiosità, perché’ vecchi oltre i sessanta; e invece vi stavano a spendere le ultime forze di una vita tutta vissuta nell’amore della patria. Il vecchissimo passava i sessantanove, aveva guerreggiato sotto Napoleone e si chiamava Tommaso Parodi da Genova; il giovanissimo aveva undici anni, si chiamava Giuseppe Marchetti da Chioggia, fortunato fanciullo cui toccava nella vita un mattino così bello! Seguiva il medico Marchetti padre suo, che se l’era tirato dietro in quell’avventura.
In generale, certo più della metà erano gente colta; anzi si può dire che soldati più colti non mossero mai a nessun’altra impresa. Alcuni di essi, i vecchi, avevano combattuto nelle rivoluzioni del ’20 del ’21 del ’31; molti nelle guerre del ’48 e del ’49 e nelle insurrezioni di poi. Nella guerra
del 1859 avevano militato quasi tutti, volontari nei reggimenti piemontesi o tra i Cacciatori delle Alpi sotto Garibaldi.

I giovani dai venti ai venticinque anni quasi tutti sentivano in sé’ vivi e presenti i fratelli Bandiera con la loro storia, intesa nella prima adolescenza, tra le pareti domestiche, dai padri e dalle madri angosciate. Quell’Emilio di 25 anni, quell’Attilio di 23, disertati a Corfù di sulle navi austriache; la loro madre corsa invano colà, per supplicarli di smettere il loro disegno d’andar a morire; le loro risposte a Mazzini che li consigliava di serbarsi a tempi migliori; e poi l’imbarco, il tragitto nell’Ionio e lo sbarco sulla spiaggia di Crotone, presso la foce del Neto, – che nomi! – e il primo scontro a San Benedetto coi gendarmi borbonici, e le plebi sollevate a suon di campane a stormo contro di loro gridati Turchi; e il secondo scontro a San Giovani in Fiore, – poesia, poesia di nomi! – e l’inutile eroismo contro il numero, e la cattura e la Corte marziale e le risposte ai giudici vili e la condanna e la fucilazione nel Vallo di Rovito; tutto sapevano, tutto come canti di epopea studiati per puro amore. E suonava nei loro cuori la strofa amara ed eroica del canto di Mameli:

L’inno dei forti ai forti,
Quando sarem risorti
Sol li potrem nomar.